Francia. Politica estera e di sicurezza: ritornare alla realtà e alla difesa dei nostri interessi

di Éric Dénecé * –

La grave sconfitta della maggioranza governativa nelle elezioni europee del 9 giugno, il discioglimento dell’Assemblea Nazionale e le imminenti elezioni legislative che potrebbero portare a un cambiamento di maggioranza, offrono l’opportunità di mettere in discussione la politica estera e di difesa seguita negli ultimi sette anni, e più ampiamente dal 2004, per tornare a un approccio che risponda veramente agli interessi del nostro Paese.

Una strada senza fondamento e senza uscita.
Contrariamente ai discorsi di disinformazione che si moltiplicano da oltre due anni, e persino dal 2014, la Russia, le cui richieste di una nuova architettura di sicurezza in Europa sono state costantemente respinte dagli occidentali e alla quale hanno costantemente mentito (espansione della NATO, accordi di Minsk, installazione di missili balistici in Polonia e Romania, ecc.), non minaccia la sicurezza dell’Europa e tantomeno quella della Francia.
Ricordiamo, per tutti coloro che sono per malafede o cecità in un completo diniego della realtà, che la Russia conta poco meno di 150 milioni di abitanti rispetto a un’Unione Europea che ne totalizza il triplo e ai paesi membri della NATO che ne riuniscono sei volte di più; che il suo budget per la difesa è dieci volte inferiore a quello degli Stati Uniti, due volte inferiore a quelli di Francia, Regno Unito e Germania combinati, e quattordici volte più debole di quello della NATO; che gli effettivi delle sue forze armate – che devono assicurare la difesa di un immenso territorio dalle rive del Baltico a quelle del Pacifico, ammontano oggi a circa 1,2 milioni di uomini mentre gli Stati membri dell’UE ne riuniscono 1,8 milioni e la NATO 3,3 milioni; infine ricordiamo che le forze russe, che non hanno mai avuto l’intenzione di invadere l’Ucraina, ma quella di costringere il regime di Kiev a rimanere fuori dalla NATO, sono avanzate da due anni e mezzo di al massimo 200 chilometri oltre i loro confini e la Crimea. Siamo quindi lontani da un rischio di invasione come proclamano i dirigenti occidentali, riprendendo i messaggi provenienti da Washington. Tanto più che Vladimir Putin ha ripetuto più volte che il suo paese non aveva alcuna intenzione, né ovviamente i mezzi, di invadere i suoi vicini, dichiarazioni di cui l’Occidente non tiene conto, considerando per principio che ogni dichiarazione del Cremlino sia una menzogna.
La Russia minaccia in realtà solo la strategia egemonica degli Stati Uniti concepita dai neoconservatori alla fine della Guerra fredda, il cui obiettivo è l’indebolimento o addirittura lo smembramento della Federazione al fine di appropriarsi delle sue risorse umane e naturali in vista di un possibile conflitto maggiore contro la Cina.
Mosca contrasta anche i piani degli ultranazionalisti ucraini di cui tutti sappiamo (le prove non mancano, sebbene questa realtà sia deliberatamente nascosta dai governi occidentali) che sono gli eredi diretti del movimento banderista alleato al regime nazista, i cui membri hanno commesso atrocità innegabili contro ebrei e polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale, e contro le popolazioni del Donbass dal 2014. Va notato che questi ultranazionalisti hanno costantemente ricevuto il sostegno degli americani per tutta la Guerra Fredda, poi dopo il colpo di stato di Maidan, il che li ha resi attori principali della vita politica ucraina. L’innesto di questa ideologia estremista, xenofoba e antisemita, e il peso dei suoi membri nell’orientamento politico del paese danno un’idea della considerazione da accordare al regime ucraino.

Siamo ben consapevoli di chi sosteniamo?
La presentazione delle realtà ucraine è stata totalmente distorta in occidente a fini di propaganda. Infatti questo paese non corrisponde in nulla ai valori che pretendiamo di difendere:
– è un regime nato da un colpo di stato (2014) contro un presidente democraticamente eletto e dominato da militanti neonazisti che impongono le loro vedute;
– è un paese dove regna una corruzione endemica, in primo luogo quella dei suoi dirigenti e delle sue élite che si sono tutte considerevolmente arricchite mentre la popolazione sprofondava nella povertà;
– è uno Stato che ha conosciuto una emigrazione massiccia, 9 milioni di partenze tra il 1991 e il 2021, fenomeno assolutamente inedito per un paese in pace, che traduce la sua situazione economica disastrosa e l’incapacità dei suoi dirigenti;
– in Ucraina regnano organizzazioni criminali particolarmente attive e nocive, che pesano molto negativamente sul funzionamento del paese, a un livello ineguagliato in Europa;
– a partire dal 2014, Kiev, in violazione di tutti i principi democratici e della carta delle Nazioni Unite, ha vietato l’uso della loro lingua alle popolazioni russofone e ha rifiutato qualsiasi negoziato con esse, preferendo ricorrere alla forza per farle rientrare nell’ordine;
– l’Ucraina insiste nell’affermare che la Crimea le appartiene nonostante le realtà storiche e la scelta degli abitanti della penisola;
– Kiev sostiene dal 2014 la dittatura dell’Azerbaigian e le sue operazioni di espulsione e pulizia etnica degli armeni del Nagorno-Karabakh e ha fornito armi per la guerra del 2020;
– infine dal 2014 i dirigenti ucraini hanno contribuito, in misura maggiore o minore, alla guerra attuale, facendo tutto il possibile per far sì che la NATO e la CIA si insediassero ai confini della Russia, arrivando a prevedere di cedere la base navale di Sebastopoli agli Stati Uniti dopo la riconquista della Crimea.

Nonostante queste caratteristiche che fanno dell’Ucraina uno Stato poco rispettabile, l’Occidente sostiene massicciamente il suo presidente, cercando di farne un eroe e un simbolo della lotta per la libertà. È quindi importante ricordare alcuni fatti comprovati:
– Volodymir Zelensky è solo un “costruito”. Questo intrattenitore pubblico è stato eletto presidente nel 2019 a seguito di una astuta operazione di influenza dell’opinione condotta attraverso una serie televisiva finanziata da un noto oligarca (Igor Kolomoisky) in contatto con ambienti criminali – motivo per cui è perseguito dalla giustizia americana – e sponsor della milizia neonazista Azov. È stato provato che Zelensky ha realizzato per lui importanti operazioni di riciclaggio attraverso le sue società;
– dopo essere stato eletto su un programma che promuoveva la riconciliazione nazionale e il riconoscimento delle specificità linguistiche e culturali delle oblast russofone, una volta al potere, ha immediatamente abbandonato questo obiettivo sotto la pressione degli ultranazionalisti che volevano confrontarsi con le popolazioni del Donbass e dare libero corso alla loro russophobia, con il tacito accordo degli occidentali che si sono ben guardati dall’assicurare la corretta applicazione degli accordi di Minsk;
– all’inizio del 2021, Zelensky ha proceduto all’arresto di diversi leader dell’opposizione e alla chiusura di sette canali televisivi senza che gli occidentali denunciassero queste misure contrarie alle libertà democratiche;
– dal 19 maggio 2024, non è più il presidente legale dell’Ucraina poiché il suo mandato è terminato. Ma rimane al potere ed è ancora considerato tale dagli occidentali, nonostante il fatto che non abbia previsto di organizzare nuove elezioni…

Zelensky è quindi solo un burattino manipolato dai suoi mentori americani o dagli estremisti del suo stesso paese – le cui direttive a volte divergono -, rifiutando ogni negoziato con la Russia nonostante i fallimenti del suo esercito sostenuto dalla NATO e mandando senza scrupoli la propria popolazione alla morte invece di cercare un modo per porre fine a questa guerra.
Quest’uomo che vive nell’opulenza continua a recitare la commedia di un presidente combattente, presentandosi da due anni ai suoi omologhi stranieri, ai media e a tutte le riunioni internazionali in abito militare, che è dopo tutto la cosa che fa meglio poiché è il suo mestiere! Inoltre, Zelensky non ha mai esitato a ricorrere, nei suoi discorsi davanti ai parlamenti stranieri, ad argomenti scandalosi e confronti fallaci per ottenere il loro sostegno. Così lo abbiamo visto dichiarare davanti alla Knesset che «ciò che stava accadendo in Ucraina era equivalente all’Olocausto», davanti al parlamento francese che «la Francia e l’Europa erano le prossime obiettivi dell’espansionismo russo» e durante l’80º anniversario dello sbarco, commemorazione in cui non c’era alcuna ragione storica né legittima di invitarlo, che il 6 giugno 1944 era l’equivalente della lotta attuale «che gli ucraini stavano conducendo contro la Russia e a cui partecipavano gli occidentali».
Concretamente l’Ucraina, a causa dell’incapacità dei suoi dirigenti successivi dall’indipendenza e di una parte estremista della sua popolazione, è sia uno Stato canaglia che uno Stato fallito. Così l’occidente è in piena contraddizione con i suoi valori sostenendola, il che sembra non essere percepito dalle nostre «élite» politiche, militari o mediatiche, che seguono un’agenda loro imposta da altri.

Non siamo consapevoli di fare la politica americana?
Recentemente, durante un intervento mediatico in occasione della commemorazione dello sbarco del 1944 e della visita del presidente americano in Francia, e prima della sua disfatta elettorale alle europee, Emmanuel Macron ha rilasciato dichiarazioni rivelatrici. Da una parte ha affermato che coloro che volevano mettere fine al conflitto in Ucraina e chiedevano di negoziare con la Russia erano dei «capitolardi». Dall’altra, ha affermato, in presenza di Joe Biden, che le relazioni tra gli Stati Uniti e la Francia non erano mai state così buone e che «Washington era un partner affidabile che rispettava l’Europa».
Come può un presidente francese affermare tali falsità? Infatti sono gli Stati Uniti che hanno provocato questa guerra spingendo l’Ucraina ad aderire alla NATO e a riconquistare il Donbass nonostante le ripetute avvertenze di Mosca. Sono gli Stati Uniti i responsabili del sabotaggio del gasdotto Nord Stream. Hanno così direttamente gettato l’Europa in recessione, vietandole di approvvigionarsi di gas russo, creando inflazione e crisi economica, obbligandola ad acquistare il GNL prodotto oltreoceano a prezzi elevati, e ad aumentare rapidamente i suoi budget di difesa e le sue acquisizioni di armamenti… principalmente a beneficio dell’industria americana.
Ricordiamo anche che da molti anni il nostro principale concorrente economico è Washington, che ricorre sistematicamente all’imposizione extraterritoriale della sua legge. Così, negli ultimi due decenni gli Stati Uniti hanno inflitto alle aziende francesi più di 15 miliardi di dollari di multe per il mancato rispetto degli embarghi decisi da Washington e della lotta alla corruzione secondo i suoi criteri. Questi 15 miliardi di perdite per la nostra economia sono andati direttamente nelle casse dello Stato americano, mentre allo stesso tempo aziende americane acquistano imprese francesi strategiche indebolite. Inoltre, non dimentichiamo il targeting di cui è stato oggetto il nostro paese dopo che si è legittimamente opposto all’invasione illegale dell’Iraq da parte di Washington nel 2003, operazione giustificata da menzogne spudorate e avvenuta in violazione delle risoluzioni dell’ONU. Infine, non dimentichiamo neanche il modo in cui Naval Group è stato escluso nel 2021 dal contratto dei sottomarini in Australia da un’azione anglo-americana.
Quindi, se le relazioni tra Parigi e Washington non sono mai state così buone, è semplicemente perché Emmanuel Macron fa in modo che gli Stati Uniti comandino, ponendoci in una posizione di ausiliare che il nostro paese non ha mai conosciuto prima e che è chiaramente percepita come tale dalla Russia e dal resto del mondo. Il generale De Gaulle si starà rivoltando nella tomba. Così, quando il locatario dell’Eliseo si permette di trattare da «capitolardi» coloro che si oppongono a questa insensata politica americana che potrebbe portare a un’escalation nucleare, saremmo tentati di qualificarlo in risposta come «collaboratore» tanto appare come l’esecutore zelante della politica di Washington, a discapito degli interessi della Francia.

E’ possibile e necessario un altro cammino.
La politica seguita dal 2022 rischia di portarci alla confrontazione con la Russia a causa della nostra posizione di cobelligeranza sempre più marcata. È più che ora di uscire da questa logica sconsiderata e tornare a una realpolitik lucida e alla difesa dei nostri interessi nazionali, e non di quelli degli Stati Uniti o dei paesi dell’Europa orientale.
Faremmo meglio, piuttosto che dare armi, munizioni, denaro e formazione agli ucraini di cui alcuni sono neonazisti, costringerli a negoziare e tornare alla realtà. Non dimentichiamo che il regime di Kiev ha violato il principio secondo cui nessuno Stato può garantire la propria sicurezza a scapito di quella del suo vicino.
Soprattutto, dobbiamo ridistribuire la nostra politica estera e i nostri mezzi sugli obiettivi e le sfide reali che ci riguardano, in un mondo in continua evoluzione, in cui emergono vere minacce, a cui dobbiamo prepararci a far fronte, sia sul piano interno che internazionale. Infatti, le nostre forze di sicurezza e i nostri eserciti sono oggi al livello più basso ed è essenziale restituire loro i mezzi per agire efficacemente al fine di garantire l’autorità dello Stato sul nostro territorio e la difesa dei nostri interessi nel mondo.

Sicurezza interna.
La prima priorità deve essere sul piano interno. Infatti, per quanto pericoloso sia il mondo, non possiamo svolgere alcun ruolo se non siamo prima padroni a casa nostra. Questo comporta:
– garantire efficacemente la sicurezza dei Giochi Olimpici, da soli, senza bisogno di richiedere l’intervento di militari stranieri!
– continuare la nostra politica antiterrorista, poiché la minaccia jihadista non è scomparsa, anzi;
– dotarsi di mezzi efficaci per combattere gli attivisti sempre più violenti che mettono sistematicamente in discussione le decisioni dello Stato che hanno ottenuto consenso nazionale, regionale o locale;
– ristabilire imperativamente l’ordine in Nuova Caledonia;
– garantire il controspionaggio nelle nostre regioni d’oltremare di fronte alle manovre sovversive straniere;
– ristabilire l’ordine e la sicurezza nelle nostre città e periferie di fronte all’aumento della delinquenza e del narcotraffico;
– rafforzare la sorveglianza terrestre e marittima delle nostre frontiere contro l’immigrazione clandestina e i traffici.

Sicurezza esterna e difesa.
La seconda priorità è quella delle nostre forze armate, ridotte, dalla fine della Guerra Fredda, ai minimi termini, delle nostre operazioni esterne e della nostra presenza in Africa.
In primo luogo dobbiamo tener conto delle condizioni strategiche che ci impongono la storia, la geografia e la tecnologia.
– La deterrenza nucleare, chiave della nostra sicurezza, ci ha posto in una situazione di «insularità militare», tanto più che nessuno dei nostri vicini diretti ci minaccia. Se è essenziale mantenere le nostre forze nucleari al miglior livello, la deterrenza ci dispensa dal disporre di forze aero-terrestri pluridimensionali, poiché il loro ruolo, in caso di minaccia diretta al nostro territorio, deve limitarsi a testare la volontà dell’avversario… prima di un avvertimento finale. Tuttavia, queste forze devono essere sufficientemente numerose e dotate degli equipaggiamenti adeguati alle loro missioni.
– La storia ha portato (esplorazione, conquiste…) a far sì che i francesi siano presenti su tutti gli oceani del globo, in isole e arcipelaghi che hanno chiaramente manifestato la volontà di rimanere nella Repubblica. Ci ha anche dotati di un vasto dominio marittimo di cui dobbiamo garantire l’integrità e la difesa. Tuttavia, ciò che è indiscutibilmente una fortuna per molti aspetti rappresenta una vera sfida militare comportando un’inevitabile dispersione delle forze e una duplicazione dei mezzi necessari – quindi delle spese militari significative – al fine di garantire una presenza e una difesa efficace delle nostre regioni d’oltremare nell’era delle crescenti tensioni nella zona indo-pacifica. Questa è un’equazione di cui dobbiamo tenere conto.
– La storia ci ha anche portato a svolgere un ruolo importante in Africa e a mantenere forze preposizionate, sia per garantire la sicurezza dei nostri alleati sia per la difesa dei nostri interessi propri (influenza politica, risorse energetiche, ecc.). Questa politica deve essere rivalutata, perché nonostante i legami stretti che manteniamo con gli stati africani, molti di essi sembrano non desiderare la continuazione della presenza permanente delle nostre unità sul continente, e tanto meno delle nostre operazioni. Questo deve portarci a concepire diversamente la preservazione dei nostri interessi, mentre molti altri attori internazionali si stanno insediando localmente (Stati Uniti, Cina, Russia) per sostituire la loro influenza alla nostra.
– Tuttavia, dobbiamo continuare a rispettare i nostri impegni verso i nostri partner africani che lo desiderano e lo chiedono, per aiutarli a combattere il terrorismo e i narcotraffici e assisterli nello sviluppo economico, soprattutto per arginare un’immigrazione che rischia di aumentare a causa dei cambiamenti climatici.

In secondo luogo, è importante reindirizzare la nostra difesa. Se la Francia non è minacciata dalla Russia, lo è ancora dal terrorismo e dall’espansionismo turco nel Mediterraneo e in Africa. È per questo che è necessario:
– continuare a rafforzare (a livello umano e materiale) i nostri servizi di intelligence e sicurezza, che sono la prima linea di difesa del nostro paese;
– aumentare il nostro budget per la difesa, gli effettivi e la modernizzazione delle nostre forze armate, tenendo conto degli insegnamenti della guerra in Ucraina;
– ridistribuire e rilocalizzare le nostre capacità di produzione di armamenti e munizioni;
– dotarci dei mezzi per neutralizzare e rispondere a qualsiasi minaccia balistica rimanendo sotto la soglia nucleare;
– rafforzare significativamente le nostre capacità cibernetiche e di guerra dell’informazione;
– potenziare la nostra marina per garantire la sicurezza nel Mediterraneo, in particolare di fronte all’aggressività turca, e essere in grado di garantire la difesa e l’accesso alle nostre regioni d’oltremare, in particolare nel Pacifico a causa delle crescenti tensioni legate alla rivalità sino-americana.

La nostra percezione delle questioni deve anche evolvere. Anziché intervenire all’estero, piuttosto che inviare truppe in Ucraina per partecipare a un conflitto provocato da Washington e Kiev, che non ci riguarda né ci minaccia, saremmo saggi a:
– fornire assistenza militare all’Armenia – nonostante la mediocrità e la politica erratica dei suoi attuali dirigenti -, direttamente minacciata dall’Azerbaigian, dittatura xenofoba che incoraggia inoltre i movimenti separatisti nelle nostre regioni d’oltremare;
– sostenere la Repubblica Democratica del Congo, primo paese francofono al mondo, polmone e crocevia dell’Africa centrale, in lotta da decenni contro il suo vicino, il Rwanda genocida di Kagame, che occupa parte del suo territorio, ruba le sue risorse e incoraggia la sovversione e i conflitti sul suo suolo con l’obiettivo di smembrarlo e appropriarsi delle sue risorse.

La Francia deve inoltre continuare a contribuire alla sicurezza internazionale partecipando alle missioni di mantenimento della pace e alla protezione della libera circolazione sugli oceani in tutto il mondo, mentre il diritto del mare è messo in discussione dalla Turchia nel Mediterraneo e da Pechino nel Mar Cinese Meridionale e nello Stretto di Taiwan.

Conclusioni.
Tre importanti insegnamenti devono essere tratti dagli eventi recenti e dalle evoluzioni dell’ordine internazionale:
– La guerra in Ucraina è una trappola americana in cui sono caduti gli europei. Non si tratta di dare ragione o difendere la Russia, né di negare le atrocità della guerra, ma di ristabilire una verità che non possiamo respingere con il pretesto che sono affermazioni di Putin. La più grande disinformazione occidentale, assestata quotidianamente all’opinione pubblica da oltre due anni, è di continuare a far credere che questa guerra sia iniziata nel 2022 con l’operazione militare speciale russa, mentre da 30 anni gli americani non hanno mai smesso di mentire a Mosca e di disattendere i loro impegni, al fine di attuare la loro strategia che mira solo a indebolire la Russia e vassallizzare l’Europa. Questo ha portato direttamente agli eventi del 2022, provocando un conflitto attraverso il quale Washington ha deliberatamente distrutto l’Ucraina e rafforzato il suo controllo sull’Europa, senza riuscire a indebolire la Russia. Ostinarsi a negare questi fatti dà un’idea della parzialità e della cecità degli europei e del machiavellismo dei neoconservatori americani;
– Oggi viviamo in un mondo multipolare in cui l’Occidente non potrà più imporre le sue volontà e i suoi valori – che ha creduto universali – come è stato dalla fine del XIX secolo, perché la sua potenza relativa continua a diminuire e ha perso ogni credibilità agli occhi del resto del mondo per le sue menzogne e la sua parzialità, tanto sull’Ucraina quanto su Gaza;
– Se noi, francesi, non torniamo a una chiara percezione dei nostri interessi e a una politica che li difenda, il nostro paese sarà portato a perdere definitivamente la sua sovranità e indipendenza, avviando così un declino irreversibile.
Questo impone una revisione fondamentale della nostra politica, delle nostre concezioni, del nostro modo di vedere il mondo e di agire a livello internazionale, cosa di cui i nostri attuali dirigenti sembrano purtroppo incapaci. Il cambiamento è quindi necessario. È essenziale porre fine al nostro allineamento con una politica americana insensata e irresponsabile, pronta a combattere fino all’ultimo ucraino per nascondere il fallimento evidente della strategia dei neoconservatori contro la Russia e assicurare un po’ più la vassalizzazione dell’Europa. Questa conduce inesorabilmente al caos e danneggia direttamente i nostri interessi nazionali. Ma nessuno sa se il governo che uscirà dalle urne a luglio sarà capace di un tale risveglio.

* Traduzione a cura di Giuseppe Gagliano. Articolo su gentile concessione dell’autore / Tratto da Cf2R.