di Giuseppe Gagliano –
Le tensioni tra Baku e Parigi continuano a pesare sulle relazioni bilaterali, con dichiarazioni pubbliche al vetriolo e accuse reciproche. Tuttavia, dietro le quinte si sta giocando una partita diplomatica di ben altro livello, in cui entrambe le parti cercano di ottenere vantaggi senza esporre troppo le proprie mosse. La Francia vuole il rilascio di un suo cittadino detenuto in Azerbaigian, mentre Baku chiede la consegna di un oppositore politico rifugiato in Francia e di un ex collaboratore dei servizi segreti azeri, che ha richiesto asilo alle autorità francesi.
Queste trattative avvengono in un contesto già teso da tempo. Parigi è da sempre un punto di riferimento per l’Armenia, avversaria storica dell’Azerbaigian, e ha spesso assunto posizioni critiche nei confronti della gestione azera del conflitto in Nagorno-Karabakh. Per Baku l’appoggio francese agli armeni non è solo una questione diplomatica, ma un’ingerenza negli equilibri del Caucaso meridionale. La politica estera di Macron, sempre più proiettata verso il sostegno di Paesi e gruppi che si oppongono a Mosca e ai suoi alleati, ha trasformato l’Azerbaigian in un avversario sempre più diffidente.
Baku non ha mancato di rispondere con le proprie mosse. La Francia ha accusato l’Azerbaigian di aver avuto un ruolo nel fomentare le recenti tensioni in Nuova Caledonia, un territorio francese d’oltremare in cui si sono verificate proteste e disordini. Secondo Parigi, dietro le agitazioni ci sarebbe una certa influenza azera, una teoria che Baku ha respinto con fermezza, ma che si inserisce in una dinamica più ampia: l’Azerbaigian, sempre più sicuro del proprio peso geopolitico grazie alle risorse energetiche e ai legami con potenze come la Turchia e la Russia, non accetta più di essere trattato come un attore secondario.
Il punto di frizione più immediato, tuttavia, riguarda la questione dello scambio di prigionieri. Per l’Azerbaigian, ottenere il rimpatrio dell’oppositore politico e dell’ex collaboratore dei servizi segreti è una priorità di sicurezza nazionale. Il primo rappresenta una minaccia politica, un elemento potenzialmente destabilizzante che, anche dall’estero, potrebbe coordinare gruppi di opposizione o alimentare critiche al governo di Ilham Aliyev. Il secondo, invece, è un caso ancora più delicato: un uomo che conosce i meccanismi interni dell’intelligence azera e che, in mano a una potenza come la Francia, potrebbe rivelare informazioni sensibili o essere utilizzato come leva nei rapporti con Baku.
Per il governo azero il caso non è solo una questione di sicurezza interna, ma un messaggio più ampio: dimostrare che nessun nemico del regime è al sicuro, nemmeno in Europa. Il regime di Aliyev ha sempre perseguito con determinazione gli oppositori all’estero, utilizzando tutti i canali diplomatici, economici e, in alcuni casi, anche operazioni più opache per farli rientrare nel Paese.
Dal lato francese invece la posta in gioco è duplice. Da un lato, Macron non può permettersi di cedere troppo facilmente alle richieste di Baku, perché ciò metterebbe in discussione la credibilità della Francia come garante dei diritti umani e protettrice degli esiliati politici. Dall’altro, però, lasciare un cittadino francese nelle carceri azere senza tentare ogni strada per ottenerne il rilascio sarebbe visto come un fallimento diplomatico.
Le trattative si svolgono dunque con estrema discrezione. Nessuna delle due parti vuole che la vicenda diventi un caso mediatico che complichi ulteriormente le relazioni bilaterali. La Francia ha tutto l’interesse a risolvere la questione in modo rapido, senza esacerbare lo scontro con un Paese con cui ha ancora legami economici ed energetici. L’Azerbaigian, a sua volta, sa di avere una finestra di opportunità per ottenere ciò che vuole, sfruttando il bisogno di Parigi di proteggere i propri cittadini all’estero.
Più in generale questa vicenda evidenzia ancora una volta come le relazioni internazionali non siano mai solo una questione di dichiarazioni ufficiali e incontri di vertice. La diplomazia si muove su più livelli, e i dossier segreti spesso contano più dei comunicati stampa. Baku e Parigi continueranno ad attaccarsi reciprocamente in pubblico, ma nelle stanze riservate dei ministeri degli Esteri si discute di scambi, concessioni e compromessi. Alla fine, in politica estera, la realtà è sempre più sfumata di quanto non appaia sui giornali.