Francia. Si va verso la formazione di un governo di unità nazionale

di Alessio Cuel

“Non ci hanno visto arrivare”, avrà sussurrato qualche esponente del Fronte Popolare, rispolverando le parole che la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein aveva pronunciato all’indomani della sua vittoria alle primarie nel febbraio dell’anno scorso.
Scherzi a parte, l’esito delle elezioni legislative francesi di ieri è sorprendente solo fino a un certo punto. Gli accordi di desistenza tra centristi e sinistra, infatti, hanno permesso di contenere, e non poco, l’avanzata del Rassemblement National, che si ferma a 143 seggi. Formare un governo di unità nazionale creando una conventio ad excludendum antifascista, in altre parole, sarà non solo possibile, ma anche l’esito più probabile.
Se Macron ha avuto successo nel fermare l’avanzata della destra, però, è fallita la “strategia di logoramento”. Il Rassemblement National ha infatti davanti a sé tre anni di opposizione in cui potrà non solo contrastare le politiche del nuovo governo, ma anche fare appello al presunto deficit democratico (in Italia lo chiameremmo “inciucio”) che lo ha visto tagliato fuori dai giochi.
I lepenisti potranno seguire, in altre parole, l’approccio seguito da Meloni nel 2022, e avere così agio nel proporsi come la novità, come la forza politica in grado di elaborare un approccio inedito di fronte ai presunti fallimenti del governo. Passata la delusione per la sconfitta, il partito di destra radicale punterà ora alla vittoria piena nel 2027.
Che dire poi, a proposito del nuovo esecutivo, rispetto alle forze politiche che si candidano a farne parte? Molto si è scritto sul partito di Bardella e Le Pen quale forza inaffidabile, antieuropeista, persino antisemita. Un approccio, quest’ultimo, che a dire il vero è condiviso con le frange più estremiste del partito di Mélenchon, tant’è che lo stesso Glucksmann, leader di Place Publique e di origini ebree, si è affrettato a distanziarsi dagli alleati una volta chiuso lo spoglio delle legislative.
“Il patto con Mélenchon è un patto contro il vero pericolo: il clan Le Pen al potere”, ha dichiarato Glucksmann qualche giorno prima del voto. Come a dire, un conto sono le elezioni e la necessità di comporre un cordone sanitario antifascista, un altro gli accordi di governo, ancora tutti da scrivere.
Insomma, Macron ha sventato sì il pericolo rappresentato da una possibile vittoria del Rassemblement National, ma le forze attorno a lui sono tutt’altro che coese: si va dal centro liberale alla sinistra radicale, passando per i socialisti. Ucraina, Palestina, politiche sociali e integrazione europea sono temi fortemente divisivi nel Fronte Popolare, figuriamoci all’interno di una potenziale coalizione con i centristi.
Ad attendere il presidente francese ci sarà, dunque, un periodo piuttosto travagliato, a partire dalla formazione del nuovo governo. D’altro canto, lo stesso nome del partito di Mélenchon, la France Insoumise (“la Francia indomita”), non lascia certo presagire tempi tranquilli per l’inquilino dell’Eliseo.