Francia. Una prima giudiziaria per l’intelligence estera francese: ex capo della DGSE a processo

di Giuseppe Gagliano –

In un evento senza precedenti per l’intelligence estera francese, Bernard Bajolet, ex capo dell’agenzia di spionaggio francese, la Direction Générale de la Sécurité Extérieure (DGSE), comparirà davanti a un tribunale penale nella città francese di Bobigny, vicino a Parigi, il 6 e 7 novembre. Bajolet è accusato di aver cercato di intimidire l’uomo d’affari e finanziere franco-svizzero Alain Duménil.
Questo caso segna un momento significativo, essendo la prima volta che un ex direttore del servizio di intelligence estera della Francia viene perseguito in un tribunale penale, mettendo in luce le sfide e le considerazioni etiche che derivano dalle operazioni segrete delle agenzie di intelligence. Bajolet, che ha guidato la DGSE dal 2013 fino alla metà del 2017, è accusato di aver orchestrato un’operazione in cui Duménil è stato trattenuto all’aeroporto di Paris-Charles de Gaulle nel marzo del 2016. Secondo i rapporti, gli agenti, presentandosi come rappresentanti dello “Stato”, hanno chiesto a Duménil la restituzione di 15 milioni di euro, un’azione interpretata come un tentativo di estorsione.
L’incidente che coinvolge Duménil fa parte di una narrazione più ampia relativa alla gestione da parte della DGSE di un “patrimonio privato” segreto, investimenti fatti nel corso dei decenni per garantire l’indipendenza dell’agenzia dal controllo governativo in caso di occupazione o crollo del governo. Questo patrimonio, che include fondi speciali non soggetti a regolare verifica, è stato al centro di controversie, specialmente quando si tratta di rapporti con individui come Duménil, che da oltre due decenni è una spina nel fianco della DGSE a causa di dispute commerciali e battaglie legali.
Il processo non riguarda solo Bajolet; è un esame delle pratiche di una delle istituzioni più segrete della Francia. Solleva quesiti su quanto le agenzie di intelligence possano operare al di là dei quadri legali convenzionali quando conducono operazioni ritenute necessarie per la sicurezza nazionale. Le accuse contro Bajolet includono complicità in un tentativo di estorsione e violazione arbitraria della libertà personale da parte di una persona in posizione di autorità pubblica, sfidando le norme su come dovrebbero essere condotte le operazioni di intelligence.
Questo procedimento legale potrebbe stabilire precedenti su come gli ex funzionari dell’intelligence vengano ritenuti responsabili per azioni intraprese sotto il pretesto della sicurezza nazionale. Mette anche sotto la lente d’ingrandimento l’equilibrio tra segretezza operativa e trasparenza, specialmente in operazioni che intersecano la vita civile o le transazioni commerciali. L’esito di questo processo potrebbe influenzare future politiche su vigilanza, responsabilità e i confini operativi delle agenzie di intelligence in Francia e potenzialmente stabilire un esempio per agenzie simili a livello globale.
Gli avvocati di Alain Duménil hanno espresso che questo processo, oltre a riguardare Bajolet, riguarda l’uso improprio delle missioni della DGSE per fini privati, accusando l’agenzia di tentare di fare di Duménil un capro espiatorio per i propri errori. Il caso ha attirato molta attenzione, non solo per le sue implicazioni legali ma per ciò che rivela sul funzionamento interno e i metodi talvolta discutibili delle operazioni di intelligence.
Mentre questo evento giudiziario senza precedenti si svolge, sarà osservato attentamente da chi è interessato all’intersezione tra legge, sicurezza e intelligence, potenzialmente ridefinendo il panorama di come le operazioni di intelligence vengono condotte e scrutinizzate in Francia.