di Giuseppe Gagliano –
È sparito senza troppe spiegazioni il rapporto di FEWS NET che denunciava una carestia imminente nel nord di Gaza, una delle peggiori crisi umanitarie del nostro tempo. Il documento, basato su valutazioni indipendenti, aveva stabilito che la popolazione stava affrontando condizioni di sicurezza alimentare tali da superare la soglia per la classificazione di “carestia” (fase IPC 5). Una denuncia forte, che avrebbe dovuto scuotere le coscienze.
Invece è arrivata la censura. Non dalla solita propaganda di regimi autoritari, ma dagli Stati Uniti, che si vantano di essere il baluardo della democrazia e della libertà di espressione. L’ambasciatore statunitense in Israele, Jacob Lew, ha liquidato il rapporto definendolo “irresponsabile”, accusandolo di basarsi su dati obsoleti e inaccurati. Detto, fatto: il documento è stato rimosso.
Ciò che colpisce in questa vicenda non è solo l’eliminazione di un rapporto che denunciava una crisi umanitaria evidente, ma il contesto in cui è avvenuta. FEWS NET, l’organizzazione responsabile della pubblicazione, è stata fondata proprio dall’USAID, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale. Un’istituzione statunitense che si piega quindi ai diktat della politica estera, a sua volta plasmata dalla volontà di non irritare Israele.
Questo episodio è l’ennesima dimostrazione di come, quando si tratta di Israele, gli Stati Uniti abbandonino ogni pretesa di imparzialità o di difesa dei diritti umani. Non importa che il blocco su Gaza, condannato da innumerevoli risoluzioni internazionali, stia soffocando 2,3 milioni di persone in un territorio già devastato, con i soccorsi che arrivano del tutto insufficienti. Non importa che il diritto internazionale, teoricamente pilastro della politica estera statunitense, venga calpestato ogni giorno.
Il rapporto di FEWS NET è stato bollato come impreciso, ma non ci sono prove che ne smentiscano i contenuti. Anzi, le condizioni sul terreno parlano chiaro: il blocco israeliano impedisce l’accesso a beni di prima necessità, tra cui carburante e aiuti umanitari. Le immagini di bambini denutriti e ospedali al collasso non sono certo “dati obsoleti”.
E allora perché rimuoverlo? Perché riconoscere l’esistenza di una carestia a Gaza significherebbe mettere in discussione l’intero sistema di alleanze americane in Medio Oriente. Significherebbe ammettere che Israele, definito “la sola democrazia della regione”, sta attuando una politica che produce fame, sofferenza e morte. Genocidio, che denunciato alla Corte di giustizia internazionale.
L’eliminazione di questo rapporto è un messaggio chiaro: alcune verità non si possono dire. Non quando toccano interessi geopolitici troppo grandi. Non quando rischiano di incrinare l’immagine di Israele come “vittima perenne” che giustifica ogni sua azione, dall’occupazione dei territori palestinesi al blocco totale di Gaza, alla guerra aperta su sette fronti.
Ma c’è di più. Questo silenzio non è solo complicità, è sudditanza. Gli Stati Uniti, pronti a difendere la libertà di parola e i diritti umani in ogni angolo del mondo, si trasformano in un docile alleato quando si tratta di Israele. Il caso di FEWS NET non è isolato: è il riflesso di una politica estera costruita sulla protezione incondizionata di uno Stato che si considera al di sopra di ogni critica.
Nel frattempo a Gaza, la situazione peggiora. La carestia non scompare con la rimozione di un rapporto. Le famiglie continueranno a lottare per sopravvivere, i bambini continueranno a soffrire, e il silenzio della comunità internazionale resterà assordante. Nelle ultime 48 ore tre bambini di poche settimane sono deceduti in tre diverse aree della Striscia per ipotermia.
Oggi in un attacco mirato le forze israeliane hanno ucciso cinque giornalisti della tv palestinese al-Quds Today: il missile lanciato da un aereo ha ucciso nell’esplosione altri 14 civili. Lo scopo di Israele era quello di eliminare chi riportava con immagini e reportage il genocidio in corso a Gaza. Ovviamente la narrazione israeliana, alla quale ormai credono in pochi sprovveduti, è che i cinque giornalisti erano in realtà cinque terroristi legati alla Jihad Islamica. Il furgone-redazione, con l’evidente scritta “Press”, era parcheggiato nei pressi dell’ospedale al-Awda, nel campo profughi Nuseirat. I reporter, operatori dell’informazione conosciuti, erano Fadi Hassouna, Ibrahim al-Sheikh Ali, Mohammed al-Ladah, Faisal Abu al-Qumsan e Ayman al-Jadi. Si calcola che sono oltre 200 i giornalisti e gli operatori dell’informazione uccisi a Gaza dagli israeliani dal 7 ottobre 2023.
La verità, quando scomoda, viene eliminata con un clic.