di Enrico Oliari –
Se c’è una cosa che non va bene a Benjamin Netanyahu e al suo governo di destra radicale religiosa è che l’accordo con Hamas funzioni. Specialmente ora che il suo alleato di ferro, il presidente Usa Donald Trump, gli ha promesso di spostare quasi due milioni e mezzo di palestinesi dalla loro terra per piantarli chissà dove, si è parlato del Puntland somalo. Argomenti di moda nella Berlino degli anni Trenta. L’obiettivo di Netanyahu e del suo solidale Bezalel Smotrich è rubare tutto ciò che si può rubare: sono già 750mila i coloni israeliani che hanno messo su casa nei Territori palestinesi, cioè nella terra degli altri, e l’idea di prendersi l’intera Striscia permetterebbe da un lato di eliminare la resistenza palestinese, cioè Hamas, e nel contempo allargare Israele e arrivare ai ricchi giacimenti di gas off-shore situati davanti a Gaza.
Così, tra le proteste di migliaia di israeliani scesi in piazza, Netanyahu ha per prima cosa bloccato gli aiuti esteri alla popolazione palestinese di Gaza, nel silenzio delle cancellerie occidentali e del ministro italiano Antonio Tajani, con buona pace del suo “Food for Gaza”.
Creato il casus belli, Netanyahu è passato alla disinformazione, ben sostenuta dalle testate occidentali, di buttare tutte le colpe su Hamas, ormai un mantra a cui non credono gli stessi israeliani che in queste ore protestano contro il governo, per cui il partito di Gaza ha annunciato la sospensione del rilascio di tre ostaggi prevista per sabato, dando cinque giorni di tempo al premier israeliano per riprendere il rispetto degli accordi.
Che a Netanyahu interessi appropriarsi del territorio degli altri e gli importi poco o nulla degli ostaggi, è un dato assodato. Tanto che Smotrich ha oggi proposto di impadronirsi del 5% del territorio della Striscia per ogni ostaggio non liberato, come pure che devono essere tagliate l’elettricità e l’acqua a Gaza e cancellati definitivamente gli aiuti umanitari. Ha infine insistito, ripreso da Al-Jazeera, che “Gaza tornerà a far parte dello Stato di Israele perché è il nostro Paese e questo è l’unico modo per garantire la sicurezza degli israeliani”.
A dargli man forte, dopo 47mila morti a Gaza di cui un terzo bambini, il leader dell’estrema destra israeliana Itamar Ben-Gvir, per il quale “bisogna tornare (a Gaza) e distruggere con un massiccio attacco su Gaza, dall’aria e da terra, insieme al blocco totale degli aiuti umanitari alla Striscia”.
Una “pulizia etnica” quindi, come ha osservato il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi in un colloquio con il segretario Onu Antonio Guterres. Mentre il leader del secondo paese Nato, il turco Recep Tayyp Erdogan, ha preso il telefono e ha chiamato Donald Trump per ribadirgli che se “gli Usa e Israele fanno finta di nulla, a Gaza Netanyahu ha distrutto l’80% degli edifici, comprese scuole, ospedali e moschee, 50 milioni di tonnellate di macerie, danni per 100 miliardi di dollari”.