Gaza. Il dramma di un genocidio che rischia di passare in secondo piano

di C. Alessandro Mauceri –

Oggi è il giorno 270. La guerra nella Striscia di Gaza continua. Nel totale silenzio mediatico, sono ormai 270 giorni, nove mesi, che le forze armate israeliane bombardano e attaccano la Striscia di Gaza. Anzi, i numeri che arrivano dalla Striscia di Gaza mostrano che la situazione continua a peggiorare. Secondo l’ultimo report dell’UNRWA (il 116mo) i civili palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza, dal 7 ottobre al 24 giugno sarebbero almeno 37.626. Altri 86.098 palestinesi sono stati feriti (dati Ministero della Salute di Gaza), ma si tratta di numeri sottostimati: sono ancora migliaia le persone sotto le macerie degli edifici bombardati.
Anche sul fronte interno si levano ormai quotidiane le critiche sul comportamento del governo israeliano. Non solo per non aver fatto abbastanza per liberare gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, ammesso che ancora qualcuno creda che sia questo il vero motivo di questa guerra nella guerra, bensì per aver liberato 55 prigionieri palestinesi tra i quali il direttore dell’ospedale Shifa Muhammad Abu Salica. Sotto accusa i leader del governo che si sono scrollati di dosso le responsabilità. Anche i leader dell’opposizione hanno criticato la decisione di rilasciare Abu Salmiya, il cui ospedale Shifa è accusato di aver aiutato i terroristi di Gaza. Secondo alcuni si tratta di una “negligenza della sicurezza” la cui colpa ricadrebbe sull’agenzia di sicurezza Shin Bet e sul Ministro della Difesa israeliano. Dal canto suo il ministro della Difesa Yoav Galant ha detto di non essere a conoscenza della decisione di rilasciare i 55 prigionieri palestinesi. Anche l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto di non sapere nulla della decisione e ha affermato che sarebbe stata presa dall’agenzia di sicurezza Shin Bet. Dichiarazioni sia quella del ministro Galant che quella del premier poco credibili dato che lo Shin Bet opera sotto l’egida del primo ministro.
Dal canto suo lo Shin Bet ha accusato il Ministero della Sicurezza Nazionale guidato da Ben Gvir di aver tirato per le lunghe nel rispondere ai ripetuti avvertimenti sul sovraccarico delle carceri israeliane dopo il gran numero di terroristi catturati nella guerra in corso. “Recentemente, è stata presa la decisione di cambiare lo scopo della struttura ‘Sde Teiman’, in modo che i detenuti siano trattenuti lì solo per brevi periodi”, ha dichiarato un portavoce dell’agenzia in un comunicato. “Di conseguenza lo Shin Bet e l’IDF sono stati tenuti, a seguito di discussioni tenutesi sotto il capo di stato maggiore, a lavorare per il rilascio di dozzine di detenuti per liberare i luoghi di detenzione”. A complicare la situazione la pubblicazione da parte del servizio penitenziario dell’ordine di rilascio firmato da un generale dell’IDF. Contrariamente a quanto dichiarato dallo Shin Bet, Abu Salmiya è stato rilasciato da una prigione che non era sovraffollata. E il servizio penitenziario israeliano ha affermato che, contrariamente alle false affermazioni, sono stati lo Shin Bet e l’IDF a decidere di rilasciare i prigionieri.
“Alla luce della necessità dello Stato come determinato dal Procuratore Generale, è stato deciso di rilasciare un certo numero di detenuti dalla Striscia, dai quali era meno evidente il pericolo, dopo aver esaminato il pericolo rappresentato da tutti i detenuti”, ha dichiarato un portavoce dello Shin Bet che, per dimostrare che il problema non è legato a scambi di prigionieri ma solo al sovraffollamento delle carceri, ha dichiarato che i detenuti continueranno a essere rilasciati a meno che non si trovi una soluzione a lungo termine.
Intanto sono ste emesse alcune dichiarazioni da personale della Commissione speciale delle Nazioni Unite che sta esaminando le violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi. Ad essere emersi alcuni particolari preoccupanti: le forze di difesa israeliane avrebbero abusato sessualmente, degradato e disumanizzato i palestinesi sotto custodia. Alcune persone avrebbero riferito che sono aumentate le molestie sessuali, gli abusi sessuali, le minacce di stupro e gli stupri contro uomini, donne e persino bambini. Sono state riscontrate anche intimidazioni con l’uso di cani da parte delle forze di sicurezza israeliane. Secondo alcune fonti, i membri dell’agenzia sarebbero rimasti inorriditi dal livello di impunità dei membri dell’IDF coinvolti in un comportamento “disumanizzante, crudele e umiliante verso i palestinesi, comprese le donne e i bambini”.
“Il personale di sicurezza [israeliano] condivide pubblicamente e spudoratamente fotografie su piattaforme di social media che violano la privacy e la sfera intima delle donne palestinesi, con l’obiettivo di prenderle in giro, imbarazzarle e umiliarle”, ha denunciato la commissione.
 In questo senso, è stato affermato che un tale panorama di abusi indica che “si sta attuando un piano sistematico di trattamento disumano come politica di Stato per privare i palestinesi della loro libertà”. Inoltre “il persistente rifiuto di Israele di mantenere un dialogo credibile con il Comitato delle Nazioni Unite illustra la sua mancanza di volontà di rendere conto delle azioni e delle politiche che attua nel territorio palestinese occupato”, osserva il rapporto, invitando il Israele a “porre fine al suo attacco al sistema internazionale basato su regole”.
A nove mesi dall’inizio di questa fase del conflitto, di tutto questo la maggior parte dei media occidentali hanno preferito non parlare. Resta da capire quanto tempo ancora dovrà passare prima che qualcuno decida di fare qualcosa di concreto per fermare questo massacro.