
di Giuseppe Gagliano –
Un’operazione delle forze speciali israeliane volta a liberare quattro ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre ha comportato un massiccio bombardamento nel campo profughi di Nuseirat, nel centro di Gaza. Questo attacco ha causato la morte di almeno 274 palestinesi e il ferimento di 698 persone, suscitando l’indignazione internazionale. Josep Borrell, il massimo diplomatico dell’UE, ha definito l’evento un “massacro” e ha chiesto un immediato cessate-il-fuoco. Martin Griffiths dell’ONU ha descritto scene terribili di corpi smembrati sul terreno, richiamando l’attenzione sulla gravità della situazione umanitaria.
L’operazione, pur avendo successo nel liberare Noa Argamani, Almog Meir Jan, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv, è stata descritta come una delle più complesse e rischiose mai eseguite dalle forze speciali israeliane. Durante il raid le truppe israeliane hanno affrontato un intenso fuoco nemico e hanno dovuto richiedere il supporto aereo per garantire la loro fuga.
Dal punto di vista geopolitico questa operazione ha diverse implicazioni. Per Israele la riuscita liberazione degli ostaggi rappresenta una vittoria significativa per il governo di Benjamin Netanyahu, che ha sempre sostenuto la necessità di una forte pressione militare per ottenere il rilascio degli israeliani catturati. Tuttavia l’alto numero di vittime civili a Gaza ha alimentato ulteriori odio e tensione, complicando la già critica situazione umanitaria nella regione.
Le reazioni internazionali sono state forti e immediate. L’Unione Europea e le Nazioni Unite hanno condannato l’operazione, chiedendo un cessate-il-fuoco immediato e una soluzione negoziata per la liberazione degli ostaggi. La comunità internazionale, già preoccupata per il prolungarsi del conflitto, potrebbe aumentare la pressione su Israele per interrompere le operazioni militari e avviare trattative di pace.
Negli Stati Uniti, pur sostenendo Israele nella missione di salvataggio, il presidente Joe Biden ha ribadito la necessità di trovare una soluzione pacifica e negoziata al conflitto. Ha espresso frustrazione per la resistenza del governo israeliano a cessare i combattimenti, suggerendo che Netanyahu potrebbe prolungare la guerra per proteggere i propri interessi politici.
Internamente l’operazione potrebbe temporaneamente rafforzare la posizione di Netanyahu, ma aumenta anche la pressione per trovare una soluzione duratura che eviti ulteriori perdite di vite umane. La sofferenza dei civili palestinesi alimenta la frustrazione e la determinazione delle fazioni militanti, rendendo ancora più complessi gli sforzi per raggiungere una tregua duratura.
L’operazione di salvataggio a Gaza mette in evidenza la complessità e il rischio delle operazioni militari in aree densamente popolate e l’urgente necessità di trovare una soluzione diplomatica al conflitto. La pressione internazionale su Israele potrebbe crescere, spingendo per un cessate-il-fuoco e un approccio negoziato per risolvere la crisi umanitaria a Gaza.