Gb. I minori non accompagnati all’epoca della Brexit

di C. Alessandro Mauceri –

Lungi dall’essere stata semplice e veloce, la Brexit si è rivelata uno stillicidio lento e doloroso. Soprattutto per le categorie più deboli come i minori stranieri non accompagnati.
Nei giorni scorsi con 348 voti a favore e 252 contro la Camera dei Comuni ha approvato un emendamento che abolisce la protezione per i bambini rifugiati e il ricongiungimento familiare per i minori stranieri non accompagnati che faceva parte delle promesse del governo britannico per la Brexit. Boris Johnson ha dichiarato al Parlamento britannico di aver definitivamente abbandonato la proposta di adottare qualsiasi legge che consentisse ai bambini rifugiati e bloccati in Europa di riunirsi ai familiari nel Regno Unito.
Alf Dubs, pari laburista che ha vissuto in prima person il peso di queste deportazioni (venne accolto in Gran Bretagna dopo essere fuggito dai nazisti sul Kindertransport) e che nel 2016 promosse con successo la legge sulla protezione dei bambini rifugiati, ha definito questa decisione “molto deprimente”. “È molto deludente che il primo vero atto del nuovo governo Boris Johnson sia quello di dare un calcio a questi bambini. È un tradimento della tradizione umanitaria britannica e lascerà i bambini molto vulnerabili che sono in pericolo nel nord della Francia”, ha dichiarato.
Il problema dei minori separati da genitori e parenti prima di attraversare la Manica non è nuovo. “Abbiamo bambini molto piccoli qui a Calais che temiamo vengano sfruttati dagli adulti. La legge sul ricongiungimento familiare offre la possibilità di convincere un giovane che dorme fuori ad entrare nel sistema ufficiale. È uno strumento davvero fondamentale per farli uscire dalla giungla. Senza il ricongiungimento familiare i bambini si metteranno in pericolo. Rischiano lesioni e decessi per arrivare nel Regno Unito” ha dichiarato Bastien Roland, che lavora in uno studio legale nel nord della Francia che aiuta i giovani richiedenti asilo. Secondo Roland il ricongiungimento familiare è il solo modo per convincere i bambini vulnerabili ad entrare nel sistema di asilo ufficiale.
Adolescenti come Tedros, fuggito dall’Eritrea nel 2014. Dopo aver attraversato Etiopia, Sudan, Libia, Italia e Francia è arrivato al confine con l’Inghilterra. Qui si è accampato con alcuni sconosciuti in riva al fiume, a Calais, in un posto che i migranti chiamavano la giungla dove bambini e adolescenti sono a rischio sfruttamento o peggio. “Non c’è protezione lì”, ha detto Tedros. Solo dopo molto tempo e lunghe sofferenze, ormai disperato, Tedros è riuscito a mettersi in contatto con la Croce Rossa britannica che lo ha aiutato a ricongiungersi al fratello nel Regno Unito. Successivamente, grazie all’aiuto di Safe Passage, un’organizzazione internazionale che fornisce aiuti ai minori non accompagnati, è riuscito a rivedere gli altri fratelli chiedendo l’applicazione di quanto prevede il regolamento Dublino III, istituito dall’Ue nel 2013 che garantisce, tra l’altro, ai minori rifugiati non accompagnati il ​​diritto al ricongiungimento con i familiari.
Ora tutto ciò non sarà più possibile. L’aspetto più sconvolgente è che questo cambio di rotta non avrebbe alcuna motivazione reale: secondo molti, è solo una rivalsa dopo che molti degli emendamenti alla proposta di legge sulla Brexit proposti dal governo sono stati bocciati. Per questo motivo, e considerando i cori di protesta che si son levati in tutto il Regno Unito, immediatamente dopo la votazione, l’inquilino di Downing Street si è premurato di rilasciare una dichiarazione nella quale conferma che l’impegno nei confronti dei bambini rifugiati non era stato abbandonato. “Proteggere i bambini vulnerabili rimarrà la nostra priorità dopo la Brexit” ha affermato l’ufficio stampa di Johnson.
Clare Moseley, direttrice di Care4Calais, ha affermato che la decisione presa dal governo britannico lascerà questi minori (alcuni dei quali ancora bambini) senza “nessuna opzione” con il rischio di prendere strade pericolose e finire nel giro d’affari della malavita organizzata, dei trafficanti o peggio. “Sono scioccata. Proprio ieri ero con un ragazzo afghano la cui madre è morta, suo padre è nel Regno Unito, non c’è altro posto in cui quel ragazzo dovrebbe essere. L’idea che non avrà affatto quel diritto di unirsi a suo padre è orribile”. “Abbiamo molti ragazzi afghani molto giovani qui. Alcuni hanno meno di 13 anni. Quasi tutti i giovani qui stanno cercando di raggiungere la famiglia nel Regno Unito”.
Anche il il vescovo di Durham, Paul Butler, ha criticato la decisione del parlamento britannico definendo l’emendamento “un segnale morale per il futuro del nostro paese”. “Questa non è solo una questione di fiducia, ma una questione di priorità. Dove sono le priorità del governo? ” ha dichiarato . “Vogliamo essere conosciuti come un paese accogliente e appassionato e impegnato a fare la nostra parte nel rispondere ai problemi profondi che sorgono dalla realtà dei rifugiati in tutto il mondo”.
Alcuni membri del parlamento temono questo emendamento possa “indebolire la flessibilità negoziale” della Brexit. Una “flessibilità” nei confronti dei migranti che, anno dopo anno, pare essere venuta meno: nel 2018, la Gran Bretagna ha trasferito 209 migranti fuori dal paese ai sensi del regolamento di Dublino, e ne ha accettato 1.215, una cifra irrilevante rispetto a quelli accettati dalla Germania (7.580) e soprattutto ben lontana da quanto prevedevano gli accordi sottoscritti con i paesi porte d’accesso per l’Europa (ovvero Spagna, Italia e Grecia).
Un irrigidimento dovuto alle politiche del partito conservatore britannico da sempre contrario verso i migranti e oggi più che mai impegnato a rivendicare la sovranità nazionale e ad usare la Brexit più come “momento di rinnovamento nazionale”. Anche a costo di violare i diritti umani internazionali prima fra tutte la Convenzione dei Diritti dell’Infanzia.