GERMANIA. Il contagio bussa a casa Merkel: fiasco a asta Bund

TMNews, 23 nov 11 –

La crisi sui debiti pubblici bussa alla porta dei tedeschi. Perché oggi è stata perfino l’intransigente prima economia dell’area euro a finire in affanno, in un’asta di titoli di Stato: invece di andare nuovamente a ruba i suoi solidissimi Bund, pietra di paragone per tutte le emissioni dell’Unione valutaria, sono rimasti in buona misura invenduti. Tanto da costringere la Bundesbank, che ha un atteggiamento inflessibile quando si tratta di frenare sugli acquisti di titoli di Stato di paesi periferici da parte della Bce, a piegarsi senza tanto ritegno per fare incetta a piene mani di Bund invenduti. Un tentativo di salvare le apparenze che non ha evitato che diversi analisti e osservatori definissero l’asta “un disastro”, gridando ad un contagio ormai conclamato della crisi sui debiti: dalla periferia è arrivata al nocciolo duro di Eurolandia. Le autorità tedesche si sono rapidamente fatte avanti minimizzando la portata dell’episodio, con l’agenzia che gestisce il debito pubblico teutonico che ha escluso che possa implicare un qualsivoglia problema di rifinanziamento della per la Germania. Comunque Berlino avrebbe dovuto piazzare fino a 6 miliardi di euro ne ha raccolti 3,6 miliardi di cui 2,4 miliardi messi dalla Bundesbank. I rendimenti dei Bund già in circolazione sono balzati al rialzo, chiudendo oggi al 2,15 per cento dall’1,92 per cento visto in apertura. Chissà però se questo incidente non finirà per essere una sorta di campanello d’allarme che farà scuotere Berlino dall’intransigenza che continua ad opporre alle ipotesi di interventi antri crisi. Proprio oggi la cancelliera tedesca Angel Merkel ha ribadito il suo “nein” a un rafforzamento del ruolo della Bce che, sconfinando dal suo mandato istituzionale, si mettesse a acquistare a tutto spiano titoli di Stato (come ha fatto oggi la Bundesbank). “Nein” anche agli eurobond, se prima non si fanno regole di bilancio più rigorose. Qualcuno vede spiragli in questa recentissima condizionalità (limitata agli eurobond). Ma chissà se all’opposto le tensioni sui Bund non faranno irrigidire ulteriormente i tedeschi. La partita è difficile perché il governo della Merkel non vuole inimicarsi ulteriormente un’opinione pubblica che fin dall’inizio è apertamente ostile all’idea di mettere in comune i debiti con le ‘cicale’ della periferia. E sarebbero esattamente questo sia gli eurobond, sia una ipotetica Bce “prestatore di ultima istanza”, sui cui oggi è tornata alla carica la Francia tramite il ministro delle Finanze Francois Baroin, ma a cui la stessa istituzione monetaria si oppone risolutamente. Dal suo insediamento il presidente della Bce Mario Draghi ha già respinto per due volte queste pressioni, richiamando i governi a fare quanto promesso sulle nuovo misure anti crisi. Intanto tutto il resto dell’area euro, tra cui l’Italia, ha fatto nuovamente le spese delle rinnovate tensioni, in termini di cali delle Borse e aumenti dei rendimenti dei titoli di Stato: sui Btp sono di nuovo a livelli da allarme rosso. Da stamattina sono infatti tornate a salire le pressioni sui titoli di Stato italiani, tanto da far sfiorare ai rendimenti del Btp decennali la soglia da allarme rosso del 7 per cento, valore ampiamente superato sulle scadenze e 2 e 5 anni. Il 7 per cento è guardato con inquietudine, perché è stato una volta superato questo livello che Grecia, Irlanda e Portogallo hanno dovuto chiedere aiuti. I Btp decennali avevano superato questo livello sia il 9 che il 15 novembre, oggi sono arrivati a raggiungere il 6,99 per cento e poi apperentemente non hanno compito altri scatti in avanti. Dietro questo tetto potrebbero esserci gli interventi calmieranti della Bce, che da mesi ha riattivato il suo programma di acquisti mirati su titoli di Stato dell’area euro sotto stress. In altre situazioni secondo voci di Borsa mai confermate la Bce ha concentrato i suoi interventi su alcune scadenze, e questo favorirebbe disallineamenti dei rendimenti su altre scadenze. Oggi ben oltre il 7 per cento sono saliti i tassi retributivi dei Btp a 2 e 5 anni, nel primo caso fino al 7,41 per cento, sul quinquennale fino al 7,25 per cento. Si continua ad assistere così a quella che viene definita “inversione della curva” sui rendimenti, perché solitamente è sulla scadenze più lunghe che sono più elevati, essendo maggiore l’incertezza. Il quadro attuale riflette però anche il fatto che i timori dei mercati virano maggiormente sul breve termine. Lo spread Btp-Bund è rimasto sostenuto, chiudendo a 483 punti base secondo Bloomberg sulla scadenza decennale, dopo che in mattinata aveva superato un altro limite allarmistico, quello dei 500 punti (o 5 punti percentuali pieni). Tensioni hanno nuovamente investito anche i titoli di stato di Spagna, Francia e altri paesi dell’area euro. All’allarmismo sui debiti europei si aggiungono poi crescenti timori sulle prospettive della crescita economica, e non solo nell’area euro. Oggi segnali di contrazione dell’attività sono giunti anche dalle imprese della Cina. Mentre negli Usa, a riflesso del clima di sfiducia di fondo, la dinamica delle spese per consumi continua a risultare inferiore alla crescita dei redditi disponibili, mentre altrettanta cautela la mostrano le imprese sugli investimenti. Milano ha chiuso un’altra seduta in pesante calo, meno 2,59 per cento del Ftse-Mib. Non è andata meglio a Madrid, che ha a sua volta subito il terzo calo consecutivo pur dopo elezioni generali da cui è scaturita una nuova chiara maggioranza (passata dai socialisti al centro destra): meno 2,09 per cento. Londra ha chiuso al meno 1,29 per cento, Parigi al meno 1,68 per cento, Francoforte meno 1,44 per cento. L’euro è calato decisamente a 1,3350 dollari. A metà seduta a wall Street il Dow Jones cala del’1,61 per cento, il Nasdaq cede l’1,91 per cento.