Giappone. Abe sfida le polemiche e visita il santuario Yasukuni

Notizie Geopolitiche –

A distanza di un anno e comunque sfidando le prevedibili proteste di Pechino e Seul, il premier giapponese Shinzo Abe si è recato oggi per la Festa di Primavera al santuario shintoista Yasukuni di Tokyo per portare la propria offerta rituale. Nel tempio è custodito il Libro delle anime di quasi 2,5 mln di caduti, tra i quali 14 criminali di guerra di Classe A (crimini contro la Pace) e 1.068 condannati per crimini di guerra, coinvolti anche in massacri durante l’occupazione della penisola coreana e della Cina.
Per il 2014 e il 2015 il premier non aveva osservato la tradizione proprio per prevenire le polemiche; si erano comunque recati al santuario diversi membri del suo gabinetto.
Abe ha offerto un “Masakaki”, cioè un rametto di sakaki, una pianta sempreverde spesso usata nel cerimoniale dello shintoismo. Sul ramo addobbato, secondo quanto è stato riferito dal ministro dell’Interno Sanae Takaichi, è scritto: “Primo ministro di gabinetto Abe Shinzo”.
Con Abe c’erano 90 membri del Parlamento e diversi fra sottosegretari e viceministri.
Dopo la visita al santuario sono arrivate puntuali le critiche dalla Cina: rispondendo ad una domanda dei giornalisti, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lu Kang ha detto che “la Cina esorta il Giappone a guardare in faccia la storia di aggressione e a farsi un esame di coscienza, prendendo nettamente le distanze dal militarismo” e che “la Cina esorta il Giappone a conquistare la fiducia dei paesi vicini dell’Asia e della comunità internazionale con azioni concrete”.
Il 15 agosto 2015 Abe si era scusato, come avevano fatto i predecessori Tomichi Murayama e Junichiro Koizum, per il colonialismo, per le invasioni e le “sofferenze incommensurabili” provocate dal Giappone militarista, ma aveva affermato che le nuove generazioni non possono “essere predestinate a scusarsi per sempre, non avendo nulla a che fare con la guerra”.
L’accrescersi delle tensioni nell’area, determinate soprattutto dallo sfoggiare dei muscoli di Pechino, ha spinto Abe a chiedere ed ottenere un adeguamento della Costituzione antimilitarista e quindi l’aumento delle spese militari.