Giornata mondiale (ed europea) contro la pena di morte

di C. Alessandro Mauceri

Il 10 ottobre si celebra la Giornata mondiale (ed europea) contro la pena di morte. Una pratica barbara che non serve a rendere le persone e le comunità più sicure e né come deterrente per i crimini commessi. Una prassi che, nel migliore dei casi, appare come un residuo di vecchie norme ormai obsolete. Eppure continua ad essere utilizzata come strumento politico o coercitivo. Un modo fin troppo semplicistico di risolvere problemi “che richiederebbero un approccio articolato capace di coinvolgere diversi segmenti della società e molteplici strumenti che non implicano ovviamente la pena capitale”, come ha sottolineato Amnesty International.
I numeri sulle condanne a morte eseguite lo scorso anno sono impressionanti. A livello mondiale, nel 2023, Amnesty International ha registrato 1153 esecuzioni. Quasi tre al giorno. Un dato preoccupante che mostra un aumento considerevole rispetto al 2022 (quando le esecuzioni capitali furono “solo” 883). Questo “trend allarmante sta proseguendo nel 2024 con la drammatica crescita delle esecuzioni in Iran e Arabia Saudita, la decisione della Repubblica Democratica del Congo di riprendere le esecuzioni e quella della Corte costituzionale di Taiwan di non abolirla”.
Finora sono serviti a poco gli appelli e le dichiarazioni di Associazioni e organizzazioni internazionali. Da tempo l’Unione europea e il Consiglio d’Europa hanno ribadito la loro “inequivocabile opposizione alla pena di morte, compresa qualsiasi reintroduzione della stessa, in tutti i casi e tutte le circostanze”. Il governo italiano, per bocca del ministro degli Esteri Tajani, ha ribadito la “ferma e incondizionata opposizione alla pena capitale” definendola una “punizione crudele, disumana e degradante, che nega la dignità umana e non ha valore aggiunto in termini di sicurezza e dissuasione dal crimine, mentre rende ogni errore giudiziario fatalmente irreversibile”.
Tutto questo non è servito a nulla. A 21 anni di distanza dall’entrata in vigore del Protocollo n.13 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), riguardante l’abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, anche in Europa c’è ancora chi non lo ha ratificato: manca l’adesione della Bielorussia, unico paese europeo ad applicare ancora la pena di morte in Europa.
Ma c’è un altro aspetto che preoccupa non poco. Non solo le esecuzioni capitali sono aumentate, ma il loro numero potrebbe essere maledettamente sottostimato. Mancano dati certi sul numero di esecuzioni capitali in alcuni paesi ma soprattutto in Cina. Le stime parlano di migliaia di condanne a morte pronunciate e di eseguite lo scorso anno, ma le cifre restano coperte da una sorta di segreto di Stato. Preoccupante anche l’aumento delle esecuzioni capitali in paesi come l’Iran e l’Arabia Saudita.
Tanti i paesi che continuano a ignorare il diritto internazionale in materia di diritti umani. Alcuni di questi applicano la pena di morte per motivi che in tutti i paesi occidentali non sarebbero considerati nemmeno reato (come esprimere la propria opinione su social media o per le strade).
A livello globale, la pena di morte è ancora utilizzata in oltre una settantina di paesi. Mai Sato, professore associato presso la Facoltà di Giurisprudenza della Monash University in Australia, ha affermato che solo due di questi aderiscono agli standard internazionali che limitano la pratica ai reati più gravi. Degli altri non sono riusciti a soddisfare lo standard “più grave”, 11 applicano la pena di morte per reati capitali che non dovrebbero essere affatto criminalizzati, tra cui l’adulterio, i “cosiddetti reati religiosi” e gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso.
Centinaia, migliaia di Associazioni in tutto il mondo celebrano questa giornata e chiedono a gran voce l’abolizione della pena capitale. A dicembre scorso, 125 nazioni hanno votato a favore della risoluzione dell’Assemblea Generale, a sostegno di una richiesta globale di una moratoria mondiale sull’uso della pena di morte in vista della sua definitiva abolizione. Eppure, stranamente, non è mai stata istituita e approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite una Giornata mondiale contro la pena di morte. C’è solo una dichiarazione congiunta, risalente ad un paio d’anni fa, della Relatrice speciale delle Nazioni Unite (ONU) sulla tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, Alice Edwards, e della Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni sommarie o arbitrarie extragiudiziali, Morris Tidball-Binz, che hanno affrontato la relazione tra la pena di morte e il divieto assoluto di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. UN experts warn of associated torture and cruel punishment | OHCHR Nient’altro.
Troppo poco per una pratica così crudele che uccide migliaia di persone ogni anno.