Gli “eroi scomodi” curdo-siriani. Intervista al leader del Pyd Saleh Muslim Mohammed

di Enrico Oliari e Ehsan Soltani

Rappresentanti dei curdi siriani del Pyd (Partito dell’Unione democratica), degli iraniani del Pjak, del Pkk turco e dei partiti Patriottico e del Movimento per il cambiamento del Kurdistan iracheno si sono dati appuntamento a Bruxelles in quello che è stato il 16mo Congresso internazionale dei curdi, al quale hanno preso parte anche esponenti di altre minoranze quali gli yazidi e gli assiri, e di altre formazioni politiche.
Il tema centrale dell’incontro è stato la grave crisi che sta percorrendo i territori abitati da milioni di curdi, distribuiti perlopiù tra Turchia, Siria, Iraq e Iran, ma anche per disegnare una maggiore interazione fra i partiti presenti, in realtà tutti o quasi di sinistra poiché le altre forze politiche, come il partito del presidente del Kurdistan iracheno Masoud Barzani non hanno preso parte all’evento a causa di dissidi ormai di difficile soluzione.
Con l’occasione Notizie Geopolitiche ha voluto intervistare Saleh Muslim Mohammed, leader del Pyd siriano il cui braccio armato è rappresentato dai combattenti dell’Ypg (Unità di difesa del popolo), cioè da quei curdi che nel nord della Siria sono stati il muro che ha arginato l’Isis, sconfiggendo i jihadisti in battaglie epiche quali Kobane e Manbij.

– Qualche mese fa i curdi del Pyd hanno proclamato l’autonomia delle tre province del Rojava, la parte curda della Siria: è un gradino per arrivare all’indipendenza, magari facendo pesare il successo della lotta all’Isis?
“I curdi erano da sempre un unico popolo, separato nel Ventesimo secolo dalla nascita degli stati-nazione, i quali hanno schiacciato le minoranze per far prevalere i vari interessi. Tuttavia oggi vediamo che il modello degli stati-nazione è fallito poiché non è stato in grado di rispondere ai bisogni e alle pressioni delle minoranze etniche. In realtà anche dalle nostre parti c’è chi vorrebbe uno stato-nazione curdo, ma noi del Pyd siamo per una forte autonomia e per una federazione con altre possibili autonomie che interessano le minoranze del nord della Siria, di certo non per l’indipendenza da Damasco. A noi non interessa la secessione: i nostri valori sono l’uguaglianza tra i generi, la pari dignità di tutte le etnie, delle religioni e confessioni”.

– D’accordo, però ammetterà che il vostro progetto di autonomia si trova senza appoggio esterno, in un quadro, quello della crisi siriana, che vede l’occidente sostenere i ribelli più o meno moderati, il Qatar e i sauditi finanziare i jihadisti, la Russia supportare i siriani di Bashar al-Assad, e non mi dilungo…
“Il nostro appoggio viene dal popolo. Non abbiamo mai avuto accordi con nessuno, tantomeno sostegno, eppure abbiamo combattuto e stiamo combattendo. Io sono convinto che la nostra posizione sia giusta: gli altri gruppi sono appoggiati dall’una o dall’altra potenza, che sia l’occidente, la Turchia, il Qatar, l’Arabia Saudita o l’Iran. Noi contiamo sul popolo: quando gli altri finiranno i soldi, svaniranno”.

– Come finanziate la lotta armata? Vendendo il petrolio?
“Magari! Abbiamo il petrolio, ma non abbiamo chi ce lo compra, poiché siamo di fatto circondati e a nord c’è la Turchia. Ci finanziamo da soli, grazie al fatto che al mondo ci sono più di 40 milioni di curdi… e a noi basta una zuppa di lenticchie per tirare avanti”.

– Uniti, ma non troppo: voi siete la versione siriana del Pkk, odiati e combattuti dalla Turchia, mentre il Kurdistan iracheno fa buoni affari con Recep Tayyp Erdogan…
“Ormai Barzani è diventato un esecutore dei piani del presidente turco Erdogan, proprio perché per vendere il petrolio scavalcando Baghdad ha bisogno della Turchia. Va detto che la spaccatura tra noi e i curdi del partito di Barzani non è di oggi, ma risale agli anni Novanta, quando ci siamo persino combattuti. Ci tengo a far notare che quando pochi mesi fa abbiamo proclamato l’autonomia, Barzani ha fatto chiudere il confine su evidenti pressioni della Turchia, bloccando così il flusso di medicinali e di generi alimentari”.

– Turchia e Arabia Saudita hanno ottenuto la vostra esclusione dal tavolo delle trattative di Ginevra, moderato dall’inviato Onu Staffan de Mistura. Un duro colpo?
“No. Il tavolo fino ad oggi non ha prodotto nulla, tant’è che è fallito. Vi siedono gruppi islamisti come Ahrar al-Sham e Yaish al-Islam che hanno come obiettivo il califfato, ma noi, che abbiamo vinto a Kobane, siamo stati tagliati fuori. Noi il nostro progetto lo stiamo mettendo in pratica, non ci fermiamo alle parole”.

– Tuttavia avete avuto un atteggiamento ambiguo, tant’è che non sono un segreto i vostri contatti con Damasco, ed un giorno avete combattuto con l’Esercito libero ed il giorno dopo con i militari regolari”.
“Sì, è vero, abbiamo avuto contatti con il regime, poiché per diminuire le tensioni cerchiamo di negoziare con gli uni e gli altri”.

img_1385– Quindi voi siete perché Bashar al-Assad resti al suo posto?
“Se il popolo siriano in una votazione libera eleggerà al-Assad, noi saremo con il popolo e rispetteremo il loro voto. Tuttavia ritengo che i siriani non torneranno a chi è stata una delle cause di questo disastro”.

– Poi avete parlato anche con Teheran…
“Non lo nego, diverse volte sono stato per colloqui nella capitale iraniana. Tuttavia non ne è uscito nulla, non abbiamo ricevuto nessun aiuto”.

– Dopo averla liberata dall’Isis, la comunità internazionale vi ha chiesto di lasciare Manbij. Chi la controlla ora?
“Noi abbiamo agito in accordo con il consiglio cittadino: la gestione della città ora è loro”.

– L’occidente e non solo considera il Pkk un’organizzazione terroristica, mentre voi, che siete sostanzialmente la stessa cosa in salsa siriana, siete considerati difensori dell’etnia curda in Siria. Che ne dice di quest’atteggiamento ambiguo?
“La Turchia, paese Nato, ha fatto di tutto per farci passare come terroristi, ma poi le ricerche e le prove hanno dimostrato che non lo siamo. Di certo siamo più democratici della Turchia, che appoggia l’Isis e i qaedisti di Jabat al-Nusra”.