Gli Usa e l’Isis, tra fondamentalismo e petrolio

di Filippo Sardella –

Qualche giorno fa ha fatto scalpore la dichiarazione di un guerrigliero del sedicente Stato Islamico, per esattezza il comandante pakistano Yousaf al-Salafi, il quale nel corso di un interrogatorio a seguito dell’arresto da parte delle forze di sicurezza pachistane, avrebbe confessato di ricevere fondi statunitensi attraverso varie agenzie di stato Usa per il reclutamento di giovani pachistani da impiegare sul fronte siriano. La notizia, diffusa dal quotidiano The Express Tribune, è stata ripresa da diverse testate in modo ridotto, adducendo che tale confessione risulta essere solo uno sconclusionato delirio di un fanatico religioso. Ma è davvero possibile asserire che il comandante al-Salafi non sia del tutto attendibile? E siamo sicuri che il fondamentalismo islamico sia stato in grado da solo, di mettere in piedi un’organizzazione capace di espandersi e controllare un vasto territorio, amministrare la “giustizia” tramite tribunali propri e soprattutto di disporre di un esercito, che ha bisogno di uno sforzo economico e logistico enorme, senza aver ricevuto alcun iniziale aiuto finanziario?
Del resto non sarebbe la prima volta che Washington prova a destabilizzare un’area definita di proprio interesse appoggiandosi all’integralismo islamico.
Basti ricordare cosa accadde nel 1993 con il Partito Indipendentista del Popolo Ceceno, forza politica finanziata dal governo Usa affinché, una volta raggiunta la maggioranza in parlamento, potesse proclamare, insieme al suo “petrolio”, la secessione della Cecenia dalla neonata Federazione Russa. Ma quando la via per l’indipendenza democratica fallì a causa dell’intervento militare russo; l’establishment di Washington continuò nel suo intento di destabilizzazione dell’area, tramite l’aiuto del generale Richard Secord. Questi figura di spicco degli ambienti militari Usa durante tutti gli anni ’70 ed ’80, nei primi anni 90 venne arruolato tra le fila della Cia con il compito di far partire dall’Afghanistan guerriglieri mujahidin affinché, una volta giunti in Cecenia aizzassero le frange moderate islamiche tramite una propaganda aggressiva ed estremista, ovvero la popolazione contro la neo nata Federazione Russa.
Gli eventi sembrano confermare i fatti e, per un accordo tra il presidente ceceno Dudaev ed il governo statunitense per tramite dello stesso generale Secord, le milizie estremiste avrebbero dovuto aprire le porte alle multinazionali del petrolio d’oltreoceano, prime fra tutte BP e la EXXONMOBIL.
Con l’Isis la storia sembrerebbe ripetersi e, per quanto la religione possa costituire un buon alibi, la pista del petrolio sembra celarsi dietro ai più grandi sconvolgimenti globali del nostro tempo. Il fanatico ruolo giocato dall’Isis non risulta coerente con quanto da quasi tre anni proclama, infatti nonostante gli annunci di voler distruggere l’occidente ed i suoi valori, non è mai stata espressa una reale minaccia verso Israele, stato che fin dai suoi albori ha provocato il rancore della maggioranza del mondo arabo, moderato e non.
Ritornando al petrolio, basti pensare che il Califfato fino a pochi mesi fa controllava un territorio vasto come il Regno Unito,  traendo da esso un reddito annuo pari a 2,9 miliardi di dollari. L’Isis ricavava dal periodo di massima espansione oltre il 60% della capacità produttiva di petrolio in Siria, e meno del 10% della capacità di produzione di greggio iracheno, con una capacità complessiva valutata tra gli 80mila e i 120mila barili al giorno, facendo entrare nelle tasche degli uomini del califfato ricavi che andavano dai 2 milioni ai 4 milioni di dollari al giorno, venendo un barile al prezzo stimato tra i 25 e i 50 dollari. Come se non bastasse di recente la testata giornalistica tedesca DWN ha rivelato con un ampio reportage su come la Nato sia coinvolta nel contrabbando di petrolio che dalla Siria attraversa la Turchia, membro dell’Alleanza Atlantica, fino a giungere in Europa. Un altro indizio è dato dal fatto che molti parlamentari britannici risultano legati alla compagnia anglo-turca Genel, la quale ha ricevuto un ordine per la fornitura dalle raffinerie della società curda Gruop Nokan, sospettata di sostenere la vendita illegale di petrolio dell’Isis alla Turchia.
La storiografia moderna e passata ci ha sempre insegnato che dietro ai più grandi eventi, dietro ad una realtà artificiosa, esiste sempre una realtà fattuale e concreta, capace sempre di mostrare come l’interesse economico sia sempre la causa primaria dei più grandi eventi nella storia umana.