Golfo. La Marina britannica e quella Usa per sostenere i reciproci interessi

di Giuseppe Gagliano

L’Inghilterra ha deciso di sostenere la Marina statunitense in funzione anti-iraniana per controllare il Golfo Persico e per evitare il sequestro di altre navi petrolifere. Questa decisione deve essere letta non come un mero fatto di cronaca, bensì come la conseguenza di una precisa strategia della marina britannica inglese.
Il rinnovato interesse da parte della Marina britannica per l’Indo-Pacifico non deve destare particolare sorpresa sia punto di vista strategico che dal punto di vista geopolitico. In primo luogo , la volontà da parte britannica di consolidare la sua presenza in questo ampio scacchiere le consentirà di contenere la logica espansionistica cinese.
In secondo luogo, Londra intende tutelare sia il Golfo che il Corno d’Africa per quanto riguarda il ruolo del commercio globale ed in particolare quello petrolifero, sia l’Asia meridionale che l’Asia sud e nord orientale. A tale proposito la collaborazione tra il Regno Unito e il Giappone può anche essere letta come il tentativo di salvaguardare gli interessi geopolitici giapponesi nel Mar Cinese Orientale in funzione anticinese.
D ‘altronde proprio la presenza nel Mar Cinese Meridionale dell’ammiraglia della Marina britannica, cioè la HMS Albion che ha costeggiato alcune isole dell’arcipelago delle Paracelso durante il suo tragitto verso Ho Chi Minh City, deve essere letta in funzione di contenimento cinese, così come il ruolo di sostegno all’embargo petrolifero dato al Giappone, alla Corea del sud e agli Stati Uniti nei confronti della Corea del Nord. Non a caso il consolidamento di infrastrutture militari permanenti a Singapore, nell’Oman e nel Bahrein contribuisce al rafforzamento della volontà di attuare una proiezione di potenza marittima.
Nell’ottica di conseguire questo ambizioso obiettivo, nell’aprile del 2018 la Gran Bretagna ha posto in essere una rilevante infrastruttura militare permanente in Bahrein (ex colonia britannica dal 1861 al 1971), collocata in uno snodo cruciale del commercio globale e cioè nello stretto di Hormuz, o la “giugulare dell’occidente”. Al di là della possibilità che questa nuova infrastruttura militare consenta alla Marina britannica di condurre esercitazioni navali in modo più continuativo nel Golfo Persico, è difficile negare che la presenza inglese servirà sia a consolidare quella americana; infatti la capitale Manama del Bahrein ospita la Quinta Flotta della Marina americana, per cui lo scopo è quello di tutelare gli interessi americani e dell’Arabia Saudita in funzione anti-iraniana. Inoltre la recente scoperta di nuove riserve petrolifere per un volume complessivo che si aggirerebbe intorno agli 80 miliardi di barili, scoperta questa che consentirebbe al Bahrein di conseguire un ruolo di estrema rilevanza nella produzione del commercio a livello globale del petrolio, contribuisce a legittimare la presenza della Royal Navy (la Marina britannica era presente dal 1935 con la base navale HMS Jufair).
Rilevanza questa che era già presente sia con la raffineria di Sitra, fra le più importanti del mondo arabo, sia per il ruolo di piazza finanziaria off-shore per il mondo arabo.
Resta da vedere se questi obiettivi ambiziosi da parte della Marina britannica saranno effettivamente conseguiti considerando fra l’altro la riduzione rilevante delle spese per la difesa .
Il traguardo che intende perseguire Londra è dunque realistico o velleitario? Londra si limiterà a sostenere o supportare l’alleato americano o sarà in grado di portare in essere una reale politica di proiezione di potenza in ambito marittimo?