Grecia. Addio a Mitsotakis, figura di riferimento della destra greca

di Gianluca Vivacqua –

Si è spento ieri all’età di 98 anni Kostantinos Mitsokatis, ed è un lutto per la politica greca e soprattutto per il partito conservatore Nea Dimokratia. Mitsotakis, infatti, lo aveva guidato per quasi dieci, dal 1984 al 1993, per poi diventarne presidente onorario fino alla morte. Da leader conservatore, nel breve ma intenso triennio dall’aprile 1990 al settembre 1993 fu capo del governo, in coabitazione col presidente Kostantinos Karamanlis, padre fondatore di Nea Dimokratia.
Cretese di nascita, partigiano negli anni dell’occupazione nazista della Grecia, Mitsokatis entrò in Parlamento nel 1946, a 28 anni. Esule dalla sua patria durante la dittatura dei colonnelli (1967-1974), vi fece ritorno alla caduta del regime. Di lì a poco maturò la sua personale svolta politica, passando dalle iniziali posizioni liberali ad altre nettamente più conservatrici, che lo portarono ad approdare al nuovo partito karamanlisiano.
Protagonista di uno storico connubio con i comunisti nel 1989 per dare una maggioranza al governo di destra di Tzannis Tzannetakis  (nelle elezioni di quell’anno Nea Dimokratia risultò il partito più votato ma, a causa del sistema proporzionale, non riuscì a brindare alla maggioranza assoluta in Parlamento), Mitsotakis passerà alla storia anche per essere stato il premier  della firma degli accordi di Maastricht e della riapertura della Grecia agli Stati Uniti (premier lo sarebbe diventato dopo la parentesi Tzannetakis, da molti considerata preludio alla sua esperienza di governo). La penisola ellenica era uscita dalla Nato negli anni del regime militare, in segno di protesta per la sostanziale indifferenza dei vertici dell’organizzazione nei confronti dell’occupazione turca di Cipro, ma vi era rientrata stabilmente dal 1980: tuttavia, nella lunga stagione dell’egemonia socialista, i rapporti con Washington si erano sempre mantenuti piuttosto freddi. Al contrario, Mitsotakis su questo fronte volle imprimere da subito un decisivo cambiamento di trend, promuovendo la stipula di un nuovo patto difensivo con gli Usa. Il nuovo corso ebbe il suggello della visita ufficiale del presidente americano Bush nel luglio del ’91, ricambiata da Mitsotakis nel settembre di quello stesso anno.
E poi, come detto, proprio lui, cretese e, in quanto tale, figlio inconsapevole di una cultura di origine minoica tendente all’isolazionismo felice, fu l’uomo che legò il suo nome all’ingresso in Europa della sua patria. Gli accordi di Maastricht furono sottoscritti dal suo governo il 9 dicembre ’91 e ratificati dal Parlamento il 2 gennaio ’92. La firma e l’accettazione degli accordi, naturalmente, comportavano  l’adozione di tutti quegli euro-parametri per regolarizzare le finanze del Paese. E così Mitsotakis iniziò anche la lunga serie di politiche di austerity che sarebbero proseguite, drammaticamente, anche nei decenni successivi.
Ciò ebbe come conseguenza un inesorabile calo di popolarità per il suo governo, ma non fu questo il motivo che provocò la caduta di esso. Il terreno fatale, infatti, fu una specie di Usa-gate, determinato dall’arresto di un impiegato dell’ambasciata Usa ad Atene, Lalas, che aveva intercettato per molto tempo alcune conversazioni riservatissime tra l’ambasciatore statunitense e la Casa Bianca, conversazioni di cui soltanto Mitsotakis, all’infuori dei due interlocutori, era a conoscenza. L’arresto avvenne su diretta pressione di Washington, e dopo che, sempre su interessamento americano, la figlia del premier, Dora Mpakoiannis, che era il suo ministro della Cultura, aveva brigato per ottenere la rimozione del capo dei servizi segreti greci e la sua sostituzione con un altro funzionario più propenso a quell’operazione.
Di Mitsotakis premier si ricorda anche la battaglia affinché la Repubblica di Macedonia, nata dalla dissoluzione della Federazione jugoslava, non usurpasse il nome dell’omonima regione storica della Grecia.