Guyana. Accordo militare con gli Usa, ma sono in molti alla caccia di risorse nel paese latinoamericano

di Giuseppe Gagliano

L’ammiraglio statunitense Craig Faller del comando della Regione meridionale ha visitato la Guyana per firmare accordi bilaterali volti a rafforzare i legami militari tra i due paesi. Questo accordo arriva a pochi giorni dalla dichiarazione del presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, di riconquistare i due terzi del territorio della Guyana. Per decenni Caracas ha rivendicato la sovranità su quest’area, ricca di petrolio e oro.
L’intesa tra Guyana e Stati Uniti serve a rafforzare le relazioni militari per il mantenimento della sovranità e della sicurezza nella regione. I due paesi si impegnano a collaborare in caso di minaccia.

Nicolas Maduro.
La Guyana ha anche firmato lo Shiprider Agreement, un controverso accordo creato nel 1997 che consente alla Marina e all’Aeronautica degli Stati Uniti di entrare nelle acque e negli spazi aerei dei paesi firmatari dei Caraibi. La loro missione è eseguire arresti e sequestri di navi sospettate di traffico di droga.
Tuttavia l’accordo Shiprider non prevede alcuna reciprocità con i paesi caraibici. La vera motivazione di questa sinergia militare ha poco a che fare con la droga, al di là delle affermazioni di rito. In realtà il tema è uno solo: le risorse petrolifere.

La controversia tra il Venzuela e la Guyana riguarda la provincia di Essequibo, ricca di risorse petrolifere, dove la ExxonMobil ha iniziato l’esplorazione petrolifera già dal 2008. La società ha recentemente scoperto importanti riserve di petrolio e gas in Guyana. Infatti l’ubicazione dell’enorme giacimento petrolifero di Liza, individuato dalla ExxonMobil, produrrà circa 120mila barili di petrolio al giorno e rappresenta certamente il primo importante giacimento petrolifero offshore della Guyana. In relazione poi alle rivendicazioni di Maduro queste sono state definite dal presidente della Guyana, Irfaan Ali, “una nullità legale“.
Nonostante la questione sia stata portata davanti alla Corte internazionale di giustizia nel giugno 2020 il Venezuela ha costantemente rifiutato di partecipare al procedimento della Corte Internazionale di Giustizia, preferendo la via delle discussioni bilaterali.

Ma la questione assume una valenza sul piano geopolitico più ampia. La Cina nel contesto della sua proiezione di potenza globale ha prestato alla Guyana circa 115 milioni di dollari per ampliare il principale aeroporto del paese e consentire l’atterraggio dei 747. Infatti la Guyana è inclusa da Pechino nel contesto della Belt and Road, e gli investimenti infrastrutturali che la Cina sta attuando sono finalizzati a stabilire un collegamento più rapido con il nord del Brasile, che costituisce il partner principale della Cina nella regione; ciò consentirebbe alla Cina di accedere più rapidamente al canale di Panama. Inoltre la compagnia petrolifera cinese CNOOC detiene una partecipazione del 25% nel blocco Starbroek di ExxonMobil, mentre la China Harbour Engineering si è aggiudicata il contratto per l’ampliamento dell’aeroporto di Cheddi Jagan nel 2011, e la China Railway First Group ha anche vinto un contratto da 500 milioni di dollari per l’impianto idroelettrico di Amalia Falls da 165 MW nel 2012.
Infine la Russia ha posto in essere ingenti investimenti attraverso la multinazionale dell’alluminio Rusal, di proprietà di Oleg Deripaska, oligarca alleato di Vladimir Putin, che da oltre un decennio controlla diverse miniere di bauxite in Guyana.

Al di là del rilevante investimento economico fatto dalla Russia, la vera preoccupazione americana è relativa al fatto che la marina militare russa possa incominciare a posizionarsi nei Caraibi, zona questa certamente cruciale per il consolidamento dell’egemonia globale americana.
L’interesse Usa sul piano politico è determinato da quattro fattori:
– il traffico di droga e quello dei migranti;
– la penetrazione di attori esterni come Cina e Russia;
– la pressione contro il Venezuela bolivariano e la Cuba dei Castro, capofila del fronte “anti-imperialista” regionale
– il ruolo politico giocato dalle migliaia di esuli cubani, venezuelani e non solo residenti in Florida.