Haiti. Nuove ipotesi sui mandanti dell’omicidio del presidente

di Paolo Menchi –

Il Washington Post ha pubblicato nei giorni scorsi un interessante reportage ricco di retroscena in merito all’assassinio del presidente haitiano Jovenel Moise. Di mezzo ci sarebbe il medico (e pastore) Christian Emmanuel Sannon, originario dell’isola caraibica ma anche cittadino statunitense, che avrebbe trovato stanziamenti per circa 83 miliardi di dollari per costruire strade, reti elettriche, porti e aeroporti per “una nuova alba” di Haiti, e quindi presentarsi come nuovo presidente del paese caraibico.
Tutto sarebbe nato in una riunione tenutasi il 12 maggio scorso a Fort Lauderdale, in Florida, alla quale avrebbero partecipato anche Antonio Intriago, proprietario di un’azienda che svolge attività di sicurezza e protezione (la CTU), e Walter Veintemilla, responsabile della Worldwide Capital Lending Group, l’azienda che avrebbe finanziato l’operazione con circa 860mila dollari per acquisto di munizioni e per ingaggiare una forza di sicurezza che avrebbe avuto il compito di proteggere Sannon e portalo alla presidenza. Bisogna ammettere che non ci sono prove evidenti che nella riunione si sia progettato l’assassinio di Moise, anche se ci sono forti sospetti che la CTU abbia ingaggiato numerosi ex militari colombiani che hanno condotto l’attacco che è costato la vita al presidente.
Le indagini successive all’omicidio hanno portato all’arresto di 18 colombiani mentre altri tre sono morti. Secondo il capo della polizia della Colombia, il generale Jorge Luis Vargas, dagli interrogatori è emerso che il gruppo che ha attaccato la casa di Moise aveva l’obiettivo di arrestarlo e metterlo a disposizione della DEA, perché poi il tentativo di arresto si sia trasformato in omicidio non è chiaro, probabilmente all’interno del gruppo qualcuno aveva ordini diversi senza che gli altri lo sapessero.
In questo momento Sannon è in arresto ad Haiti sospettato di essere uno dei mandanti dell’assassinio di Moise, anche se non ci sono prove evidenti a suo carico; aveva definito il presidente un “bandito legale”, facendo sue le accuse di alcuni gruppi per la difesa dei diritti umani che lo accusavano di avere forti legami con il crimine organizzato.