Il dramma delle mine antiuomo, armi senza padrone

di C. Alessandro Mauceri

L’ultimo caso è stato comunicato solo pochi giorni fa: un comandante e un fuciliere di stanza in Ucraina sono rimasti uccisi per lo scoppio di una mina antiuomo a Trechisbenka, un villaggio occupato dai maidaniti. A darne la notizia il comando della NM-LNR. Secondo il portavoce colonnello Marocko, i due sono saltati in aria a per lo scoppio di una mina antiuomo OZM-72 non segnalata nelle mappe militari del campo.
Le mine antiuomo sono una delle eredità più tristi di tutti i conflitti che si sono svolti negli ultimi decenni. Un tempo poste a protezione militare di un confine o di un’area “strategica”, negli ultimi decenni il loro utilizzo è diventato indiscriminato. Dagli anni Ottanta, dato il suo basso costo, le mine antiuomo sono state utilizzate in modo massiccio sia dagli eserciti regolari che dai movimenti di guerriglia. Presenti su vaste regioni spesso potenzialmente agricole, la loro pericolosità aumenta a mano a mano che l’esplosione demografica obbliga la popolazione a mettere a coltura nuove terre.
Dopo la fine dei conflitti, le mine restano attive per decenni: diventano armi senza padrone, che scelgono da sole le proprie vittime. Ancora oggi in Polonia si continua a morire per l’esplosione di mine piazzate durante la Seconda Guerra Mondiale.
Si stima che nel mondo siano circa 100milioni le mine antiuomo ancora attive, 10milioni delle quali solo in Cambogia. Di questo lascito aveva parlato anche Obama durante il proprio mandato: “Sono consapevole che i postumi della guerra continuano a uccidere. Qui nel Laos – aveva detto l’allora presidente Usa – ci sono molte bombe inesplose. Nel corso degli anni, migliaia di persone sono state uccise o ferite, tra cui molti contadini al lavoro nei campi o bambini che stavano giocando. Le ferite, come la perdita di una gamba o di un braccio, durano poi tutta la vita”. Secondo l’Autorità nazionale di regolamentazione per ordigni inesplosi (UXO), dal 1964 al 1973, le mine piazzate e le bombe sganciate (un terzo delle quali inesplose) dagli americani sono più di 270 milioni. Obama aveva promesso aiuti per 90 milioni di dollari. Molti se paragonati ai 100 milioni di dollari versati in vent’anni in un paese dove vige un regime repressivo, ma pochissimi e assolutamente insufficienti per risolvere il problema. Il costo medio di una mina è bassissimo, pochi euro, ma disattivarla costa diverse migliaia di euro (almeno 5mila). Ma non basta, le operazioni di bonifica richiedono tempi lunghissimi: è stato calcolato che, ai ritmi attuali, per sminare completamente l’Afganistan occorrerebbero circa 4.300 anni.
Stessa situazione in paesi come Egitto, Laos e Mozambico, Cambogia, Angola, ex-Jugoslavia, Sudan, Somalia, El Salvador, Kurdistan, Kuwait. I paesi in cui si trovano campi minati ancora da bonificare sono almeno 64 di cui 42 fanno parte del Trattato di Ottawa del 3 dicembre 1997, con il quale 122 stati si impegnavano a osservare diversi obblighi per lo smantellamento delle mine anti persona. Eppure, ancora oggi, le mine inesplose nascoste e pronte ad uccidere sono circa 100 milioni. Gli effetti di questi “lasciti” sono indescrivibili: ogni anno, nel mondo, 15mila persone rimangono mutilate o uccise a causa di mine inesplose dopo la fine di conflitti ormai conclusi. Solo in Cambogia, hanno già ucciso 100mila bambini mentre altri 60mila hanno avuto bisogno di protesi e arti artificiali.
Quasi sempre le vittime di queste dimenticanze sono civili. Nel mondo i più colpiti sono bambini (circa il 47% dei civili uccisi) e donne (morte con una percentuale del 13% sulla popolazione non militare). Anche secondo un’indagine della Croce Rossa Internazionale, in Afghanistan, solo il 13% dei feriti a causa di ordigni come questi era costituito da militari. Molte delle vittime delle mine inesplose sono bambini colpiti durante il gioco (per l’8%) o adulti (per il 20%) durante il lavoro nei campi, o durante gli spostamenti (per il 15%).
Secondo le indagini della Campagna internazionale per il bando delle mine anti persona (Icbl) e delle bombe a grappolo, questi ordigni continuano ad essere armi molto utilizzate nelle guerre. In Libia, in Siria, nel Sud Sudan e in Ucraina: conflitti moderni quasi mai rispettosi delle regole e dei trattati internazionali, dove ancora oggi migliaia di persone muoiono per aver messo un piede nel posto sbagliato.