Il mercato energetico del Mediterraneo Orientale: intervista a Karen Ayat, analista geopolitica

di Giuliano Bifolchi –

ayat grandeIl Mediterraneo Orientale è divenuto un argomento centrale nei dialogi inerenti il settore del gas naturale grazie alla scoperta di sostanziali riserve nei depositi marini. L’aumento dell’attenzione per tale regione può essere spiegato dal fatto che fino alla scoperta israeliana del deposito offshore Leviathan e di Tamar, il Mediterraneo Orientale era considerato una regione povera dal punto di vista energetico e soggetta alle importazioni.
Dopo Israele anche Cipro ha scoperto le proprie risorse gasifere nel Blocco 12; il suo deposito Aphrodite è stimato possedere da 3.6 a 6 Tcf (trillion cubic feet) di gas naturale. A questi due paesi possiamo unire il Libano, paese considerato ricco di petrolio e gas naturale, il quale però ha incontrato diversi ostacoli politici ed interni che hanno causato il rinvio del lancio della prima licenza.
Abbiamo discusso la tematica energetica con Karen Ayat (1), analista libanese di base a Londra specializzata in geopolitica energetica e partner associato presso Natural Gas Europe, portale che fornisce informazioni ed analisi in merito al mondo del gas e che si focalizza sul ruolo di tale risorsa in Europa.
In che modo il deposito di gas naturale offshore Leviathan può migliorare lo sviluppo economico dello stato di Israele? Secondo Lei, può tale risorsa rappresentare la “chiave” di cambiamento e miglioramento delle relazioni arabo-israeliane?
“Il giacimento Leviathan è situato a 130 chilometri da Haifa ad una profondità marina di 1.500 metri. Rappresenta l’offshore più grande scoperto dalla Noble Energy in Israele ed è stimato possa avere 21 Tfc. Nel giugno 2013 il gabinetto di Governo di Netanyahu ha approvato le esportazioni di gas con una quota pari al 40% delle riserve totali. L’Alta Corte di Giustizia ha ratificato la contestata decisione nell’ottobre del 2013.
Il Governo di Israele crede che la vendita di gas porterà circa 60 miliardi di shekel nell’economia israeliana, fondi che saranno destinati per progetti focalizzati sulle infrastrutture, la Sanità, l’Educazione e le opportunità di lavoro. Il Governo sta anche prendendo diverse misure con l’obiettivo di controbilanciare il potenziale declino del boom delle risorse (in modo da prevenire il fenomeno del Dutch Disease (2)).
L’energia non potrà fondamentalmente alterare le storiche tensioni esistenti tra Israele ed i paesi arabi vicini. Comunque, partnership temporanee potranno essere siglate tra le parti come ad esempio gli accordi di vendita tra Israele e Giordania oppure tra Israele ed Egitto. Tali accordi rimangono collegati direttamente alle sensibilità politiche ed i governi arabi avranno la necessità di gestire i sentimenti nazionali quando annunceranno di aver siglato degli accordi con il Governo israeliano. Per esempio, con l’intento di giustificare i recenti colloqui tra la compagnia statunitense Noble Energy in rappresentanza dei partner di Leviathan e la compagnia giordana National Electric Power Company (NEPCO), fonti ufficiali giordane affermarono che non si trattava di un accordo discusso tra lo stato di Israele e quello di Giordania. Il governo giordano spiegò infatti che tali colloqui erano intercorsi tra la compagnia nazionale NEPCO e quella del Texas Noble Energy”.
– Alcuni analisti, in particolare quelli russi, hanno affermato che le operazioni militari condotte da Israele negli ultimi mesi ai danni di Gaza, volute secondo Tel Aviv dopo la morte di tre ragazzi israeliani e con l’obiettivo di combattere il terrorismo, siano in realtà una strategia pensata per limitare le esportazioni di gas palestinese ai paesi arabi. Cosa ne pensa a tal proposito? Possiamo considerare l’ultima operazione militare una diretta conseguenza del miglioramento delle relazioni tra la British Gas Group e la NEPCO?
“Israele non ha bisogno di attaccare Gaza con l’obiettivo di prevenire lo sfruttamento del gas naturale. Israele ha imposto il blocco terrestre, aereo e marittimo alla Striscia di Gaza sin dal 2007. Io credo che la recente azione israeliana su Gaza sia indipendente dal gas.
Gaza Marine fu scoperto nel 1999, e da quel momento i palestinesi sono stati incapaci di sviluppare un deposito stimato possedere 1 Tcf (dato interessante commercialmente per i palestinesi). L’inabilità dei palestinesi di portare il loro deposito alla produzione è dovuta ai problemi politici con Israele.
Io trovo che sia difficile immaginare uno sviluppo di Gaza Marine in modo da poter guidare le vendite sul mercato dell’export. Comunque, ipoteticamente parlando e pensando che il deposito possa raggiungere il suo stadio di sviluppo, Gaza Marine non potrà competere con il gas israeliano a causa della sua capacità (1 Tcf opposti ai 21 Tcf di Leviathan)”.
– Quale potrebbe essere la strategia di esportazione di Israele adottata per vendere il gas naturale sui mercati europeo ed asiatico?
La strategia di export israeliana è stata oggetto di differenti speculazioni. I colloqui di Israele con la compagnia Woodside sono stati iniziati con l’obiettivo di esplorare la possibilità del gas naturale liquefatto (LNG). Comunque, i colloqui con il gigante australiano sono decaduti a causa di una disputa fiscale.
E’ stata pensata l’ipotesi di un gasdotto dal deposito Leviathan verso la costa turca, ma le ultime azioni di Israele su Gaza hanno distrutto questo scenario e deteriorato i recenti miglioramenti delle relazioni diplomatiche turco-israeliane (grazie alla mediazione di Obama che aveva portato alle scuse di Tel Aviv).
Questo scenario è inoltre complicato dalla divisione di Cipro. Lo Stato cipriota aveva sperato per un momento alla contribuzione di Israele nella realizzazione di Vassilikos LNG, ma gli israeliani non hanno mai espresso un interesse tale.
Di conseguenza Israele ha iniziato ad avviare la propria strategia di esportazione. In effetti gli anni di dipendenza dal gas egiziano hanno insegnato una lezione ad Israele, quella di non dipendere da uno stato straniero. Lo Stato israeliano aveva infatti sofferto dalla rottura del gas egiziano e non è intenzionato a porre il proprio export del gas naturale sotto il controllo di uno paese estero. Per evitare ciò Israele è vicino ad optare per una diversificazione delle rotte in modo da assicurarsi un flusso continuo ed ininterrotto di esportazione di gas.
I colloqui tra i partner che sviluppano Leviathan e la NEPCO rivelano l’interesse di Israele di sfruttare il momento che vede la Giordania alla ricerca della propria sicurezza energetica e pronta a soddisfare la necessità di riduzione della bolletta causa dell’acquisto di prodotti energetici esosi per poter rimpiazzare l’interruzione del flusso di gas egiziano.
I colloqui tra i partner di Leviathan e quelli di Tamar con gli operatori delle strutture in Egitto rivelano inoltre l’intenzione di Israele di usare il terminale delle esportazioni egiziano per raggiungere i mercanti distanti. L’Egitto pertanto non comprerà solo il gas israeliano, ma faciliterà anche il trasporto verso mercati lucrativi come quello europeo oppure quello più importante asiatico dove il gas ha un prezzo veramente elevato”.
– Israele è attualmente alla ricerca di una via per esportare il proprio gas naturale mentre Cipro è impegnata nelle operazioni di perforazione per poter definire la propria strategia di esportazione futura. Potranno i due paesi cooperare ed aiutarsi l’un l’altro per raggiungere i propri obiettivi?
“Cipro ha l’ambizione di divenire un hub energetico per il Mediterraneo Orientale attraverso il suo terminale LNG a Vassilikos il quale potrebbe accogliere e processare il gas proveniente dagli stati vicini. Comunque Israele non ha espresso un interesse nell’isola con l’obiettivo di permettere a questa di raggiungere la decisione finale di investimento per la costruzione della struttura. Cipro sta conducendo ulteriori attività di esplorazione (eseguite da ENI/Kogas e presto da Total e Noble Energy) con la speranza di scoprire ulteriori riserve di gas ed iniziare la costruzione del terminale.
Una collaborazione con Israele potrebbe essere possibile nel futuro, ma nel breve termine, Tel Aviv sta pianificando le proprie soluzioni.
Noble Energy ha disegnato una strategia di esportazione che attualmente è alla fase del vaglio da parte delle autorità competenti. Ci si aspetta che tale strategia prenderà in considerazione sia la vendita immediata agli stati vicini e sia la modalità migliore per vendere il gas naturale ai mercati lontani attraverso gasdotti e LNG”.
– Pensa che il Mediterraneo Orientale possa essere inserito nella strategia energetica europea con l’obiettivo di diversificare le rotte di importazione del gas, specialmente dopo lo scoppio della crisi ucraina e le tensioni sorte tra l’Unione Europea e la Federazione Russa?
“Gli sforzi europei di incrementare la sicurezza energetica e di diminuire la stretta russa sul mercato europeo coincidono con l’emergere del Mediterraneo Orientale come regione di produzione di gas naturale.
Comunque, io non credo che il Mediterraneo Orientale possa liberare l’Europa dalla Russia. Diverse ragioni si oppongono a tale scenario: la quantità di gas modesta, la non immediatezza nel raggiungere il mercato europeo da parte del Mediterraneo Orientale (Cipro sta ancora conducendo le attività di esplorazione, la costruzione del terminale LNG quando verranno scoperte le risorse necessarie impiegerà 6-10 anni, il Libano non ha ancora lanciato la sua prima licenza e il deposito Leviathan, la cui strategia di esportazione deve essere ancora finalizzata, raggiungerà la produzione nel 2018)“.

1. Karen Ayat è analista specializzata in geopolitica energetica e partner associato presso Natural Gas Europe, quotidiano di informazione sul settore del gas naturale in Europa. Lettrice di Relazioni Internazionali e Conflitti Contemporanei presso il King’s College London ha incentrato la sua area di ricerca e studio sulle risorse naturali ed i conflitti. Ha ottenuto la specializzazione in Diritto Commerciale presso la City University London ed il baccellierato in Legge presso la Université Saint Joseph in Beirut. E’ possibile contattare Karen Ayat al seguente indirizzo e-mail karen@minoils.com e seguire i suoi aggiornamenti su Twitter: @karenayat
2. Dutch Disease (Male Olandese): termine coniato nel 1977 da “The Economist” per descrivere il declino del settore manifatturiero nei Paesi Bassi dopo la scoperta di un ampio bacino di gas naturale a Slochteren nel 1959, culminata nella più grande public-private partnership del mondo, la “N.V. Nederlandse Gasunie” tra la Esso (ora ExxonMobil), la Shell e il governo olandese nel 1963.
Tale termine esprime il concetto economico ideato per spiegare la relazione apparentemente esistente tra lo sfruttamento delle risorse naturali ed il declino del settore manifatturiero; secondo tale teoria l’incremento del reddito dovuto allo sfruttamento delle risorse naturali porta al fenomeno della deindustrializzazione dell’economia nazionale attraverso l’apprezzamento del tasso di cambio il quale rende il settore manifatturiero meno competitivo ed i servizi pubblici direttamente legati con gli interessi privati.