Il piano di Trump per il Medio Oriente: la “Nuova Palestina”

Un ponte alto 30 metri collegherà Gaza alla Cisgiordania. Resistenze dai palestinesi, ma Trump ha dalla sua diversi paesi arabi.

di Enrico Oliari

Dovrebbe essere presentato tra la fine del Ramadan, il 5 giungo, e la festa ebraica di Shavuot, il 10 giugno, il piano studiato dal genero di Donald Trump e consigliere per il Medio Oriente Jared Kushner per giungere ad un accordo di pace tra la Palestina ed Israele. Come tutti gli accordi vi sono rinunce e compromessi per entrambe le parti, e già vi sono delle resistenze soprattutto da parte dei gruppi jihadisti e delle frange più dure di Hamas, che con la pace verrebbero a perdere la loro ragion d’essere. E’ chiaro tuttavia ai meno sprovveduti che un’eventuale rinuncia del piano darà agli Usa l’occasione di intervenire in ogni momento a favore di Israele e dell’alleato premier Benjamin Netanyahu, magari con l’avvallo di buona parte dei paesi arabi.
Quello che lo stesso Trump ha definito “l’accordo del secolo” è simile a quanto anticipato una settimana fa dal quotidiano israeliano Israelhayom rifacendosi ad un documento “filtrato” dal ministero degli Esteri di Tel Aviv in cui venivano descritti i passaggi per arrivare alla tanto desiderata pace tra israeliani e palestinesi, abitanti di Gaza compresi: il piano prevedrebbe una rosa di iniziative e di compromessi a cominciare dal nome dello Stato sovrano dei palestinesi, la “Nuova Palestina”, il cui territorio cisgiordano e di Gaza verrebbero collegati da un lungo ponte autostradale alto 30 metri e finanziato da diversi Paesi, soprattutto dalla Cina che lo costruirà e lo pagherà per il 50%. I confini con Israele verranno ad essere aperti.
Gerusalemme diverrà una “città condivisa”, fra i due Stati, capitale di entrambi e non separata in zona est e zona ovest; il comune di Gerusalemme amministrerà la cosa pubblica locale ad esclusione dell’istruzione, che sarà a carico della Nuova Palestina, e riscuoterà dai palestinesi lì residenti una “tassa per l’Aqua e dell’Arnuna” in sostituzione di quella che già pagano. La proposta riporterebbe che “Sarà vietato agli ebrei di comprare case arabe ed agli arabi di acquistare case di ebrei; inoltre saranno aggiunti nuovi territori a Gerusalemme, mentre gli attuali luoghi santi rimarranno così come sono oggi”.
Gli insediamenti israeliani nei Territori occupati resteranno ad Israele e saranno collegati da strisce delimitate, ma i palestinesi riceveranno in donazione dall’Egitto un territorio utile per la costruzione di un aeroporto, di un centro commerciale e per la coltivazione di generi agroalimentari, per quanto sarà loro interdetta la residenza. Fino alla costruzioni di un aeroporto palestinese, previsto entro 5 anni dall’entrata in vigore dell’accordo, gli abitanti della Nuova Palestina si serviranno liberamente degli scali israeliani.
La Nuova Palestina non avrà un proprio esercito e non potrà detenere armi pesanti, mentre le armi leggere saranno in dotazione solo alla polizia. Si tratterebbe di uno dei punti meno graditi alla parte palestinese, in compenso però sarà Israele a dover garantire la difesa del nuovo Stato, alla quale i palestinesi contribuiranno economicamente con l’aiuto dei paesi arabi.
I detenuti palestinesi nelle carceri israeliane “verrebbero rilasciati ad un anno dall’entrata in vigore dell’accordo, entro un periodo di tre anni”.
Terminerà l’embargo a Gaza, ma contestualmente tutte le armi, anche quelle in dotazione ai leader di Hamas, dovranno essere consegnate (la sicurezza verrà garantita dalla polizia della “Nuova Palestina”); verranno riaperti i commerci internazionali da e per Gaza, attraverso Israele, l’Egitto o via mare attraverso la Cisgiordania.
L’accordo porterà la firma di Israele, dell’Olp e di Hamas, mentre i finanziamenti (30 miliardi di dollari in 5 anni) per attuare i progetti arriveranno dagli Usa (20%), dall’Ue (10%) e dalle monarchie del Golfo (70%).

Jared Kushner.