
di Giuseppe Gagliano –
Nel grande gioco geopolitico dell’Indo-Pacifico, l’Italia prova a ritagliarsi un ruolo strategico tornando a puntare su Nuova Delhi. Ieri, durante la visita ufficiale in India, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha rilanciato con forza il sostegno italiano al corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), ribattezzato “Via del Cotone”, e all’accordo di libero scambio UE-India, atteso per la fine del 2025. Ma dietro i proclami di cooperazione e le cifre del commercio bilaterale si intravede una manovra più ambiziosa: sfruttare l’asse con l’India per rafforzare la posizione dell’Italia all’interno dell’Unione Europea e riequilibrare la propria proiezione geopolitica, troppo spesso compressa tra Washington, Berlino e Pechino.
Nel corso del forum economico India-Italia, Tajani ha definito il corridoio IMEC “una rotta strategica per gli scambi e la crescita”, mentre annunciava la nomina di Francesco Talò a inviato speciale per la Via del Cotone e la disponibilità del porto di Trieste come hub logistico. Non solo infrastrutture fisiche: tra i progetti illustrati figura anche il cavo sottomarino Blue Raman, destinato a collegare Mumbai e Genova bypassando l’Egitto, in una mossa che evoca la volontà italiana di aggirare strozzature geopolitiche nel Mediterraneo orientale.
Ma la vera scommessa è l’FTA tra UE e India, che secondo Tajani “porterà benefici diretti alle imprese italiane”, un messaggio rivolto più alle camere di commercio che alle cancellerie. Con oltre 800 aziende italiane già attive in India, e un commercio bilaterale in crescita (oltre 14 miliardi di euro), il surplus registrato da Nuova Delhi (quasi 3 miliardi) non sembra allarmare Roma, che al contrario spinge per attrarre investimenti indiani, specie nel settore innovativo.
Il piano d’azione quinquennale tra Italia e India, avviato nel novembre 2024 da Giorgia Meloni e Narendra Modi, è la cornice strategica. Ma l’IMEC è il cuore del disegno: una via commerciale che aggira la Cina, connette Mediterraneo e Golfo Persico, e si propone come alternativa credibile alle Nuove Vie della Seta. Tajani lo ha ribadito con chiarezza: Trieste non sarà più solo una porta sull’Est, ma un nodo eurasiatico.
Il contesto globale rende tutto più urgente. Come ha sottolineato il ministro indiano Jaishankar, i conflitti in Ucraina e Medio Oriente, la crisi delle catene di approvvigionamento e la militarizzazione dell’economia globale (con dazi, controlli all’export e guerre digitali) impongono nuove rotte, nuovi partner, nuovi codici. L’Italia, con questa apertura a Est, prova a trasformare l’India da semplice mercato in alleato politico.
Resta da vedere quanto spazio Roma potrà davvero conquistare in un’arena dove a dettare il ritmo sono i giganti, Cina, Stati Uniti, e la stessa UE. Ma il messaggio è chiaro: nell’epoca del disaccoppiamento e della competizione sistemica, chi resta fermo sparisce. L’Italia prova a muoversi, e l’India è il compagno scelto per questa corsa