Iran. Asse con Beirut: Araghchi in visita, ‘neghiamo ogni ingerenza’

di Giuseppe Gagliano

Nel Levante in fiamme, tra i raid israeliani che non conoscono tregua e il rischio costante di un’escalation regionale, si muove silenzioso ma determinato il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi. Il suo arrivo a Beirut, il primo dopo l’insediamento del presidente libanese Joseph Aoun, non è una visita di cortesia, ma un messaggio politico chiaro. Teheran intende rafforzare la sua influenza in Libano proprio mentre il Paese cede alle pressioni per disarmare Hezbollah, il più potente attore non statale della regione, e longa manus dell’Iran al confine settentrionale di Israele.
Ufficialmente Araghchi nega ogni ingerenza: “rispettiamo la sovranità del Libano”, ha detto ai giornalisti all’aeroporto Rafic Hariri. Ma in parallelo rivendica il sostegno militare, economico e politico a Hezbollah, definendolo un diritto e una forma legittima di “solidarietà regionale” contro le aggressioni di Tel Aviv. Una formula che maschera la strategia reale: impedire a Israele di consolidare il controllo militare diretto sul sud del Libano, proprio mentre Gaza brucia e la Siria continua a subire bombardamenti.
Dietro l’apparente diplomazia si cela l’architettura operativa di un conflitto a bassa intensità. L’Iran fornisce a Hezbollah tra i 700 milioni e 1 miliardo di dollari l’anno. Il gruppo dispone di droni, missili a lunga gittata e milizie addestrate in Iran, con una rete logistica e sociale che lo rende uno Stato nello Stato. A ciò si aggiunge il sostegno ideologico e militare agli Houthi nel Mar Rosso, definiti da Araghchi come “resistenza marittima contro le navi israeliane”.
Il viaggio del ministro si inserisce anche nel contesto della ripresa — difficile e fragile — dei negoziati nucleari con Washington. Araghchi ha ribadito che non ci sarà nessun accordo se l’obiettivo americano sarà “svuotare l’Iran del suo diritto alla tecnologia nucleare”. Ha definito “pacifico e trasparente” il programma nucleare iraniano, ma dietro queste parole c’è una minaccia implicita: o ci riconoscete come potenza, o ci prepariamo alla rottura.
In parallelo Beirut è tornata al centro della partita strategica. Il nuovo governo ha promesso di riportare sotto controllo tutte le armi presenti nel Paese, ma l’obiettivo appare lontano. Le tensioni con Israele continuano, i raid si moltiplicano, e Teheran riafferma il suo sostegno: non come sponsor esterno, ma come garante armato della sopravvivenza politica del Libano sciita.