Iran: ci vado da tre anni, la scelta non può essere l’Arabia Saudita

di Enzo Raisi * –

Sono tre anni che per lavoro vado in Iran una volta al mese, penso di conoscere abbastanza bene la situazione reale di quel paese anche perché il mio lavoro mi ha consentito di incontrare e confrontarmi con tutte le realtà della società iraniana, dalla politica, al mondo imprenditoriale alla semplice gente della strada. Leggo tante sciocchezze e pregiudizi che mi corre l’obbligo di precisare alcune questioni. Ovviamente non amo il regime clericale iraniano ed essendo da sempre un sostenitore di Israele non apprezzo che gli iraniani armino gli Hezbollah che dal Libano continuano a minacciare di cancellare Israele. Detto ciò vanno comprese alcune cose altrimenti si fa solo confusione.
In Iran è in atto da alcuni anni un cambiamento sancito anche dalle ultime elezioni, dove è stato sconfitto pesantemente il candidato dei pasdaran e degli ayatollah, a favore del candidato riformatore Rohani. Il voto popolare, con code davanti ai seggi ha parlato chiaro, il popolo iraniano vuole cambiare pagina, vuole la pace, vuole aprire all’occidente in particolare non vuole la guerra.
Certo non si cambia un regime come quello dalla sera alla mattina e le resistenze interne saranno fortissime perché polizia, esercito e giustizia rimangono ancora nelle mani dei conservatori, ma il popolo coraggiosamente ha mandato un segnale chiaro, che non ha lasciato dubbi con un voto schiacciante a favore di Rohani e una massiccia partecipazione alle elezioni.
Ora gli scenari sono due. O aiutiamo il popolo iraniano in questa fase di grandi cambiamenti a portarlo verso il cammino di una democrazia completa, all’apertura con l’occidente in una condizione di pace o torniamo ad uno stato conflittuale come vuole Donald Trump, sostenendo i paesi sunniti che finanziano e armano i terroristi dell’Isis e dando a loro la più grande commessa di armi mai fatta dagli Usa, che non a caso stanno colpendo duramente l’Europa, e dando così fiato ai pasdaran e al regime che grazie ad una eventuale guerra troverebbero la scusa per fermare le riforme e chiamare tutti a raccolta in nome della difesa della Patria.
Vogliamo stare con l’Arabia Saudita, ossia con il paese in cui vige la corrente più estremista del mondo mussulmano, i wahabiti, che stanno finanziando tutte le grandi moschee in Europa e l’Isis? L’Arabia Saudita, paese in cui il popolo, non la famiglia reale, ci odia, e chi è stato in Arabia Saudita sa bene cosa sto dicendo, dove un cristiano non può neanche mostrare una croce, avere un luogo dove pregare o dove le donne neanche possono guidare l’auto e un estraneo non può rivolgerle neanche la parola?
In Iran ci sono luoghi di culto di tutte le religioni, perfino una comunità di 50mila ebrei che ha anche un rappresentante in parlamento e le donne non solo guidano l’auto, possono votare; non ho mai incontrato tante donne manager come in Iran. Perché, non è vero che tutto il mondo mussulmano è uguale, e non capire questo ci fa commettere molti errori. Certo rimangono molti problemi in Iran, la forte relazione con gli hezebollah che minacciano Israele, un regime che comunque rimane religioso e che priva le persone di alcune libertà, ma se non diamo fiducia al popolo iraniano che coraggiosamente ha votato per il cambiamento l’alternativa è il ritorno dei pasdaran, di Ahmadinejad e dei suoi amici, il loro rafforzamento e quindi la guerra. Tutto ciò a favore dell’Arabia Saudita, paese medievale il cui popolo, lo ribadisco, odia la cultura occidentale e i suoi valori, e dei loro amici dell’Isis. Se non capiamo questo contesto cadiamo nel tranello della propaganda di chi vuole la guerra per ben altri scopi. Ad esempio in Iran le imprese europee stanno facendo importanti affari togliendo spazio ai cinesi che grazie alle sanzioni hanno guadagnato di tutto e di più… ed ovviamente gli americani non fanno affari. Volevate alcune delle ragioni per capire perché Trump ha scelto l’Arabia Saudita e non l’Iran, questa è una.

* Già deputato, è imprenditore ed esperto in marketing e commercio internazionale.