Iran. Francia, Gb e Germania chiedono di non rispondere a Israele. Kanaani, ‘impudenti’

Tuttavia è interesse anche dell'Iran non trasformare il conflitto in una guerra regionale.

di Giuseppe Gagliano –

I governi di Francia, Germania e Regno Unito hanno chiesto alla Repubblica Islamica dell’Iran di non rispondere all’assassinio, avvenuto nei pressi di Teheran lo scorso 31 luglio, del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh ad opera dell’intelligence israeliana. Questo al fine di prevenire un’ulteriore escalation che potrebbe destabilizzare l’intera regione. L’Iran ha promesso infatti una risposta severa, e la sua possibile cooperazione con Hezbollah e altri alleati nella regione aumenta il rischio di un conflitto su larga scala. Alla richiesta dei tre paesi europei ha risposto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanaani, il quale ha potuto solo constatare che “mancano di logica politica e contraddicono i principi del diritto internazionale”. Anche perché, ha osservato Kanaani, “se non vi sono vengono considerati i crimini del regime sionista, tale richiesta viene fatta in modo impudente, dal momento che viene chiesto all’Iran di non rispondere a una violazione della sua sovranità e integrità del territorio”.
In realtà sono ormai passate due settimane dall’omicidio di Haniyeh e, al di là dei proclami roboanti, l’Iran sembra mostrare interesse a vedere cosa scaturirà dai colloqui di ferragosto tra Hamas e Israele, mediati da Usa, Qatar e Egitto, in particolare se vi sarà l’auspicassimo cessate-il-fuoco a Gaza.
La diplomazia internazionale, compresa quella degli Stati Uniti e dei paesi occidentali, è focalizzata infatti nel tentativo di disinnescare la crisi, ma le incertezze rimangono alte. L’Iran, pur mantenendo una posizione ferma contro Israele, potrebbe essere interessato a evitare una guerra totale, preferendo azioni simboliche che rafforzino la sua influenza regionale senza scatenare una risposta militare massiccia da parte di Israele e dei suoi alleati. In questo contesto la determinazione di Israele a difendere i propri interessi e la sua capacità di risposta militare rappresentano un fattore cruciale nella gestione della crisi. Il rischio di un conflitto su larga scala è reale, ma esiste anche la possibilità che la diplomazia riesca a contenere la situazione, almeno temporaneamente. La regione è quindi in bilico, con il futuro immediato che dipenderà molto dagli sviluppi dei colloqui, dopo 10 mesi di guerra e oltre 40mila morti di cui un terzo bambini.