Iran. Gli Usa, un gigante dai piedi di argilla?

di Giuseppe Gagliano

Il ministro del petrolio iraniano Bijan Namdar Zanganeh ha dichiarato qualche giorno fa che alcune delle principali compagnie statali petrolifere iraniane fra cui la Pars Oil & Gas Company e la PetroPars, hanno firmato una accordo del valore di 440 milioni di dollari per sviluppare il giacimento di gas Balal, situato a 90 chilometri dall’isola di Lavan. Lo scopo di questo accordo è quello di arrivare a una produzione di 14 – 15 milioni di metri cubi di gas al giorno per un periodo di 34 mesi.
Dal punto di vista strettamente geopolitico questo accordo dimostra, almeno fino allo stato attuale, il fallimento delle scelte politiche poste in essere dall’amministrazione americana per contrastare la proiezione di potenza iraniana sullo scacchiere mediorientale. Infatti questo accordo si è concretizzato nonostante le sanzioni americane nei confronti dell’Iran. Inoltre l’uso dello stretto di Hormuz come strumento di deterrenza nei confronti degli Stati Uniti ha dimostrato fino a questo momento di essere efficace, come pure le numerose minacce e i numerosi avvertimenti di ritorsioni anche di natura militare da parte americana per l’arricchimento dell’uranio non solo non hanno sortito alcun effetto fino a questo momento, ma hanno al contrario indotto l’Iran ad arricchirlo aumentando il livello al di sopra del 3,67%; la cosa era stata annunciata a luglio dal portavoce del governo Ali Rabiei in una conferenza stampa congiunta con il viceministro degli Esteri Abbas Araghchi e con il portavoce dell’Organizzazione dell’energia atomica iraniana (AEOI), Behrouz Kamalvandi.
Anche ammettendo che l’attacco del 14 settembre ai pozzi petroliferi sauditi sia stato voluto e organizzato dall’Iran, un’eventuale risposta militare americana andrebbe concordata con l’Arabia Saudita e vedrebbe il coinvolgimento certamente anche di Israele. Una scelta di tale natura appare inverosimile visto le implicazioni che potrebbe avere non solo nello scacchiere mediorientale ma a livello globale. Anche nel caso di una risposta militare limitata da parte americana e dei suoi alleati sarebbe molto arduo contenere un’escalation. In conclusione, fino a questo momento la politica americana nei confronti dell’Iran volta ridimensionarne il ruolo a livello geopolitico si sta rivelando un fallimento come dimostrato dal fatto che l’ayatollah Ali Khamenei, ha rifiutato qualsiasi colloquio con la controparte americana. Il tutto al netto di un passaggio al Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove la Cina, paese con diritto di veto, ha già fatto sapere la sua contrarietà ad una risposta armata proprio degli Usa.