di Giuseppe Gagliano –
Il consigliere per la sicurezza nazionale iracheno Qasim al-Araji si è recato a Teheran in missione diplomatica, avvenuta il 10 novembre 2024 per discutere della complessa situazione geopolitica che si presenta con il ritorno di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti. La figura di Qasim al-Araji, noto per i suoi legami con Teheran e per il ruolo chiave nel panorama politico iracheno, rappresenta un ponte strategico tra le due nazioni. Il suo incontro con il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi riflette l’importanza di coordinare le agende politiche e di sicurezza in una fase di transizione critica.
La visita di al-Araji a Teheran appare mirata a consolidare un equilibrio delicato tra l’influenza iraniana in Iraq e la necessità di preservare rapporti stabili con gli Stati Uniti. Questo impegno è particolarmente rilevante alla luce delle politiche dichiaratamente ostili verso l’Iran che Donald Trump ha adottato durante il suo precedente mandato e che promette di ripristinare. Teheran, consapevole delle potenziali minacce che il ritorno di Trump potrebbe comportare, sta rafforzando la propria rete diplomatica nella regione, cercando al contempo di mitigare le possibili ricadute economiche e strategiche derivanti da nuove sanzioni o escalation militari.
Il viaggio del consigliere iracheno si inserisce anche in un contesto più ampio di rivalità geopolitiche, in cui l’Iraq si trova spesso costretto a bilanciare le pressioni contrapposte di Washington e Teheran. Sebbene l’Iraq abbia ufficialmente dichiarato una politica di neutralità, i legami storici, culturali ed economici con l’Iran rendono complesso mantenere un distacco reale. Allo stesso tempo, la presenza militare statunitense nel paese e gli interessi strategici degli Stati Uniti nella regione impongono a Baghdad un approccio diplomatico estremamente cauto e calibrato.
Uno degli obiettivi principali della missione di al-Araji sembra essere stato quello di garantire il sostegno iraniano alla stabilità dell’Iraq durante la transizione presidenziale negli Stati Uniti. L’Iran ha infatti un’influenza significativa su numerose milizie irachene che, se non gestite adeguatamente, potrebbero rappresentare una minaccia sia per la stabilità interna dell’Iraq sia per gli interessi statunitensi nella regione. Al-Araji ha probabilmente discusso con i leader iraniani strategie per mantenere sotto controllo questi gruppi armati, evitando che possano sfruttare il vuoto di potere derivante dal cambiamento di leadership a Washington.
Il dialogo tra al-Araji e Araghchi ha inoltre toccato questioni di sicurezza regionale più ampie, come il ruolo crescente della Cina e della Russia nel Medio Oriente e la possibilità di sviluppare nuovi partenariati strategici per contrastare l’influenza statunitense. L’Iran sta cercando di diversificare le proprie alleanze economiche e politiche, mentre l’Iraq sta valutando come inserirsi in questo nuovo ordine regionale senza alienarsi il sostegno occidentale. Teheran vede Baghdad non solo come un partner strategico ma anche come una zona cuscinetto fondamentale per proteggere i propri confini e preservare l’influenza nel Golfo.
Un altro tema cruciale affrontato durante l’incontro è stato quello delle sanzioni statunitensi contro l’Iran. Il ritorno di Trump potrebbe significare una reintroduzione delle sanzioni più severe che hanno colpito duramente l’economia iraniana durante il suo primo mandato. In questo contesto, l’Iraq gioca un ruolo fondamentale come canale economico e logistico per Teheran, che potrebbe utilizzare il paese vicino per aggirare alcune delle restrizioni imposte da Washington. Tuttavia, questa strategia potrebbe mettere Baghdad in una posizione difficile, esponendola a pressioni e ritorsioni da parte degli Stati Uniti.
L’incontro tra Qasim al-Araji e Abbas Araghchi rappresenta dunque un momento di riflessione strategica per entrambe le nazioni. Da un lato, l’Iraq cerca di consolidare la propria autonomia e stabilità interna mentre affronta le pressioni esterne delle due superpotenze. Dall’altro, l’Iran mira a rafforzare le proprie alleanze regionali per contrastare le minacce imminenti e mantenere una posizione dominante nel Medio Oriente. Questo dialogo evidenzia la complessità delle dinamiche geopolitiche in una regione che rimane un campo di battaglia tra interessi contrapposti, dove ogni mossa diplomatica ha implicazioni profonde per l’intero equilibrio globale.