Iraq. Proteste contro la corruzione e il caro vita, oltre 100 i morti

Al-Sadr chiede elezioni anticipate.

di Enrico Oliari

Continua ad aggravarsi la situazione in Iraq, dove da giorni sono in corso asperrime proteste antigovernative contro il caro vita, la corruzione dilagante e la mancanza di lavoro. Il bilancio delle vittime dovute agli scontri con la polizia ed alla repressione è di un centinaio di morti di cui una decina di agenti, e scontri sono registrati un po’ ovunque, dalla centralissima piazza Tahrir di Baghdad a Nassiriya, da Hillah a Najaf. A Diwaniya la polizia ha ammesso di aver sparato a tre manifestanti che cercavano di entrare nella sede del governatorato, ma la Reuters ha riportato testimonianze secondo cui gli agenti hanno sparato sui manifestanti un po’ ovunque, molti dei quali uccisi con colpi alla testa. Migliaia i feriti.
La protesta ha preso il via una settimana fa dopo un tam tam sui social, e da ieri il governo ha disposto la sospensione della rete internet al fine di contrastare la comunicazione fra i gruppi dei manifestanti. La protesta sembra tuttavia incontrollabile, e la rappresentante speciale delle Nazioni Unite per l’Iraq, Jeanine Hennis-Plasschaert, ha espresso preoccupazione per le violenze, ed in una nota ha fatto sapere il suo “profondo rammarico per le vittime sia tra i manifestanti che delle forze di sicurezza”.
L’Iraq paga la disastrosa invasione americana del 2003 per armi di distruzione di massa inesistenti, cosa appurata dalla stessa amministrazione statunitense, ma soprattutto l’aver rimosso un’intera classe dirigente fatta di milioni fra funzionari, ufficiali militari e imprenditori mettendoli al margine della società, cosa che ha portato alla nascita dell’Isis, in quanto occasione di riacquisire il proprio ruolo sociale, e al governo politici incapaci di tenere testa ai problemi, basti pensare che in un paese che galleggia sul petrolio il prezzo dei carburanti alla pompa è proibitivo.
Nella giornata in cui il parlamento si sarebbe dovuto riunire per decidere un taglio degli stipendi dei parlamentari del 5% a sostegno dei disoccupati, il premier sciita Adel Abdul Mahdi ha affermato in diretta televisiva di “non avere la bacchetta magica”, ma è certo che il suo governo sta traballando a neanche un anno dall’entrata in funzione, specie ora che il leader sciita Moqtada Sadr, il cui Movimento Sadrista partecipa alla maggioranza con 32 deputati, ha preteso le dimissioni del premier e del governo “al fine di evitare ulteriori spargimenti di sangue iracheno”. Ha quindi chiesto “elezioni anticipate da tenersi sotto la supervisione delle Nazioni Unite”.
Più morbido Alì al-Sistani, massima autorità sciita, che ha invitato le autorità ad ascoltare le ragioni dei manifestanti e il governo a scegliere la strada delle riforme politiche ed economiche e non quella della repressione.