Israele. Il dramma dei detenuti palestinesi

di Alessandro C. Mauceri

Nei giorni scorsi i media hanno dedicato grande spazio ai quattro ostaggi di Hamas liberati con un blitz costato la vita a 300 civili. Gli ostaggi sono apparsi subito in buone condizioni, segno che durante i lunghi mesi di prigionia sono stati trattati bene.
Diverso il trattamento riservato da Israele ai detenuti palestinesi. Dopo il 7 ottobre gli israeliani avrebbero arrestato almeno 5mila palestinesi, soprattutto uomini, ma anche donne. Molti di loro sono tenuti (il termine detenuti in questo caso è inappropriato) in vari centri di detenzioni e basi militari, come Sde Teiman e Holot, spesso nel Neghev. Tra loro ci sono certamente alcuni combattenti di Hamas e di altre formazioni armate. Ma moltissimi sono persone comuni, che non hanno nulla a che vedere con il 7 ottobre o con i combattimenti contro le forze israeliane. Persone spesso catturate e portate via senza alcuna denuncia e senza alcuna accusa. Di loro spesso non si è saputo nulla per settimane o mesi. A denunciare quella che è una grave violazione dei diritti umani alcune ONHG (Acri, Gisha, HaMoked, Medici per i Diritti Umani e il Comitato contro la tortura).
In una lettera inviata alla procura generale militare, queste associazioni hanno chiesto l’immediata chiusura di Sde Teiman, dove si registrano gli abusi più brutali, sottolineano, e il trasferimento dei detenuti in strutture conformi alle condizioni previste almeno dalla legge israeliana. In questi mesi sono girati filmati di palestinesi in mutande, ammanettati e bendati, presi in scuole, rifugi, abitazioni civili. Alla fine di febbraio, un comitato etico medico israeliano ad hoc ha visitato il complesso medico allestito in Israele per i detenuti di Gaza, su richiesta del personale del complesso stesso. Il comitato era composto da rappresentanti del Ministero della Salute, del comitato etico dell’Associazione medica israeliana e dai direttori di ospedali. Ma non era cambiato nulla.
A presentare un report su tutto questo è stata anche la CNN.
Nel deserto israeliano del Negev sorge una ex base militare ora adibita a centro di detenzione. I prigionieri sono ammassati in recinti e aree recintate da filo spinato. Stanno sempre bendati. Secondo la testimonianza di due israeliani che hanno anche scattato qualche foto, nell’aria c’è un fetore irrespirabile causato dagli escrementi: ai prigionieri non è permesso andare in bagno, quindi, viene loro messo una sorta di pannolone. Interpellate dai giornalisti della CNN, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno risposto che in questi luoghi “l’IDF assicura una condotta corretta nei confronti dei detenuti in custodia. Qualsiasi accusa di cattiva condotta da parte dei soldati dell’IDF viene esaminata e trattata di conseguenza. Nei casi appropriati, le indagini dell’MPCID (Military Police Criminal Investigation’s Division) vengono aperte quando c’è il sospetto di cattiva condotta che giustifichi tale azione”.
Le fonti della CNN parlano di persone “spogliate di tutto ciò che assomiglia agli esseri umani”. Uno di loro che ha lavorato come medico presso l’infermeria della struttura ha dichiarato che i prigionieri non vengono picchiati per raccogliere informazioni (come pare avvenga in altre prigioni oltre oceano gestite da paladini della democrazia e dei diritti umani), “sono state fatte per vendetta”. “È la punizione per quello che loro (i palestinesi) hanno fatto il 7 ottobre e una punizione per il comportamento nel campo”. Secondo la CNN, alle guardie è stato detto di “urlare uskot” – zitti in arabo – e gli è stato detto di “scegliere le persone che erano problematiche e punirle”.
Di abusi a Sde Teiman avevano parlato anche i media israeliani (oltre a quelli arabi) dopo una protesta da parte di gruppi per i diritti israeliani e palestinesi. Ma questa rara testimonianza di israeliani che lavorano nella struttura getta ulteriore luce sulla condotta di Israele mentre conduce la guerra a Gaza, con nuove accuse di maltrattamenti. E fa sorgere seri dubbi sulle ripetute affermazioni del governo israeliano di agire in conformità con le norme del diritto internazionale umanitario sottoscritte e accettate.
La CNN ha chiesto il permesso all’esercito israeliano di visitare la base di Sde Teiman. Il mese scorso, una troupe della CNN ha registrato una protesta fuori dal cancello principale inscenata da attivisti israeliani che chiedevano la chiusura della struttura. Le forze di sicurezza israeliane hanno interrogato i reporter della CNN, chiedendo di vedere i filmati girati. Israele spesso sottopone i reporter, anche stranieri, alla censura militare in materia di sicurezza.
Negli ultimi mesi le autorità israeliane hanno riconosciuto di aver parzialmente convertito diverse strutture militari (pare almeno tre) in campi di detenzione per detenuti palestinesi di Gaza. Strutture come Sde Teiman nel deserto del Negev. O come le basi militari di Anatot e Ofer nella Cisgiordania occupata. Questi campi fanno parte del sistema di risposta degli israeliana ai combattenti illegali, regolamentati da una legge emendata approvata dalla Knesset lo scorso dicembre e che ha ampliato l’autorità dell’esercito di detenere sospetti militanti (sembra di leggere le leggi vigenti negli USA dopo l’attacco alle torri gemelle).
Norme che autorizzano l’uso di sistemi di detenzione che violano palesemente ogni diritto umano. Tutti i pazienti dell’infermeria di Sde Teiman “sono ammanettati con tutti e quattro gli arti, indipendentemente da quanto siano ritenuti pericolosi”, ha dichiarato un medico. E ad alcuni proprio per questo trattamento sarebbero stati amputati gli arti.
Anche l’UNRWA (ora è chiaro perché tanta ostilità di Israele nei confronti di questo organismo delle Nazioni Unite) ha denunciato questo stato di cose includendo le testimonianze di oltre 100 ex prigionieri nelle quali si parla di detenuti chiusi in recinti all’aperto, con il divieto di muoversi o parlare, vittime di ogni forma di violenza. Secondo un’inchiesta svolta dalla giornalista Hagar Shezaf di Haaretz, a inizio marzo erano già 27 i detenuti morti in questi siti di detenzione.
Un trattamento ben diverso da quello riservato dai “terroristi” di Hamas agli ostaggi israeliani liberati nei giorni scorsi.