Israele. Katz minaccia gli Houthi, ma ‘se gli Usa trattano con l’Iran, siamo soli’

di Giuseppe Gagliano

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz non usa mezzi termini: Iran e Houthi sono nel mirino, e le Forze di Difesa Israeliane (IDF) sono pronte a colpire con “pesanti attacchi militari”. Le parole arrivano come un tuono dopo un missile Houthi che ha centrato l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv il 4 maggio, seminando panico e ferendo sei persone. Ma dietro la retorica bellicosa di Katz si nasconde un groviglio di tensioni geopolitiche che rischiano di incendiare il Medio Oriente.
Katz non si limita a puntare il dito contro gli Houthi, i ribelli yemeniti che dal 2023 tormentano Israele con droni e missili, spesso intercettati. Il vero bersaglio è Teheran, accusata di finanziare e armare il gruppo sciita Ansar Allah. “Quello che abbiamo fatto a Hezbollah a Beirut, a Hamas a Gaza, ad Assad a Damasco e agli Houthi in Yemen, lo faremo anche a voi a Teheran”, ha dichiarato il ministro, evocando i successi militari israeliani contro i proxy iraniani. Un monito che suona come una dichiarazione di guerra, ma che nasconde una realtà più complessa: Israele, a oltre 3.200 chilometri dallo Yemen, ha capacità limitate per colpire direttamente gli Houthi senza il supporto statunitense.
Le minacce di Katz arrivano in un momento di sorpresa e frustrazione per Gerusalemme. Il 6 maggio, il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato un cessate il fuoco con gli Houthi, un accordo che ha colto di sorpresa Israele. Secondo fonti vicine al governo, il patto, che prevede la fine degli attacchi Houthi contro navi americane nel Mar Rosso in cambio di una pausa nei bombardamenti Usa, non include garanzie per Israele. “La notizia è stata accolta con stupore”, ha confidato un funzionario israeliano, mentre sui social si levano voci di preoccupazione: “Gli Usa ci lasciano soli?”, si chiede un utente su X. Il senatore Lindsey Graham, fedelissimo di Trump, ha rincarato la dose: “Senza l’Iran, gli Houthi non avrebbero nulla. Israele, fate quello che dovete fare”. Un invito a colpire Teheran, magari i suoi impianti petroliferi, che suona come un via libera politico ma lascia Israele in una posizione delicata.
Le rappresaglie israeliane non si sono fatte attendere. Dopo l’attacco al Ben Gurion, l’IDF ha condotto due giorni di raid contro infrastrutture Houthi, distruggendo l’aeroporto di Sanaa, il porto di Hodeida e una fabbrica di cemento. Gli Houthi però non si piegano: il 7 maggio, un loro missile è caduto fuori dal territorio israeliano, e un drone, forse yemenita, è stato abbattuto. “L’escalation continuerà finché Israele non fermerà i suoi attacchi a Gaza”, ha dichiarato Muhammad al-Bahiti, alto funzionario Houthi, in un’intervista ad Al Araby. Una promessa che trova eco nelle piazze yemenite, dove migliaia di manifestanti anti-israeliani hanno sentito il rombo dei jet di Tel Aviv durante le proteste settimanali.
Sul fronte iraniano la situazione è altrettanto tesa. Teheran nega di controllare direttamente gli Houthi, ma le sue forniture di armi e finanziamenti sono un segreto di Pulcinella. I colloqui nucleari tra Washington e l’Iran, che preoccupano Israele, potrebbero limitare le opzioni militari di Gerusalemme. “Se gli Usa trattano con Teheran, siamo soli”, ha twittato un analista israeliano, riflettendo un sentimento diffuso. Katz, però, non sembra intenzionato a fare passi indietro: “Israele deve difendersi da sola”, ha ribadito, sottolineando la prontezza delle IDF per “qualsiasi missione”.
In questo scacchiere infuocato, ogni mossa è un rischio. Gli Houthi, forti del sostegno popolare e della distanza geografica, non temono le rappresaglie. L’Iran, sotto pressione interna e internazionale, potrebbe scegliere di escalare o di giocare la carta della diplomazia. Israele si trova a bilanciare la necessità di sicurezza con il pericolo di aprire un nuovo fronte in una regione già sull’orlo del collasso. Le parole di Katz sono un ruggito, ma il silenzio che segue potrebbe essere assordante. In Medio Oriente, il confine tra minaccia e azione è sempre più sottile, e il mondo trattiene il fiato.