
di Daniela Binello –
Mentre proseguono i bombardamenti israeliani innanzitutto per far cadere nel caos più totale l’intero Iran, spingendo la popolazione iraniana verso una rivoluzione civile fra chi aspira a un rovesciamento del regime degli ayatollah e chi, per varie ragioni, ancora lo sostiene, viene fuori la proposta di Trump di coinvolgere Putin in veste di mediatore di pace fra Iran e Israele. Il presidente americano ha dichiarato a tal proposito, ai giornalisti ammessi sul volo dell’Air Force One in ritorno dal Canada, che “Stiamo guardando a qualcosa di meglio di un cessate il fuoco”.
Bisogna dire che la Russia è ormai l’unico vero alleato strategico su cui l’Iran possa ancora contare. Allo stesso tempo però, anche se può apparire paradossale, per Israele l’Iran è il nemico numero uno, così come la Russia lo è per l’Ucraina. Ma la Federazione Russa è tutt’altro che un nemico di Israele. Sono i doppi binari della politica estera che, per questo motivo, è una materia intricatissima, dove le sviste si nascondono nei dettagli.
Nello scenario che stiamo valutando, sappiamo che la Russia lancia contro l’Ucraina i droni prodotti dagli iraniani e sappiamo che Israele non ha espresso condanne contro Mosca per avere invaso l’Ucraina nel 2022 e più recentemente, nello scorso febbraio, Israele ha votato contro la risoluzione Onu di condanna della Russia (analogamente alla posizione degli Stati Uniti).
Nel pragmatico mondo della real politik, Russia e Israele sono paesi legati da diverse evidenze, non ultimo il fatto che gli odierni ebrei russi discendono da quella folta generazione che nasceva nell’impero zarista. Golda Meir era nata in Bielorussia. Erano ebrei russi i genitori di Ariel Sharon, Moshe Dayan, Yitzhak Rabin, Avigdor Lieberman e anche quelli dell’attuale primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. E così via, fino a quando, con le aperture di Gorbaciov e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, un milione di ebrei russi emigrò in Israele, dando vita, almeno per una buona parte di loro, a imprese di successo, in primis nel campo dell’alta tecnologia, compreso quello che chiamiamo oggi dual use per entrambi i settori del civile e della difesa.
Basti pensare che il secondo uomo più ricco di Israele è Roman Abramovich, oligarca di origini russe, con interessi nel mondo del gas e del petrolio, ma che a causa della sua vicinanza a Putin ha dovuto dimettersi forzatamente dalla presidenza del club britannico del Chelsea.
Per non dire poi che le spiagge e il mare di Tel Aviv sono una delle mete turistiche più gettonate dei russi, ebrei e non ebrei, dato che possono raggiungere Israele con comodi voli di linea senza ostacoli e la lingua russa è parlata da molti israeliani che lavorano nel turismo.
Su poco più di 7 milioni di ebrei che vivono in Israele, circa 1,3 milioni di persone parlano il russo come lingua madre, rappresentando il 15 per cento della popolazione totale (che fra ebrei e non ebrei in Israele non raggiunge i 10 milioni). Di questi, circa 900mila sono ebrei riconosciuti secondo la Halakhà (legge ebraica), mentre per il restante si tratta di cittadini con almeno uno dei nonni ebreo e che quindi possono essere considerati ebrei secondo la legge del ritorno israeliana, ma non secondo la Halakhà.
Molte di queste persone, infatti, sono nate da matrimoni misti, oppure discendono da famiglie di origine ebraica che si sono mescolate nel corso dei decenni.
Negli ultimi anni, l’immigrazione dalla Russia è aumentata notevolmente. A partire dal 2022, oltre 32mila russi hanno fatto l’aliyah (immigrazione in Israele), con un aumento del 400 per cento rispetto all’anno precedente. Nel 2023, circa 33mila nuovi immigrati provenivano dalla Russia, rappresentando il 73 per cento del totale degli immigrati in Israele.
Tutto ciò per dire che la comunità degli ebrei russi che vivono o frequentano Israele è significativamente importante, il che può spingere anche a ritenere che, fra loro, la maggior parte sia un sostenitore del governo israeliano. Ma bisogna anche ricordare che la Russia era il più importante alleato di Assad (che infatti ha trovato rifugio in Russia) e ne controllava lo spazio aereo, senza troppo interferire, nemmeno quando l’aviazione israeliana lo violava per colpire il traffico d’armi iraniane verso il Libano. E quando Israele abbattè per sbaglio un aereo russo, Mosca non reagì.
Perché, quindi, non dovrebbe essere affidato a Putin, secondo le semplificazioni elementari a cui ci sta abituando Trump, il ruolo di negoziatore di pace fra Iran e Israele?
Il governo israeliano, per una eventuale trattativa, pone la condizione che Teheran cessi gli attacchi contro Israele, anche se, come già detto, Israele bombarda l’Iran e incita la popolazione iraniana verso una rivoluzione civile, per uno scontro aperto fra le tante fazioni pro e contro il regime degli ayatollah. Con la scusa che così si metterebbe la parola fine anche al programma nucleare iraniano.