La battaglia di Daraa e il futuro della Siria

di Angelo Gambella

La guerra in Siria sembra entrare nella sua fase discendente con l’avvio dell’offensiva governativa a Daraa. Dall’inizio dell’anno le forze armate siriane hanno infatti recuperato quasi tutta la provincia di Hama e la parte est della provincia di Idlib, l’intera provincia di Homs e soprattutto le popolose sacche ribelli intorno a Damasco come il Goutha orientale e il campo di Yarmuk. Dal canto loro le forze curdo-arabe SDF continuano a spingere verso il confine iracheno attraverso le ultime aree dell’Isis ad est dell’Eufrate. Il cantone di Afrin, che fino a pochi mesi fa era autogestito dai curdi, è ora di fatto controllato dalla Turchia e dalle milizie arabe e turcomanne loro alleate.
Nel sud del paese è iniziata dieci giorni fa la lungamente attesa battaglia di Daraa. L’esercito siriano dopo avervi concentrato le unità di élite ed i veterani del conflitto ha iniziato a muovere verso la parte orientale del governatorato catturando rapidamente un certo di numero di località e costringendo le milizie ribelli a ripiegare verso la periferia di Daraa. Come fu per Aleppo infatti una parte della città, quella centrale e più popolosa, è controllata dal governo, mentre una porzione (parte meridionale e periferia) è ribelle.
Al secondo giorno di combattimento nell’area di Lajat molti miliziani hanno abbassato le armi ed aperto le porte delle cittadine all’esercito siriano. Ne è derivato un effetto a cascata, poiché diversi centri abitati hanno accettato la pace sulla base dell’accordo di riconciliazione nazionale offerto dal governo di Damasco: prime fra tutte le città di Ibta e Dael sull’autostrada Damasco – Daraa. In maniera sorprendente, ma solo per gli occidentali, il focolaio della rivolta siriana, il governatorato di Daraa, inizia a riconciliarsi con lo Stato.
Battaglie feroci sono state invece combattute a Busra al Hariri, Irak e Sawana, vinte dalle Forze Tigre dell’esercito arabo siriano e in queste ore a Tafas, ad ovest di Daraa, dove i miliziani hanno respinto il primo assalto governativo con un massiccio uso di missili controcarro.
Nell’est di Daraa invece quasi l’80% del territorio è tornato ai governativi. Anche la città di Bosra con il suo splendido teatro romano e l’antica cittadella ha aderito, secondo fonti locali, alla riconciliazione nazionale e la polizia militare russa è entrata nell’antico centro storico dove è stata issata la bandiera siriana. Tuttavia l’esercito non è ancora all’interno della città dove sono in corso negoziati più complessi che includono i restanti centri abitati del sud-est della provincia.
L’obiettivo principale della prima fase dell’offensiva governativa è la presa del valico di Nasib con la Giordania. I militari di Damasco sono ad una manciata di chilometri, ma l’operazione, divenuta a portata di mano dopo soli 10 giorni, potrebbe essere rallentata oltre che dalla resistenza dei ribelli e delle milizie fondamentaliste anche dall’eventuale ripensamento delle cittadine vicine come la stessa Nasib che non ha ancora aperto le porte ai governativi. Amman dal canto suo ha fatto più volte trapelare che la riapertura del valico è comune interesse strategico e commerciale, e che è auspicabile il controllo delle frontiere da parte delle autorità centrali.
Intanto civili in alto numero sono in fuga per sfuggire ai bombardamenti e agli scontri sul terreno verso il confine giordano e quello israeliano. Come rovescio della medaglia pochi giorni fa un convoglio di 500 siriani è rientrato dal Libano verso altre aree tornate governative. Le autorità chiedono ai profughi di guerra di rientrare in patria dopo la “liberazione della maggioranza delle aree che erano sotto controllo terrorista”, come riferisce una nota dell’agenzia ufficiale SANA. Sono sempre loro, gli incolpevoli civili, a pagare le conseguenza degli scontri armati.
Sarà più complicata la seconda fase dell’offensiva governativa verso Quneitra, ai limiti del Golan occupato. Israele ha espressamente chiesto a Damasco di non superare la linea di demarcazione e con l’intermediazione di russa di tenere lontani i paramilitari iraniani e filo iraniani. Poco più a sud di Quneitra, ai confini con Israele e la Giordania, operano gli uomini di una milizia leale allo Stato Islamico con i quali è improbabile l’usuale accordo di resa con trasferimento ad Idlib.
Proprio Idlib resta l’ultima incognita del conflitto. Dopo la recente presa dell’aeroporto di Abu Duhur i governativi mantengono nel mirino i pochi chilometri che li separano dall’enclave sciita di Fua e Kafaria ancora circondata dai ribelli. Difficile invece un assalto ad Idlib stessa poiché diversi posti di osservazione turchi separano truppe governative e milizie armate.
Gli accordi di riconciliazione tra le città del sud ed il governo siriano visti in queste ore sono l’anteprima dei prossimi accordi di pace fra Damasco e curdi. Una volta finita la battaglia di Daraa, se non ci saranno sorprese, la Siria sarà di fatto riunificata con le opportune garanzie per i curdi e gli arabi dell’est. Gli Stati Uniti restano il principale alleato curdo ma se Donald Trump manterrà la promessa di evacuare i militari americani, l’intesa con Damasco sarà l’unica soluzione per una pace duratura