di Riccardo Renzi * –
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha recentemente emesso una sentenza storica riguardante la Strage di Odessa, un tragico evento che ha segnato un punto di svolta nelle tensioni interne all’Ucraina nel 2014. La tragedia, avvenuta il 2 maggio 2014, ha visto la morte di almeno 42 persone, vittime di un incendio scoppiato nella Casa dei Sindacati di Odessa, un edificio che divenne il rifugio per i manifestanti filorussi, braccati dai sostenitori del governo filo-occidentale di Kiev. La sentenza ha condannato l’Ucraina per le gravi negligenze e omissioni delle autorità locali, in particolare della polizia e dei soccorsi, e ha riconosciuto le violazioni dei diritti umani da parte dello Stato ucraino.
Nel maggio del 2014, l’Ucraina si trovava nel mezzo di un conflitto interno scatenato dalle proteste di Euromaidan, che avevano portato alla destituzione del presidente filorusso Viktor Yanukovych. Questo cambiamento politico aveva generato un’ondata di tensioni tra i sostenitori del nuovo governo filo-occidentale, principalmente nelle regioni centrali e occidentali del paese, e le forze filorusse, che si opponevano a quanto stava accadendo a Kiev.
Odessa, una città portuale strategicamente importante, divenne uno dei principali focolai di conflitto. Il 2 maggio 2014, sostenitori di Maidan e manifestanti anti-Maidan si scontrarono violentemente per le strade della città. La situazione degenerò quando un gruppo di manifestanti anti-Maidan, sotto l’attacco degli ultranazionalisti pro-Maidan, cercò rifugio nella Casa dei Sindacati, un edificio che divenne simbolo della polarizzazione politica del paese. Qui, un incendio devastante uccise almeno 42 persone, molte delle quali per asfissia o ustioni, mentre altre morirono nel tentativo di fuggire, gettandosi dalle finestre dell’edificio.
La CEDU ha condannato l’Ucraina per violazioni gravi dei diritti umani, sancendo la responsabilità dello Stato per la negligenza nelle operazioni di prevenzione, soccorso e indagine. La Corte ha rilevato le seguenti gravi omissioni da parte delle autorità ucraine:
Mancata prevenzione della violenza: Le forze dell’ordine non avevano adottato misure adeguate per prevenire lo scoppio degli scontri, nonostante i chiari segnali di tensione crescente tra i gruppi in conflitto.
Inazione durante gli eventi: Nonostante la presenza della polizia sul posto, le forze di sicurezza non sono intervenute né per fermare la violenza né per prestare soccorso alle persone intrappolate nell’edificio in fiamme.
Ritardi nei soccorsi: I soccorsi sono arrivati con un ritardo di oltre 40 minuti, il che ha compromesso ulteriormente le possibilità di salvataggio per coloro che si trovavano intrappolati.
Indagini inadeguate: Le autorità ucraine non hanno condotto indagini efficaci sull’incidente, lasciando impuniti i responsabili dell’attacco incendiario e della violenza.
La CEDU ha inoltre stabilito che il ritardo nella consegna del corpo di una delle vittime ai familiari per la sepoltura costituiva una violazione dell’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha suscitato un ampio dibattito, non solo per le sue implicazioni legali, ma anche per il contesto politico che la circonda. La Strage di Odessa è vista da molti come un simbolo delle profonde divisioni politiche e sociali che hanno segnato l’Ucraina post-Maidan. La Corte ha sottolineato l’assenza di intervento delle forze dell’ordine, suggerendo una possibile complicità o almeno una grave inadeguatezza nell’affrontare la situazione. Alcuni osservatori ritengono che la sentenza sia anche un’accusa indiretta alle forze di polizia che, in quel momento, erano accusate di essere troppo vicine agli interessi della Russia, nonostante il conflitto interno tra i filorussi e i sostenitori di Maidan.
Inoltre, la sentenza della CEDU ha evocato anche il ruolo della Russia, accusata di aver alimentato la propaganda e le tensioni tra i gruppi di opposizione al governo ucraino. La Corte ha evidenziato che gli scontri di Odessa erano parte di una confluenza di fattori, tra cui il conflitto geopolitico che coinvolgeva Mosca e Kiev, e il supporto a vario titolo della Russia a gruppi filorussi nell’Ucraina orientale e meridionale.
La sentenza della CEDU ha forti implicazioni sia per la politica interna dell’Ucraina che per la sua posizione internazionale. In primo luogo, la condanna per negligenza delle autorità ucraine pone in evidenza la necessità di un ripensamento delle strategie di sicurezza e di gestione delle crisi. Il fallimento nel garantire la protezione delle vite umane e nel perseguire i responsabili della strage ha lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva, e ora l’Ucraina dovrà fare i conti con la sua reputazione internazionale e con la crescente pressione per riformare le sue istituzioni di giustizia.
In secondo luogo, la sentenza può essere vista come un ulteriore elemento nella complessa dinamica tra Ucraina e Russia, che continua a influenzare le relazioni bilaterali e le politiche europee. Sebbene la Corte non abbia esplicitamente accusato la Russia per il disastro di Odessa, le sue implicazioni geopolitiche sono chiare: la Russia continua a essere vista come un attore chiave nel conflitto ucraino, e le sue operazioni di propaganda e il suo supporto ai gruppi filorussi sono stati determinanti nel rafforzare la divisione interna dell’Ucraina.
La Strage di Odessa rimane uno dei capitoli più dolorosi della crisi ucraina e un simbolo delle violenze che hanno segnato la fine di un’era e l’inizio di un nuovo conflitto. La sentenza della CEDU, pur riconoscendo la gravità delle negligenze delle autorità ucraine, evidenzia anche la complessità della situazione e la dimensione politica che ha caratterizzato quell’evento tragico. Con il passare degli anni, il ricordo della Strage di Odessa continua a essere strumentalizzato, con posizioni politiche che influenzano l’interpretazione degli eventi. L’Europa, da parte sua, deve continuare a vigilare sulle violazioni dei diritti umani e garantire che le istituzioni ucraine possano affrontare le proprie responsabilità, così come le sfide poste dalla sua difficile e travagliata transizione politica.
* Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Menabò, Scholia, Notizie Geopolitiche e Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.