La Cina detiene 1.152 miliardi del debito USA. E lo Zio Sam scarica Tibet e Taiwan

di Enrico Oliari –

Dopo il rischio di default sfiorato dagli Stati Uniti, con tanto di crollo del Minnesota e perdita, stando all’agenzia di valutazione Standard and Poor’s, di una delle tre ‘A’, il mondo è stato percorso da una potente ondata di tensione che ha colpito in particolare i mercati dell’Europa USA-dipendente. Tuttavia non tutti i paesi si sono trovati sull’orlo di una crisi di nervi. Anzi, c’è stato pure chi ha pensato di ricavare un guadagno prima di tutto politico dalla destabilizzazione economica che ha colpito gli Stati Uniti: non si tratta tanto del Venezuela di Ugo Chavez, che proprio oggi ha annunciato la sua intenzione di ritirare le proprie riserve auree dall’America e dall’Europa, (800 milioni per USA e 4.500 miliardi per Gran Bretagna), quanto più della Cina, la quale, con il suo PIL al 9.5% e i 1.152 miliardi di debito USA, prima si è presa la libertà di ammonire Washington sulla tenuta dei conti, poi, durante un vertice tenutosi a Pechino fra il vicepresidente Xi Jinping e il vicepresidente americano Joe Biden, ha dettato nuove regole in materia geopolitica con particolare riferimento a Tibet ed a Taiwan.
Il politico USA, per risparmiare la figuraccia al presidente Obama che aveva accolto il 16 luglio scorso il Dalai Lama, è stato costretto a sobbarcarsi l’onere di annunciare Urbi et orbi, come ha riportato l’agenzia ufficiale Nuova Cina, che “gli Stati Uniti appoggiano fermamente la politica di una sola Cina”. Più ancora scioccante della questione tibetana è stata la dichiarazione relativa a Taiwan, di cui, ha riferito Biden, gli USA “non ne sosterranno l’indipendenza”.
Non riconosciuta da nessuno dei membri permanenti dell’ONU, la Repubblica di Cina (da non confondersi con la Repubblica Popolare Cinese) ha una popolazione di quasi 23 milioni di abitanti e detiene il 16esimo PIL mondiale, con 702.015 milioni di dollari USA.
Produce di tutto, dall’industria aerospaziale all’elettronica, alla chimica, ai macchinari e Pechino ha sempre manifestato la sua intenzione di procedere prima o poi all’inglobamento entro i suoi confini. C’è da sperare che la posizione americana non sia stato un ‘via libera’ all’annessione di Taiwan, poiché nell’area potrebbero spirare presto venti di guerra.