di Giuseppe Gagliano –
Si chiama “coalizione dei volenterosi”, ma assomiglia più a un club di disillusi. Riuniti a Bruxelles, i ministri della Difesa di una trentina di Paesi europei hanno discusso la creazione di una forza militare da inviare in Ucraina in caso di cessate-il-fuoco con la Russia. Non si tratta, dicono, di un’operazione di peacekeeping classica, ma di una “forza di rassicurazione”: un compromesso linguistico per non incrinare equilibri già fragili.
Il quadro però è tutt’altro che chiaro. Mancano definizioni sul mandato, sulle regole d’ingaggio, sulla dimensione della missione. E soprattutto manca l’elemento cruciale: la posizione degli Stati Uniti. Finora l’amministrazione Trump ha negato qualsiasi garanzia di supporto logistico o di intelligence, lasciando l’Europa a gestire da sola un possibile vuoto strategico sul fronte ucraino.
Francia e Regno Unito,, storici garanti dell’Ucraina sin dal Memorandum di Budapest, guidano l’iniziativa. Ma è evidente che senza il sostegno americano ogni piano rischia di trasformarsi in un esercizio teorico. Il ministro britannico Healey ha dichiarato che la missione non smilitarizzerà l’Ucraina, ma ne sosterrà la forza armata. Da Parigi il collega Lecornu ha ribadito che “la prima garanzia è l’esercito ucraino stesso”.
L’Ucraina dal canto suo è irremovibile: nessun compromesso sulla dimensione o la prontezza delle proprie forze. Una posizione ribadita dal vicecapo dello staff presidenziale Pavlo Palisa, che ha parlato apertamente di “linea rossa” nei negoziati con Mosca. Volodymyr Zelensky intanto spera in una tregua a tempo, sufficiente a rilanciare i colloqui e a mettere pressione su Vladimir Putin. Ma lo spettro del “conflitto congelato”, la formula diplomatica per dire “senza via d’uscita”, è sempre più presente.
Sul tavolo ci sono anche divergenze tra europei. Paesi come Svezia e Olanda chiedono chiarezza prima di impegnare truppe: chi comanda? Che regole valgono in caso di escalation? Che ruolo avrebbero eventuali missioni ONU? E se la Russia rifiutasse di riconoscere la legittimità di tale forza?
Mosca prevedibilmente ha già fatto sapere che l’invio di soldati stranieri senza mandato ONU sarebbe inaccettabile. Ma l’intransigenza di Putin, secondo le capitali europee, non deve servire da pretesto per l’inazione. L’obiettivo ora è dimostrare a Donald Trump, mediatore di un possibile accordo, che l’Europa è pronta a fare la propria parte. Anche se confusa, divisa e ancora dipendente dalla protezione americana.
Il giorno dopo l’incontro la NATO ha ospitato anche il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina. Ma l’impressione è che Bruxelles stia camminando su un filo sottile: tra il timore di abbandonare Kiev e quello di impegnarsi in uno scenario incontrollabile. Una pace imposta dall’esterno non è una pace vera. Ma una tregua senza strategia è solo una pausa tra due offensive.