La contesa delle isole Senkaku fra strategia militare e dinamiche economiche

Giovanni Caprara –

senkaku2Il sentimento nazionalista dei cinesi e dei giapponesi, si è tramutato in una contrapposizione fra le due Nazioni, ingenerando numerose manifestazioni a favore e sostegno dei rispettivi Governi sulla rivendicazione territoriale per le isole Senkaku, secondo l’idioma giapponese, o Diaoyutai per i cinesi. Un primo impatto negativo sulle dinamiche economiche, è nella chiusura di molte imprese giapponesi operanti in Cina: questo ha causato delle importanti ricadute finanziarie. Morfologicamente le Senkaku/Diaoyutai sono delle piccole porzioni di terra emersa disabitate: la più grande ha una dimensione di soli 4,3 chilometri quadrati. Sono ubicate a 120 miglia nautiche a nord-est di Taiwan, a 200 miglia ad est del continente cinese ed a sud, ad altrettanta distanza, si stende il Giappone, più esattamente l’isola di Okinawa. Ma la posizione geografica le rendono strategiche per il controllo delle rotte commerciali e militari verso il Mar Cinese Meridionale, dove transitano merci per un valore che si approssima ai 4.000 miliardi di euro all’anno. In particolare per gli Stati Uniti rappresentano il 23 per cento delle esportazione ed importazioni, fra queste i 1.900 miliardi di piedi cubici di gas e gli 11 miliardi di dollari del greggio. In tale quadro economico si sommano i giacimenti petroliferi dell’area oggetto della disputa, ma anche la pesca, la quale rappresenta un fattore basilare nelle dinamiche finanziarie del Giappone e Cina. La cosiddetta zona economica esclusiva rivendicata dai due Paesi, si estende per 200 miglia nautiche dalle rispettive coste, esattamente nell’area tra il Mar Cinese Orientale e Meridionale. Lo sfruttamento dei fondali marini, è dunque il vero oggetto del contendere, dove oltre agli idrocarburi è possibile estrarre oro, argento, rame, nichel e cobalto. L’utilizzazione delle risorse sottomarine, ha reso la Cina il maggior esportatore mondiale, con una quota pari al 98%. Dunque il controllo del piccolo arcipelago si traduce nel detenere lo sviluppo dell’Asia e l’ingresso nell’Oceano Pacifico. La storia racconta che la disputa Sino-Giapponese su queste isole, ha radici nel trattato di Shimonoseki dopo la sconfitta cinese nella guerra del 1894-95, le quali si sono ramificate all’8 settembre 1951, quando con il trattato di San Francisco si chiuse la seconda guerra mondiale, ma negli accordi fra USA, Giappone ed altri 47 paesi, le isole Senkaku-Diaoyutai non vennero menzionate perché ai partecipanti alla conferenza parve naturale, per la loro collocazione geografica, l’appartenenza al Giappone. Tale condizione non venne ratificata dalla Cina ed in seguito l’alleanza militare Stati Uniti-Giappone del 1960 e la scoperta dei giacimenti petroliferi nel 1969 divennero la base iniziale per una contesa politica. Nel tentativo di forzare uno stato di fatto che perdura dal 1895, la Cina ha imposto alle compagnie aeree commerciali di comunicare i piani di volo per il sorvolo del Mar Cinese Meridionale, dove è stata istituita una zona aerea di difesa ed identificazione, in termine tecnico ADIZ. La prima contromisura attuata è stata l’invio di due B-52, decollati dall’isola di Guam, che hanno attraversato lo spazio aereo controverso senza autorizzazione. La scelta del velivolo è un deterrente verso il governo di Pechino, in quanto dispone di una potenza di fuoco ragguardevole, benchè in questo caso il Governo statunitense abbia specificato che i due bombardieri fossero disarmati. L’azione dimostrativa è duplice: per confermare la continuità delle operazioni militari nella Regione e per rafforzare i rapporti di alleanza con il Giappone. I cinesi hanno risposto con un atto altrettanto emblematico inviando la portaerei Liaoning, scortata da due fregate ed altrettanti cacciatorpedinieri. La nave ammiraglia della flotta cinese, ristrutturata dopo l’acquisto dall’Ucraina, è salpata martedì 26 novembre dal porto di Qingdao per attraccare, tre giorni dopo, nella base di Sanya nella provincia dell’Hainan, nei pressi delle isole contese. La portaerei ed il suo gruppo da battaglia, si aggiunge alle otto motovedette già inviate in zona a presidiare le vie d’acqua da dove transitano anche i sommergibili nucleari. A destabilizzare una condizione già abbastanza critica, alle ore 15 GMT del 29 novembre, è stato disposto il decollo su allarme, in gergo aeronautico scramble, di due caccia F-15 giapponesi per intercettare due bombardieri strategici cinesi Xian H6, in avvicinamento alle Senkaku/Diaoyutai. Il buon senso ha prevalso ed i velivoli di Pechino sono stati richiamati da due Shaanxi Y8, aeromobili per l’avvistamento precoce, che sorvegliavano l’area. L’operazione di difesa dello spazio aereo giapponese è basata su un sistema di sorveglianza e controllo legittimato dal possesso formale del territorio. La posizione del Governo statunitense è sensibilizzare la Cina a contribuire in maniera positiva alla pace e per questo ha accondisceso a rispettare l’ADIZ in segno di distensione. Il Ministero della Difesa cinese, in risposta a tale atteggiamento, ha precisato che l’iniziativa è tesa alla protezione della sovranità territoriale ed alla sicurezza dell’aerea, dunque fondamentalmente diversa da una no-fly zone, dove vige la negazione per l’attraversamento di uno specifico spazio aereo. Inoltre gli Stati Uniti, per voce del Vicepresidente, hanno riaffermato i rapporti di collaborazione con il Giappone, sia in materia di libero scambio che militare, sottolineando l’apertura a nuove dinamiche economiche e ad una fattiva partecipazione ai meccanismi per la gestione della crisi. Il rischio maggiore in simili contese è l’aumento esponenziale di incidenti od errori di valutazione. Un aspetto valutato già nel novembre del 1985, quando Reagan e Gorbaciov a Ginevra, enunciarono il concetto di Guerra Nucleare Non Intenzionale, ossia l’inizio di ostilità causate da un errore tecnico od umano. La soluzione non sembra essere semplice, in quanto la Cina ha la necessità di controllare il traffico delle merci e lo sfruttamento delle risorse naturali nell’area oggetto della contesa. Il Giappone vuole difendere quello che considera territorio nazionale e gli Stati Uniti dopo la Siria non possono permettersi altre mancanze a livello politico. Il rischio di una flessione della credibilità è infatti l’emergenza dell’Amministrazione di Obama.