La fine della guerra in Ucraina. E la fine dell’Europa

di Dario Rivolta *

Non sono né un oracolo né un mago e non fruisco di alcuna altra dote soprannaturale che mi consenta di vedere il futuro. Tuttavia, come tutti i politologi seri, cerco di valutare i possibili scenari futuri partendo dall’osservazione dei dati di fatto disponibili al momento agli specialisti di politica internazionale.
Ogni possibile ipotesi su come e quando finirà la guerra in Ucraina è quindi soltanto il frutto di una osservazione della realtà, osservazione che, comunque, resta soggettiva.
Dopo più di due anni di guerra tutto lascia pensare che una possibile vittoria militare dell’Ucraina è altamente improbabile e certi finali ipotizzati dagli occidentali non sono più plausibili. Al contrario, la Russia sta vincendo il confronto bellico e ha quasi raggiunto gli obiettivi che aveva dichiarato: la conquista del Donbass e l’impedimento a che l’Ucraina entri a far parte della Nato. Era chiaro per Mosca sin dal 2008 che l’adesione di questo Paese all’Alleanza Atlantica lo avrebbe trasformato in una base americana ove dispiegare le proprie forze al confine con la Russia ed è per evitare questa eventualità che è scoppiata la guerra.
Di là dalle dichiarazioni rodomontiche di Zelensky su come sia ancora possibile per lui vincere questa guerra e dalle dichiarazioni altrettanto fantasiose di chi ritiene che una pace sia possibile solo dietro la riconferma dei confini ucraini precedenti al 2014, la realtà invita a pensare a ben altri esiti.
Lo scenario di oggi, mentre le ambizioni occidentali continuano a voler sacrificare qualche altro migliaio di giovani e meno giovani ucraini, sembra essere il seguente il seguente:

1- L’Ucraina, pur continuamente dotata di armi dall’occidente è a corto di uomini e il malcontento popolare contro queta guerra e l’attuale governo di Kiev è crescente.

2 – Salvo che schegge di pazzia non entrino nei cervelli dei politici americani ed europei, di là da “consiglieri” già inviati a centinaia e miliardi di dollari dei contribuenti, nessun Paese membro della Nato manderà ufficialmente dei propri uomini, in divisa o meno, sulla linea del fronte. Ciò per evitare un aggravamento del conflitto che, in quel caso, diventerebbe sicuramente di tipo nucleare.

3 – I russi potrebbero essere disponibili a negoziare un accordo di pace con la spossata Ucraina date almeno due condizioni non negoziabili. La prima è che verranno riconosciuti a tutti gli effetti come facenti del territorio russo la Crimea e l’intero Donbass. La seconda è che l’Ucraina dichiarerà formalmente, modificando di conseguenza anche la propria Costituzione, di non voler entrare a far parte della Nato né ora né in futuro. In cambio, gli Usa e gli alleati firmeranno un accordo (tipo quello esistente con Israele dal 1975 ) che garantirà di considerare come di “particolare gravità qualunque minaccia alla sicurezza e alla sovranità dell’Ucraina da parte di una qualunque potenza mondiale”. Non è l’art. 5 della NATO, ma lo ricorda da vicino.

4 – Ciò che i russi “concederebbero” è che l’Ucraina che resta potrà entrare a far parte dell’Unione Europea. Quest’ultimo punto è l’unico che consentirebbe all’occidente e anche agli ucraini del nord-ovest di “salvare la faccia” e di giustificare, almeno in parte, le morti e le distruzioni di questi anni di guerra.

Purtroppo, se questa ultima condizione sarà applicata, ancora una volta gli interessi strategici americani prevarranno su quelli degli europei. In realtà l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea è già data per scontata anche a Bruxelles sin dall’inizio del conflitto ma, anche se questa sembra ora una condizione indispensabile per spiegare alle opinioni pubbliche le ragioni della pace (o, se vogliamo, della resa) tale soluzione è come una polpetta avvelenata.
Non se ne parla perché l’ignavia o la piccolezza intellettuale degli attuali politici europei evita volutamente di affrontare l’argomento, ma proprio il futuro ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea è il punto più pericoloso di un possibile accordo di pace. È naturale che sia la Russia che la Cina e gli Stati Uniti sarebbero immediatamente d’accordo: Kiev nell’Unione rappresenta la fine di ogni ipotesi futura di una Europa unita politicamente e potrebbe perfino diventare l’inizio della fine dell’attuale Europa economica. I tre grandi non hanno mai gradito l’idea che la potente, economicamente parlando, Unione Europea diventi anche una Unione politica. Molto meglio per tutti loro continuare a gestire rapporti bilaterali con i singoli Stati, rapporti nei quali la loro dimensione li mette automaticamente in posizione di vantaggio. Se l’Europa fosse diventata (o diventasse) una realtà politica si troverebbe ad essere una delle grandi potenze mondiali in grado di dialogare da pari a pari con Mosca, Washington e Pechino e ciò non è voluto da nessuno di loro. Per gli USA, inoltre, avere l’Ucraina nell’Unione significherebbe un nuovo membro che andrebbe ad unirsi a Polonia e Baltici come portavoce degli interessi americani nel nostro continente, sostituendo il ruolo che fu della Gran Bretagna prima della Brexit.

Guardiamo però quali saranno le conseguenze dell’ingresso dell’Ucraina nell’attuale Unione Europea:

1 – I costi della ricostruzione di quel Paese ammonteranno, secondo ogni stima, a centinaia di miliardi di euro che graveranno quasi totalmente sulle spalle dei Paesi europei attualmente più benestanti. Il già improbabile piano Draghi (benemerito ma, viste le divisioni interne, di impossibile applicazione) sarà seppellito definitivamente perché troppe risorse dovranno essere dirottate verso l’Ucraina. L’idea che keynesianamente gli investimenti su quel territorio possano ritornare a beneficio delle economie europee è una pura illusione e per esserne certi basta tener conto del fatto che la banca principale che gestirà i finanziamenti in arrivo sarà la J.P. Morgan (gli accordi firmati a maggio 2023 tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e J.P. Morgan si concentrano su diversi aspetti chiave, ovvero
a – Sostegno Finanziario: J.P. Morgan si è impegnata a fornire consulenze e assistenza per attrarre investimenti internazionali e supportare la ricostruzione dell’Ucraina.
b – Accesso ai Mercati: L’accordo mira a facilitare l’accesso dell’Ucraina ai mercati finanziari globali, consentendo al paese di emettere obbligazioni e raccogliere fondi per progetti vitali.
c – Infrastruttura e Sviluppo: Ci sono piani per investire in progetti infrastrutturali, come la ricostruzione di strade, ponti e altre strutture danneggiate dal conflitto.
d – Stabilizzazione Economica: Il focus è sulla stabilizzazione dell’economia ucraina attraverso riforme fiscali e monetarie, per attrarre investimenti a lungo termine.
e – Collaborazione a lungo termine: L’accordo prevede una partnership duratura tra il governo ucraino e J.P. Morgan, con l’obiettivo di costruire un ambiente economico favorevole alla crescita sostenibile).
Chi coordinerà invece la ricostruzione sarà BlackRock (gli accordi tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e BlackRock, firmati a luglio 2022, si concentrano principalmente su:
a – Ricostruzione dell’Ucraina: BlackRock ha offerto consulenze per pianificare e facilitare investimenti nella ricostruzione del paese dopo il conflitto.
b – Strategia di Investimento: La società ha lavorato per sviluppare una strategia di investimento che attragga capitali esteri, con l’obiettivo di stabilizzare l’economia ucraina e promuovere la crescita a lungo termine. Sviluppo di Infrastrutture: Gli accordi prevedono anche investimenti in progetti infrastrutturali essenziali, necessari per la ripresa del paese.
c – Assistenza Tecnica: BlackRock fornisce supporto tecnico per la gestione degli asset e il miglioramento della governance economica).

2 – Se qualche Paese europeo riuscirà in qualche modo ad approfittarne, per questioni storiche e culturali, a farlo sarà solo la Polonia. Agli altri toccheranno le briciole. Non va poi dimenticato che, per ovvi motivi, l’Ucraina sarà, di fatto, una colonia americana (più o meno come il minuscolo Kossovo).

3 – I costi del lavoro ucraino per molti anni rimarranno incredibilmente più bassi e favoriranno così la delocalizzazione di molte imprese europee.

4 – La politica agricola europea dovrà essere totalmente rivista con ovvi ed enormi tagli alle sovvenzioni di cui oggi beneficiano i nostri agricoltori. In compenso i nostri mercati saranno invasi da prodotti agricoli a buon mercato che faranno una concorrenza così spietata ai nostri agricoltori da costringere molti di loro a chiudere. Una aggravante che come altre nocività non viene mai menzionata è che una parte del fertilissimo territorio ucraino è stata contaminata dall’uranio impoverito durante la guerra. Come ci dimostrano i fatti della Serbia e dell’Iraq, ovunque tale materiale sia stato usato nei proiettili o sulle corazze dei carri armati il fatto che si polverizzi in dimensioni infinitesimali e si disperda alla minima brezza di vento lo porta a diffondersi su grandi superfici in modo incontrollato. Anche se questo materiale è scarsamente radioattivo, la sua velenosità è molto superiore a quella del piombo e, proprio come successo nei due Paesi sopracitati, causerà malattie mortali a migliaia, se non milioni, di persone che, senza accorgersene lo inaleranno nell’aria o attraverso gli alimenti agricoli contaminati. Importare tali prodotti significherà accettare la sua velenosità.
Nessuno si stupirà allora quando gli agricoltori francesi, tedeschi, danesi, polacchi, italiani ed altri inizieranno a manifestare sempre più violentemente contro la concorrenza imbattibile dei nuovi prodotti ucraini. Al loro fianco ci saranno anche quei cittadini che si renderanno conto di quanta parte delle loro tasse, necessariamente aumentate nel frattempo, saranno destinate a finanziare la rinascita di un Paese che è già noto per esser il più corrotto di tutta l’Europa. Tali tensioni sociali non potranno non avere ricadute nelle negoziazioni tra i già deboli governi di tutta l’Europa, aumentando così la conflittualità tra un Paese membro e l’altro.
Che ben venga dunque la pace e, confessiamolo, nessuno, salvo i baltici, i polacchi e gli americani piangerà per il fatto che l’Ucraina non diventi un nuovo membro della Nato (per quale scopo e per chi quell’adesione era così importante da causare tali distruzioni e decine di migliaia di morti?).
Gli europeisti a parole, se veramente riflettessero, dovranno piuttosto chiedersi se vale davvero la pena insistere per portarci in casa Kiev, con il rischio che tale mossa finisca per far crollare perfino la casa europea attuale.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.