La Magna Charta Libertatum britannica: un documento costituzionale imperituro

Un riferimento ancora valido per una Costituzione europea.

di Yari Lepre Marrani

Un tempo di dilanianti conflitti geopolitici, guerre di vasta scala combattute nell’est europeo e contrasti implacabili tra chi cerca una strada concreta e illuminata per ridare all’Europa quel ruolo che la Storia le deve per diritto storico, sociale e consuetudinario, merita di ancorarsi ai precetti sostanziali del passato secondo l’antico principio “guardare al passato per comprendere il presente”. Al di là delle ultime contingenze che vedono l’America di Trump e il Cremlino di Putin voler “accaparrarsi” una spartizione ideale e concreta di un’Europa debole e priva di un’unione federale, un forte esercito di difesa e di un ruolo partecipante ad una pace in Ucraina che porti al cessate-il-fuoco ma non metta ad un angolo di vergogna il continente europeo, merita ricordare che non si può fondare un’Europa “prima inter pares” senza una costituzione federale che formi, dalle basi, l’ossatura della potenza europea. Un’Europa senza esercito e costituzione quale Legge superprimaria tra gli Stati europei non permetterà un futuro al nostro continente, dopo secoli di glorioso eurocentrismo. Quest’ultima parola, alla luce delle recenti dichiarazioni di Trump secondo le quali per il presidente USA non c’è bisogno che il leader ucraino partecipi alle trattative per mettere fine alla guerra con la Russia e alle speculari dichiarazioni di Mosca, che intende festeggiare la vittoria sull’Ucraina il 24 febbraio, terzo anniversario dell’invasione, dimostra quanto sia diventata tragicamente debole l’UE nel mondo, nei negoziati; quanto i suoi popoli credano ancora nei tecnocrati senza osservare all’orizzonte nuove spartizioni e impudenti manifestazioni di debolezza militare e politica dell’Europa stessa.
Ma la Storia non si elude grazie alla forza delle superpotenze e le origini delle democrazie andrebbero studiate de profundis partendo dalla nascita dell’elemento giuridico che regge le sorti dei paesi, ne condiziona leggi e volontà, ne rappresenta passioni, lotte epocali e il più alto diritto: le Costituzioni. L’Europa è priva di una costituzione benché uno tra i suoi ex Stati, la Gran Bretagna, sia stato il primo baluardo del costituzionalismo moderno, molti secoli prima che la democrazia americana si affermasse tredici anni prima della Rivoluzione francese. E’ la Gran Bretagna ad avere storicamente per prima indicato e forgiato i primi documenti fondamentali della storia costituzionale mondiale. Un salto all’indietro di 810 anni può essere utile per comprendere come i principi stessi della Costituzione di uno Stato come legge superprimaria a tutela delle libertà e dei diritti dei cittadini contro ogni sopruso nascano da lontano: dalla Gran Bretagna appunto, che nel corso della sua millenaria storia giuridica ha espresso tre documenti fondamentali la cui importanza non può essere ridotta alla Costituzione britannica ma può estendersi ad un’Europa contemporanea che cerca la sua strada tra mille ostacoli.
Ci si riferisce nel dettaglio alla Magna Charta Libertatum, documento fondamentale della Costituzione britannica, seguito da due atti britannici altrettanto rilevanti per la storia costituzionale dell’occidente: l’Atto di Habeas Corpus e l’Atto dei diritti.
Una caratteristica di queste famose Carte delle Libertà è quella di essere state emanate dal sovrano dopo la vittoriosa battaglia contro di lui condotta da forze sociali diverse, unitesi per pretendere dal re una Carta che sancisse determinati diritti, libertà e prerogative delle forze sociali stesse che, attraverso una lotta di affermazione, ne sono state la genesi. Così la Magna Charta Libertatum è stata concessa dal sovrano dopo la lotta contro di lui condotta dalla Chiesa e dai baroni ma i suoi effetti si sono estesi a tutto il popolo ed è in vigore ancora oggi.
La Magna Charta Libertatum (Grande Carta delle Libertà) è il primo e più importante documento della Costituzione britannica, documento fondamentale della storia giuridica occidentale. Fu concessa da Giovanni senza Terra Plantageneto il 15 giugno 1215 a conclusione della vittoriosa lotta contro di lui condotta dai baroni e dalla Chiesa. La prima redazione constava di sessantacinque articoli. La Magna Charta ha sancito numerose libertà: l’art. 1 sancisce la libertà della Chiesa d’Inghilterra con tutti i privilegi da essa posseduti; l’art. 2 ha una portata più ampia ed enuncia in generale il riconoscimento a tutti i sudditi liberi d’Inghilterra di tutte le libertà di seguito espresse, ma non è l’articolo più importante. Tra le libertà enunciate nell’articolo 2 troviamo la tutela del patrimonio dei debitori, i cui beni immobili non possono essere sottoposti ad esecuzione; la tutela dei garanti che non possono essere perseguiti se non prima siano stati escussi i debitori; rispetto di libertà e privilegi cittadini di carattere consuetudinario (art.13). Riconoscimento di diritti personali in tema di ammende, che debbono solo essere inflitte per reati gravi, ma non possono oltrepassare i limiti degli alimenti necessari e debbono essere proporzionati alle colpe (art.12, 14); il principio più importante e più connesso ai regimi costituzionali moderni è contenuto nell’art. 34: “Nessun uomo libero potrà essere arrestato, imprigionato, spogliato dei suoi beni, né messo fuori legge, né esiliato o molestato in alcuna maniera, e non metteremo né faremo mettere la mano su di lui se non in conseguenza di un giudizio legale dei suoi pari, secondo le leggi del paese”. L’articolo seguente non fa che ribadire il principio, affermando “Noi non venderemo, non ricuseremo e non differiremo la giustizia a chicchessia”.
Il grande valore costituzionale di questo documento gli deriva più dalla interpretazione che ne diedero i posteri, che dal suo contenuto effettivo. E invero, sia nello spirito dei contraenti che nella stessa lettera del testo, lo scopo iniziale del documento era quello di riconoscere privilegi esistenti e concederne dei nuovi alla nobiltà britannica. Ma la successiva serie di eventi e avvenimenti storici determinò l’interpretazione della Magna Charta nel senso di un generale riconoscimento di diritti. Per estrapolare un esempio illuminante basti ricordare che l’articolo 34 doveva avere una portata assai limitata riguardando solo coloro che imposero la sottoscrizione del documento al sovrano: Chiesa e baroni. Ma la dizione del testo, fortunatamente ampia ed equivoca permise in seguito, allorché gli altri strati delle popolazioni acquistavano de facto la libertà civile, di invocarne la disposizione allo scopo di consacrare e legittimare giuridicamente la libertà stessa. I successivi documenti della storia costituzionale inglese si ricollegano idealmente alla Magna Charta, proprio in virtù di questi felici equivoci: l’Atto di Habeas Corpus (1679) e l’Atto dei Diritti (1688).
Lo spirito della Magna Charta ha impresso quella fisionomia inconfondibile e peculiare, in senso positivo e retorico, di tutta la concezione politica britannica che ancora oggi interpreta il concetto di libertà non tanto quale elemento costitutivo naturale dell’individuo, quanto un insieme di libertà frutto di privilegi ottenuti attraverso lotte, sofferenze e progressive conquiste. A distanza di più di otto secoli, la Magna Charta costituisce ancor oggi un importante simbolo della Libertà, spesso citata da politici e attivisti, gode di un grande rispetto nelle comunità giuridiche britanniche e statunitensi.
Un documento quindi il cui valore giuridico non ha perso smalto e potrebbe ancora essere tenuto in considerazione da quei giuristi e popoli europei che dovrebbero apprestarsi a fornire all’Ue una Carta Costituzionale breve, scritta e rigida che la trasformi in uno Stato federale, fornendole l’ossatura giuridica e politica di cui essa ha, oggi, un’urgente necessità per presentarsi al mondo come entità geopolitica unita politicamente, giuridicamente e militarmente, degna di quel rispetto da parte delle altre potenze che oggi le è negato.

Quando l’occidente ha gettato le basi delle libertà civili: dalla Magna Charta all’Atto di Habeas Corpus britannici.
Un’analisi della Costituzione britannica, già iniziata con la riassuntiva spiegazione di uno dei suoi documenti più importanti, la Magna Charta Libertatum, non può prescindere da un dato di fatto che differenzia la Costituzione inglese da altre Carte costituzionali europee, come la nostra: la Costituzione inglese non è una costituzione scritta. Sono i processi storici secolari che l’hanno concretizzata in vari documenti scritti, convenzioni, usi e consuetudini. Documenti che hanno impresso all’ossatura costituzionale britannica un’impronta particolare, unica, caratteristica propria della monarchia costituzionale inglese.
Un viaggio all’interno di questi documenti succedutisi e accumulatisi nei secoli sino a creare una Costituzione non scritta ma fondata sulla stratificazione di tali carte giuridiche, deve necessariamente affrontare ed esporre significati e contenuti dei documenti costituzionali britannici più importanti che hanno segnato, dal 1200 in poi, la storia giuridica pubblica e privata del Regno Unito. La Magna Charta Libertatum è stato un punto d’inizio nato da una rivolta. I successivi più rilevanti documenti costituzionali britannici in qualche modo consequenziali alla Magna Charta, sono anch’essi nati da rivolte e concessioni dei sovrani inglesi, in momenti storici differenti. Gli strati della popolazione che progressivamente acquistavano le libertà civili, invocarono le disposizioni di questi documenti allo scopo di consacrare e legittimare giuridicamente la propria libertà conquistata. Questo è stato il meccanismo giuridico popolare determinato dalla Magna Charta e dei successivi e più importanti documenti della storia Costituzionale inglese: l’Atto di Habeas Corpus (1679) e l’Atto dei Diritti (1688). Un’analisi della Magna Charta inglese concessa nel 1215 non può prescindere da un discorso su questi due atti, che la completano.
L’Atto di Habeas Corpus e l’Atto dei Diritti seguono giuridicamente la Magna Charta Libertatum ma appartengono ad epoche assai posteriori e differenti, nascono in contesti lontani da quello che determinò la Grande Carta delle Libertà. L’Habeas Corpus Act fu una legge votata dal Parlamento inglese il 31 maggio 1679 e ratificata dal re Carlo II: siamo nel XVII secolo, quattro secoli dopo la Magna Charta; Carlo II è figlio di quel Carlo I Stuart che fu decapitato dinnanzi alla residenza reale il 30 gennaio 1649, determinando così la nascita della Repubblica di Cromwell.
Anche l’Atto di Habeas Corpus è parte integrante della Costituzione britannica ed è scevro di dottrinarismo o innesti illuministici. La sua principale funzione, che dà ragione alla locuzione stessa della Carta, fu quella di impedire la detenzione arbitraria ed illegale dei cittadini. L’art. 2 della Carta stabilisce infatti che chiunque sia imprigionato o detenuto per delitti che non siano di tradimento o fellonia, ha diritto di chiedere e ottenere un’ordinanza (“writ”) di Habeas Corpus, cioè di liberazione dietro versamento di una cauzione, il cui ammontare deve essere valutato avuto riguardo alle condizioni dell’imputato (art. 3). Sulla presentazione di tale ordinanza tutti gli ufficiali, carcerieri, sceriffi sono tenuti a provvedere entro un termine stabilito (variabile in rapporto alla distanza dal luogo dell’imprigionamento a quello della Corte) alla liberazione del detenuto. Gravi ammende sono comminate a quelli ufficiali o giudici che non ottemperino all’ordinanza di Habeas Corpus (art. 4) o che traggano in arresto una persona che né è munita, salvo che per ordine del magistrato avanti al quale l’imputato deve comparire (art. 5). Negli articoli successivi sono sanzionati divieti relativi a trasferimenti di detenuti che l’atto de quo dichiara arbitrari, se fatti al di fuori delle ipotesi tassativamente previste (artt. 8 e 11).
Alla luce di questi contenuti ben rivolti alla tutela della libertà dell’individuo contro gli abusi dello Stato, l’Atto di Habeas Corpus dà ragione del suo titolo alla necessità, divenuta allora storicamente e giuridicamente improrogabile, che ci si potesse appellare al giudice contro una detenzione ingiusta o ingiustificata: ne è così derivato il principio basilare dei tempi moderni della necessità della legalità della detenzione.
Come già segnalato per la Magna Charta Libertatum, anche per l’Atto di Habeas Corpus e il successivo Atto dei Diritti valgono gli stessi principi costituzionali che fanno dell’Habeas Corpus Act una parte integrante della Costituzione britannica la quale non consiste in un unico atto o “Carta” del tipo continentale, ma è un corpus che si sviluppa storicamente e si arricchisce mano a mano che un privilegio conquistato assurge a valore di libertà individuale. In questo documento moderno ante litteram e, come anticipato, pur scevro di impronte illuministiche, è già affermato sia pure in forma non esplicita, uno dei principi cardine delle legislazioni moderne cioè la distinzione del potere giudiziario da quello esecutivo. Siamo quindi di fronte ad una Carta anticipatrice di conquiste giuridiche che l’Europa continentale raggiungerà più avanti, sotto l’egida travolgente delle dottrine illuministiche settecentesche. A questo riguardo il principio della separazione dei poteri nacque con l’Atto di Habeas Corpus non da esigenza di dottrina, ma dall’esigenza di un popolo civile che insorge contro gli abusi insiti negli imprigionamenti a puro scopo di polizia.
L’Atto di Habeas Corpus inoltre concerne un altro importante settore del diritto pubblico, cioè il diritto processuale penale perché, per la prima volta nella storia civile d’Europa, pose il principio della libertà personale dell’imputato sancendo di fatto un principio anteriore e ancora più rilevante, quello dell’ inviolabilità personale, di cui regola tuttora le garanzie.
L’incipit dell’Atto costituzionale britannico approvato nel 1679 è molto esplicito nel segnalare gli antichi abusi del Re e dei suoi ufficiali: “Considerando che grandi ritardi sono stati usati dagli sceriffi, dai carcerieri e da altri ufficiali, alla cui custodia dei sudditi del re sono stati affidati per reati o presunti reati, nel fare rescritti di ordinanze di habeas corpus a essi indirizzati, indicando uno pseudonimo e plasmando l’habeas corpus, e qualche volta di più, e con altri espedienti per evitare di obbedire a tali ordinanze, contrariamente al loro dovere e alle note leggi del paese, per la qual cosa molti dei sudditi del re sono stati, e potrebbero in futuro, essere detenuti a lungo in prigione, in casi dove per legge essi hanno diritto alla libertà provvisoria su cauzione, con loro grande danno e vessazioni”.