La strage di Ustica e il Lodo Moro

di Giuseppe Gagliano

Il 22 agosto Giuliana Cavazza, presidente onoraria del comitato “Verità per Ustica” e figlia di una delle 81 vittime dell’aereo dell’Itavia Bologna – Palermo precipitato il 27 giugno del 1989, aveva scritto a Palazzo Chigi affinché fosse tolto il segreto di Stato su alcuni documenti relativi alla strage. In particolare si trattava di un dossier giunto da Beirut poco prima della strage e redatto del colonnello Stefano Giovannone allora capocentro del Sismi in Libano, che nei giorni precedenti alla drammatica vicenda aveva sottolineato la possibilità di attentati terroristici da parte palestinese. È tuttavia significativo che il segreto di Stato posto in essere dall’attuale presidente del consiglio su quelle vicende riguardi anche quella del 1984 relativa alla scomparsa dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo, scomparsa sulla quale proprio il colonnello Giovannone aveva posto il segreto di Stato, confermato da Bettino Craxi, presidente del Consiglio nel 1984.
È infatti di estremo interesse la risposta data da Giuseppe Conte per il quale “rendere pubbliche le carte che portano la firma del colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi in Libano dal 1973 al 1982 e che nei giorni prima della strage di Ustica del 27 giugno 1980 avvertiva il governo italiano degli imminenti pericoli che correva il nostro Paese, soprattutto per mano del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, arrecherebbe un grave pregiudizio agli interessi della Repubblica”.
Ma quale attinenza hanno le due vicende, cioè la strage di Ustica e la scomparsa dei giornalisti italiani? Il filo rosso sembra essere proprio il Fronte popolare di Habbash e quindi gli accordi secretati tra Italia e Olp relativi al lodo Moro.
Vediamo, seppure brevemente, di ricostruire la vicenda della scomparsa dei due giornalisti alla luce del saggio di Ferruccio Pinotti “Fratelli di Italia” (Bur,2007).
Il 2 settembre del 1980 Italo Toni, redattore di “Diari”, e Graziella De Palo, collaboratrice del quotidiano “Paese Sera”, scomparvero a Beirut. I loro corpi non furono mai trovati e ancora oggi, a causa del segreto di Stato, non si conosce chi e per quale ragione siano stati uccisi i due giornalisti. Lo scopo ufficiale era quello di visitare alcuni campi di addestramento palestinesi in Libano, e proprio per questo il viaggio era stato concordato con il responsabile dell’ufficio dell’Olp di Roma, Nemer Hammad. Tuttavia, stando alle testimonianze del fratello di Graziella, Giancarlo,la vera motivazione era quella di indagare su un traffico d’armi tra Italia e Libano favorito, questa pare essere una delle ipotesi investigative più accreditate, dall’intelligence italiana, come si evince da un articolo pubblicato su Paese Sera il 21 marzo del 1980 dalla De Palo, ma come si desume anche dall’agenda della De Palo nella quale compare il nome della Palestine Martyris Works Society, società palestinese ufficialmente sorta per dare aiuto economico agli orfani.
In questa vicenda appaiono evidenti sia il ruolo centrale della politica estera del nostro paese in Medioriente, e in modo particolare in Libano, sia il lodo Moro, voluto per evitare attentati da parte palestinese sul nostro territorio, come sottolinea più volte Pinotti nel suo saggio facendo anche riferimento alla testimonianza di Falco Accame.
Il coinvolgimento in questa drammatica vicenda sia del capo centro del Sismi di Beirut Stefano Giovannone, sia del generale Giuseppe Santovito, a capo del Sismi, sia infine del responsabile del Sisde e cioè il generale Giulio Grassini, fu decisivo non tanto per dipanare l’intricatissima vicenda, ma per depistare le indagini della magistratura. A tale proposito le dichiarazioni del pubblico ministero Giancarlo Armati, che indagò, sono di una chiarezza che non lascia spazio ad equivoci.
Nella sua ordinanza infatti di rinvio a giudizio del febbraio del 1985 il colonnello Giovannone viene accusato di aver coperto le responsabilità palestinesi ideando un vero e proprio sistema per fare smarrire, come in una vera e propria tela di ragno, tutti coloro che volevano indagare, accreditando l’ipotesi che i due giornalisti fossero entrati a Beirut est e fossero stati quindi eliminati dai cristiano-maroniti. Questa falsa pista fu legittimata sia dalla dall’allora presidente del consiglio Arnaldo Forlani, sia naturalmente dal direttore del Sismi Santovito. D’altronde non è certamente un caso che proprio nel 1984 il colonnello Giovannone, allo scopo presumibilmente di salvaguardare i rapporti fra Italia e Libano, invocherà il segreto di Stato che sarà confermato dall’allora presidente il Consiglio Bettino Craxi.
Fra le ipotesi emerse dall’indagine della magistratura quella che certamente ha avuto maggiore credito è proprio relativa al traffico d’armi tra Italia e Medioriente. A tale proposito non dobbiamo infatti dimenticare che tra il 2000 e il 2004 il nostro paese è stato il primo fornitore di armi dopo Russia e Cina e in modo particolare di armi leggere e munizioni. Nello specifico aziende come la Fiat e Agusta hanno giocato un ruolo di grande importanza. Inoltre il Libano è stato non solo il crocevia di gruppi di estrema destra che, in nome dell’odio viscerale antiebraico e antiamericano si sono alleati con gruppi islamici, ma anche di estrema sinistra come le Br e la RAF tedesca, che si addestravano proprop in Libano.
Il linea di massima tutti servizi di sicurezza, a cominciare dal SISMI, si servivano dei gruppi di estrema sinistra e di estrema destra. Ad ogni modo, per quanto riguarda l’esito dell’indagine della magistratura, questo sarà un epilogo farsa dal momento che il giudice istruttore Renato Squillante nel 1986 emetterà un’ordinanza di rinvio a giudizio solo per l’appuntato dei carabinieri Damiano Balestra, vero e proprio capo espiatorio della vicenda, mentre per Stefano Giovannone e Giuseppe Santovito non si potrà procedere per la morte di entrambi. Quanto a Habbash, leader del Fronte Popolare della Liberazione per la Palestina, si chiederà il suo proscioglimento per insufficienza di prove.
In conclusione la vicenda della strage di Ustica e quella della scomparsa dei due giornalisti italiani ha forse qualche attinenza col fatto che il lodo Moro non venne più giudicato valido dal Fronte Popolare della liberazione? Questo è un interrogativo più che legittimo, ma al quale solo la desecretazione completa degli atti, cioè senza omissis, potrà forse dare una risposta definitiva.