La tecnologia in guerra: le armi del conflitto

di Chiara Natalicchio * –

La guerra, pratica antica quanto l’uomo, ha accompagnato nei secoli l’evoluzione tecnologica delle civiltà. In certi casi ha agito da propulsore allo sviluppo e alla diffusione di tecnologie nuove. In queste settimane, purtroppo, il conflitto è tornato un argomento centrale delle nostre vite e si sentono nominare molte armi di cui forse non si conosce il funzionamento. È importante fare chiarezza.
Le armi del conflitto – Tra le armi di più recente creazione, che sembrerebbero essere state impiegate in Ucraina, vi sono le termobariche. Utilizzate per la prima volta dalla Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, sono state poi perfezionate dagli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam e utilizzate dalla Russia nella guerra in Cecenia e in Siria e dagli Stati Uniti in Afghanistan.
Il loro funzionamento è diviso in due fasi: quando colpiscono il target, in un primo momento si sprigiona una prima carica di combustibile, che crea una nuvola, in grado di infilarsi anche in fessure molto piccole; dopo qualche secondo, viene rilasciata una seconda carica di combustibile, che esplode nella nuvola e crea un’enorme palla infuocata, una grande onda d’urto e un vuoto che risucchia l’ossigeno nelle zone adiacenti. Tali armi sembrerebbero inefficaci contro mezzi corazzati, ma adatte a colpire infrastrutture, truppe e civili. Esistono in una grande quantità di taglie, da piccole granate, adatte a colpire individui singoli in scontri ravvicinati, a ordigni di dimensioni elevate, da lanciare dall’alto con mezzi aerei. Il loro effetto è particolarmente efficace negli spazi chiusi, per questo sono di frequente impiegate in ambienti urbani.
Un’altra tecnologia che ha da poco fatto la sua comparsa è rappresentata dai missili ipersonici, ovvero missili che viaggiano a velocità fino a cinque volte superiori rispetto a quella del suono. La pericolosità di questi dispositivi risiede nel fatto che è difficile individuarli con i radar. Tali missili presentano inoltre un altro vantaggio: a differenza dei missili balistici, che procedono solo lungo tragitti rettilinei e la cui traiettoria non può essere modificata dopo il lancio, tali missili sono facilmente manovrabili.
Altri dispositivi militari finora poco conosciuti e poco utilizzati sono le cluster bomb, o bombe a grappolo, ovvero ordigni che contengono al loro interno altre bombe di dimensioni inferiori. Al momento dell’impatto, queste bombe vengono rilasciate tutte insieme, con un effetto devastante. Ma non è finita qui. Non tutte le bombe, infatti, esplodono al momento del rilascio; quelle rimaste inesplose, restano sul terreno e funzionano come mine antiuomo. Dopo la loro comparsa in Siria tra le dotazioni militari russe, le cluster bomb sono state bandite da una Convenzione delle Nazioni Unite, alla quale tuttavia né Russia né Ucraina hanno aderito.
Vi sono poi razzi “portatili”, inviati anche da alcuni Paesi europei in aiuto dell’Ucraina, utilissimi negli scontri urbani, che funzionano a distanze ravvicinate contro blindati di piccole dimensioni o vetture di rifornimento. Essi sono inutili invece contro i grandi corazzati. Contro questi ultimi si può utilizzare un’altra tipologia di missili, anch’essi “portatili”, come il Javelin americano o l’inglese NLAW.
Il Javelin utilizza un sistema di guida automatica ad infrarossi che percepisce il calore emanato dal bersaglio; il bersaglio viene individuato in fase di puntamento, agganciato e seguito “autonomamente” dal missile, mentre il personale di lancio cerca copertura. Il puntamento è facilitato dall’elettronica dell’arma, che include funzioni di zoom e di visione notturna. Il missile può colpire direttamente in volo l’obiettivo, ad una quota massima di 60 metri superiore al punto di lancio, oppure lanciandosi in picchiata, dopo aver raggiunto una quota fino a 150 m.
L’inglese NLAW, invece, viene sparato a bassa potenza da un lanciatore; il suo razzo principale entra in funzione solo dopo il lancio. L’artigliere mantiene il tracciamento dell’obiettivo per qualche secondo, per consentire all’elettronica del sistema di calcolare la velocità del bersaglio, dopodiché il missile viene guidato dalla linea di vista prevista, effettuando eventuali correzioni rispetto ai dati acquisiti all’inizio. Anche in questo caso l’operatore può quindi mettersi al sicuro immediatamente.
All’orizzonte resta la minaccia di una guerra nucleare. Anche qui, però, la tecnologia potrebbe cambiare le carte in tavola. Gli ultimi ordigni nucleari sono più piccoli e estremamente precisi e pare possano essere utilizzati causando danni relativamente minori: si prospetta così la possibilità di una “terza via”, a metà tra la guerra convenzionale e quella nucleare.

* Analista di geopolitica – Mondo Internazionale Post.

Articolo in mediapartnership con il Giornale Diplomatico.

(Foto: Depositphotos).