La trappola dell’immigrazione che può compromettere la leadership in Europa

di Maurizio Delli Santi * –

Occorre essere accorti nel valutare le scelte sulle politiche migratorie e non assumere iniziative che possono rilevarsi una trappola per la leadership dell’Italia in Europa. In gioco c’è la coesione che sembrava potersi costruire, anche per ricucire i rapporti con la Germania e affermare una visione diversa dell’Europa, meno condizionata dal gruppo di Visegrad e dai c.d. Paesi frugali. Si tratta ora di ricostruire un’intesa necessaria, specie di fronte agli scenari delle sfide globali: dalle emergenze energetiche e climatiche, alla guerra in Ucraina e alle altre minacce rivolte all’ “Occidente collettivo”.

Come era prevedibile le scelte sulle politiche migratorie sono tornate ad essere un tema divisivo in Europa. L’Italia del nuovo governo ha dovuto affrontare quella che sembrava essere una nuova emergenza: certo è stata una concomitanza alquanto singolare che almeno tre navi di Organizzazioni non governative che avevano soccorso migranti nel Mediterraneo si dirigessero contemporaneamente verso “porti sicuri” in Italia. In molti si sono dunque ancora interrogati sul ruolo delle Ong, su chi le finanzia e se il loro ruolo, senza un’azione di controllo degli Stati, alla fine non finisca con il fungere da fattore di attrazione (pull factor) per gli interessi criminali dei trafficanti di esseri umani. E tuttavia l’Italia è caduta nella trappola di una scelta politica emotiva, atteso che nei decreti sui c.d. “sbarchi selettivi” alla fine sono emerse criticità, specie sul piano giuridico, che di fatto li hanno fatti apparire da un lato difficilmente attuabili, dall’altro come un’ennesima forma di respingimento e un’“azione di forza” provocatoria per coinvolgere gli altri Stati europei.
Molto probabilmente quello che è successo nelle ultime ore in particolare tra Italia e Francia è soprattutto un problema di comunicazione, cui occorrerà presto porre rimedio. In gioco c’è la coesione per un rapporto in tandem che sembrava poter costruire finalmente una leadership in Europa, anche per ricucire insieme i rapporti con la Germania, compromessi dalle ultime scelte fatte da Scholz sulle politiche energetiche, della difesa e nei rapporti con la Cina. In sostanza sembra ora lontana quella intesa strategica sull’asse Roma-Parigi-Berlino che fino a qualche mese fa si pensava potesse far breccia anche per affermare una visione diversa dell’Europa, meno condizionata dal sovranismo e dal populismo del gruppo di Visegrad e dal rigidismo economico dei c.d. Paesi frugali. Si trattava tra l’altro di un’intesa necessaria che avrebbe meglio rappresentato la forza di una leadership coesa e autorevole dell’Europa negli scenari delle sfide globali, dalle emergenze energetiche e climatiche, alla guerra in Ucraina e alle altre minacce russe e cinesi rivolte all’ “Occidente collettivo”.
L’analisi sui profili giuridici delle questioni poste richiede comunque una riflessione, per comprendere le posizioni espresse dalla Francia, come anche da importanti organismi internazionali come l’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu e la Commissione europea. Di fatto il vulnus di fondo negli ultimi provvedimenti adottati dall’Italia sarebbe in una interpretazione rigida dello status di migranti che, differenziandosi da quello di rifugiati e dalla condizione di naufraghi, escluderebbe obblighi di soccorso e di accoglienza. Si è parlato quindi di interessi alla “difesa dei confini” e di attribuzioni di responsabilità in capo agli Stati-bandiera presso cui sono registrate le navi delle Ong. Da qui la scelta dei decreti ministeriali di limitare lo sbarco nei porti italiani solo in caso di precarie condizioni sanitarie dei migranti, e di respingere la permanenza in territorio italiano delle navi ong che avevano a bordo gli altri migranti. Di fatto poi, come è noto, i sanitari italiani hanno riconosciuto le condizioni di precarietà fisica e psicologica per tutti i migranti visitati a bordo, che quindi sono stati fatti sbarcare. Al di là di questa decisione, in ogni caso i Decreti sono stati discussi da molte associazioni di giuristi secondo una ricostruzione basata seguenti passaggi. L’articolo 92 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Convenzione di Montego Bay, United Nations Convention on the Law of the Sea, UNCLOS 1992) dispone effettivamente che le navi “nell’alto mare” sono sottoposte alla giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera, ma nelle “acque territoriali” la nave è sottoposta alla giurisdizione dello Stato costiero, e in ogni caso rilevano “casi eccezionali specificamente previsti da trattati internazionali o dalla presente Convenzione”. Tra queste ricorrono il soccorso in mare o anche il diritto di asilo, e in generale le misure di accoglienza dei migranti. Vale infatti richiamare la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, ove all’articolo 13 si afferma che “ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese”. Il Patto internazionale sui diritti civili e politici pone le condizioni perché la libertà dell’“individuo che vi si trovi legalmente” possa essere oggetto di restrizioni per motivi di sicurezza e sanità. Ma per il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite la legislazione domestica non può derogare agli obblighi internazionali che stabiliscono la prevalenza dei diritti umani, con riferimento ai diritti alla sopravvivenza e alla dignità umana, e quindi si pongono oneri correlati per gli Stati, anche in osservanza dei principi di precauzione, adeguatezza e proporzionalità delle misure amministrative predisposte. In questa prospettiva assumono rilievo due canoni:
1) con riferimento alla individuazione del “luogo sicuro” per lo sbarco per la Risoluzione del Consiglio d’Europa n. 1821 del 21 giugno 2011, occorre riferirsi non solo alla protezione fisica delle persone ma anche al rispetto dei loro diritti fondamentali (punto 5.2.);
2) rifugiati e migranti, anche se non sono naufraghi, vanno comunque tutelati rispetto all’assoluto divieto di “trattamenti inumani e degradanti» previsto all’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e all’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. E di quest’ultima è fondamentale l’articolo 1, secondo cui: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelati”.
Un altro profilo piuttosto discusso riguarda l’impatto effettivo del fenomeno delle Ong in Italia, laddove ad esempio l’ Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) ha stimato che gli arrivi da navi Ong arriverebbero a rappresentare una soglia del solo 12-15% del totale degli sbarchi: più o meno un migrante su dieci sbarca dalle navi Ong, mentre il 90% è soccorso dalla Marina militare o mercantile o giunge sui “barchini” per conto proprio. Anche i dati complessivi sui rifugiati accolti non aiutano a sostenere un’eccessiva pressione in Italia. Sarebbero lo 0,2% della popolazione, mentre in Francia sono lo 0,7%, in Germania l’1,5% e in Svezia il 2,3%. Grecia, Germania, Spagna, Francia, Paesi Bassi e Svezia hanno tutti un rapporto tra richieste d’asilo presentate e popolazione nazionale più alto dell’Italia, che è allo 0,16%, a fronte dello 0,42% della Grecia e dello 0,36% della Germania. Un peso diverso hanno certo le rivelazioni sui migranti, anche se qui i dati non sono univoci. Sembra che nella prima metà del 2022 la rotta balcanica sia stata più battuta rispetto alla rotta mediterranea che interessa l’Italia, mentre l’impatto maggiore dei profughi provenienti dall’Ucraina, stimati in oltre 5 milioni, e di quelli siriani, afghani e pakistani ha interessato le regioni centro-orientali dell’Europa.
In definitiva, le scelte sulle politiche migratorie dell’Italia hanno certamente un senso nel cercare la solidarietà dell’Europa e non v’è dubbio che altri Stati sul tema – anche per comprensibili interessi di politica interna – sono ignavi e declinano le responsabilità. L’Italia fa dunque bene a sostenere l’idea di individuare efficaci misure di coordinamento nei soccorsi e nell’accoglienza ( i cui oneri non possono ricadere sugli Stati costieri individuati in maniera indiscriminata dalle navi Ong) e nella realizzazione condivisa di corridoi umanitari europei. Occorre tuttavia essere più attenti nel valutare il peso demografico del fenomeno e accorti nel non passare dalla parte del torto con iniziative che, come si è visto, possono rilevarsi una trappola per la leadership dell’Italia in Europa. Occorre dunque che l’Italia rilanci ancora la strada della diplomazia e della cooperazione, avendo sempre come guida i principi di civiltà che sono stati posti alla base dell’Europa dei Trattati di Roma.

* Membro dell’International Law Association)dership dell’Italia in Europa.