di Roland Lombardi, Le Diplomate. Traduzione a cura di Giuseppe Gagliano * –
Éric Denécé, ex analista dell’intelligence francese, dottore in Scienze Politiche, direttore del Centre Français de Recherche sur le Renseignement (CF2R) e autore di numerose opere su sicurezza, intelligence e relazioni internazionali, commenta in questa intervista esclusiva il terzo volume collettivo dedicato alla guerra in Ucraina, pubblicato dal CF2R.
– Qual è il contenuto e la novità principale di questo nuovo volume, “Les conséquences géopolitiques de la guerre d’Ukraine”?
“Il terzo volume del CF2R analizza le conseguenze del conflitto ucraino sugli equilibri geopolitici e sui nuovi rapporti di forza globali. Esamina le ragioni della continuazione di una guerra che appare chiaramente sfavorevole a Kiev, e l’ostinazione degli europei nel sostenerla. Si interroga inoltre sull’effettiva volontà di trovare una soluzione negoziata e sugli interessi di chi trae vantaggio dalla prosecuzione delle ostilità.
Il conflitto ha anche accelerato l’emergere di un ordine mondiale multipolare e il declino dell’influenza occidentale. Il libro cerca infine di anticipare la configurazione del mondo post-bellico e di trarne lezioni utili per Francia ed Europa. Tuttavia, essendo stato pubblicato prima del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, non affronta gli sviluppi più recenti”.
– Perché insistere sulla Realpolitik?
“La Realpolitik è la presa d’atto realistica dei rapporti di forza. È la norma a Mosca, Pechino e Washington. Gli Stati Uniti, sotto i Democratici, hanno fallito la loro strategia: non possono confrontarsi contemporaneamente con Russia e Cina. I Repubblicani lo hanno capito: devono ricostruire un apparato militare dimensionato per una sola minaccia. L’Europa, che ha delegato la propria sicurezza agli USA dal 1945, non può oggi rivendicare un’autonomia strategica”.
– Quali sono i principali sconvolgimenti geopolitici causati dalla guerra?
“Il vero interrogativo è se andremo verso un mondo multipolare, più equilibrato, dove le dispute si risolvono per via diplomatica, oppure se gli USA tenteranno di preservare la loro egemonia. Trump ha capito che deve prima reindustrializzare l’America e acquisire nuove risorse (Groenlandia, Panama, Canada). Ma questo non è affatto scontato. Più probabilmente, assisteremo a un declino progressivo degli Stati Uniti e dell’Occidente, dopo oltre tre secoli di dominio”.
– Qual è il destino delle alleanze internazionali?
“Tutto dipenderà dalle trattative tra Russia e USA. Se si raggiunge un accordo – il che oggi appare probabile – la pace tornerà in Europa e gli americani si concentreranno sulla “minaccia cinese”, che non è militare, ma egemonica. Se invece il negoziato fallisse, e Washington tornasse a sostenere militarmente Kiev, la guerra potrebbe durare altri 12-18 mesi, ma con esito già scritto: l’Ucraina non può vincere, la Russia non può perdere. Il rischio maggiore resta una possibile escalation nucleare”.
– Come giudica la reazione europea?
“Gli europei hanno seguito la linea neoconservatrice dei Democratici e ora si sentono abbandonati dagli USA. Hanno sostenuto Biden e osteggiato Trump: ora la nuova amministrazione presenta il conto. L’idea di costruire una Difesa europea comune è un’illusione: o si continuerà ad acquistare armi americane, o si finirà in rivalità interne fra industrie europee”.
– Qual è l’impatto sul mondo dell’intelligence?
“Il conflitto ha rivoluzionato il campo di battaglia, reso “trasparente” dalla proliferazione di sensori tecnici (satelliti, droni, radar, OSINT, ecc.). La sorpresa tattica è ormai impossibile, e si torna a scavare e sotterrarsi (vedi Ucraina e Gaza). Il ruolo dell’intelligence umana è stato ridimensionato e in parte sostituito dai droni. Le operazioni clandestine, sabotaggi e assassinii sono aumentati, ma mancano dati per trarne conclusioni definitive”.
– E il ruolo dell’opinione pubblica?
“Non è l’opinione pubblica a guidare i conflitti, ma chi la manipola. I spin doctors dirigono i media, che diventano strumenti di guerra psicologica. L’informazione è deformata, la verità non conta: ciò che importa è la rappresentazione che ogni campo offre ai suoi cittadini. L’Occidente eccelle in questo campo, anche perché beneficia di una regressione culturale che rende le masse manipolabili, passive, incapaci di pensiero critico”.
– Quale previsione a medio-lungo termine?
“La Russia non ha più fiducia nell’Occidente, né negli impegni americani né in quelli europei. Anche se Trump offre aperture, Mosca resta prudente. Trump ha accettato la sconfitta strategica della precedente amministrazione e cerca di voltare pagina per concentrarsi sulla Cina. L’Europa, invece, si ostina a combattere una guerra già persa, nella speranza di avanzare un’agenda di integrazione europea non condivisa dai popoli, ma imposta dalle élite”.
– E la Francia, nella persona di Emmanuel Macron?
“Macron è oggi il leader europeo più aggressivo. La sua politica è suicida: ha rotto con Putin, ora si oppone a Trump, ha perso credibilità internazionale. Forse sogna di diventare il leader dell’Europa integrata dopo l’Eliseo, forse vuole solo distogliere l’attenzione dalla crisi interna francese. Ma resta isolato: ogni sua proposta viene subito smentita o ignorata dai partner europei. Tutti torneranno sotto l’ombrello americano, e la Francia pagherà il prezzo dell’intransigenza di Macron”.
* Articolo su gentile concessione di Le Diplomate.