Le elezioni in libia destinate a saltare, tiene la linea dell’Italia. Intervista a Michela Mercuri

a cura di Francesco Cirillo

Intervista a Michela Mercuri, docente di Storia contemporanea dei Paesi mediterranei all’Università di Macerata, docente presso la Società italiana per le organizzazioni internazionali (SIOI) di Roma ed esperta di questioni del Medio Oriente e del Nord Africa. Editorialista e analista per diversi quotidiani nazionali, radio e televisioni.

Per comprendere il complicato mosaico libico la professoressa Michela Mercuri ha risposto ad alcune nostre domande, in relazione anche alla notizia di ieri ieri, girata sui media britannici e russi, di una possibile presenza russa nella Libia orientale.

– La presenza russa in Libia orientale da che anno è iniziata?
“Difficile dire da che anno la Russia è nel paese, ma Putin sostiene il generale Khalifa Haftar sin dalla sua presa del potere, avvenuta nel 2014 dopo la spaccatura tra Tripoli e Tobruk. Da quel momento Haftar è diventato attore indispensabile dell’est del paese, e la Russia lo ha supportato in modo palese anche inviando alle truppe del generale Haftar forniture ed equipaggiamento bellico”.

– Le sommosse tra fine agosto 2018 ed inizio settembre tra le diverse milizie di Tripoli sono state solamente un caso locale o c’è stata una manovra di qualche attore internazionale?
“Il caos che si è sviluppato negli ultimi mesi a Tripoli è presumibilmente scoppiato per fattori interni. Una sorta resa di conti tra milizie, addebitabile alla riduzione dei proventi dei traffici su cui ottenevano ingenti somme, tra queste anche alcune del Fezzan. C’è una lotta di potere tra le varie milizie che stanno combattendo per acquisire il maggior numero di risorse disponibili.
Non pensa che ci sia stata la longa manus di qualche attore esterno, sicuramente la proposta francese di indire elezioni entro dicembre 2018 ha alzato la tensione tra i diversi attori locali”
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– Perché Parigi spinge per far svolgere le elezioni entro il 2018, nonostante l’iniziativa abbia ricevuto una secca bocciatura dalle Nazioni Unite?
“Parigi spinge per elezioni entro dicembre per continuare nella sua politica unilaterale negli affari libici e la non realizzazione di questa tornata elettorale potrebbe significare una sonora sconfitta simbolica della politica francese in Libia. Per questo motivo Parigi spinge su questa linea per farsi vedere come attore indispensabile per la stabilità futura del paese nordafricano”.

– Come valuta la diplomazia italiana e quale sarà la nostra azione fino alla Conferenza internazionale di Palermo?
“La Diplomazia italiana fino ad oggi ha svolto un lavoro abbastanza buono nel paese, soprattutto alla luce del mancato appoggio sia dell’Ue che degli altri attori internazionali, fino ad oggi. L’Italia sta supportando il governo di Fayez al-Serraj rispettando gli accordi di Skhirat del 2015 anche per proteggere gli interessi nazionali di Roma a Tripoli. Contemporaneamente sta lavorando con gli attori locali e con le milizie nel tentare di aprire delle trattative, sebbene fin qui i tentativi non abbiano dato risultati decisivi. Ma con la Conferenza di Palermo questo sforzo potrebbe ricevere un coronamento soltanto se parteciperanno al summit gli attori internazionali come la Russia, che ha dato il suo nulla osta, e gli Stati Uniti, ed avrà successo solamente de vi prenderanno parte i principali attori locali libici (milizie e tribù).
L’Italia ha tentato di trattare con la Libia orientale come si è visto nella visita del ministro degli Esteri italiano Moavero Milanesi in Egitto, dove ha incontrato il presidente Abdel Fatah al-Sisi; questo è un alleato importante per Khalifa Haftar, e potrebbe spingerelo a partecipare alla Conferenza di Palermo e nell’intavolare un dialogo distensivo con Roma, che fino ad oggi non c’è stato”
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– Come si possono convincere milizie e tribù nel convivere in un possibile Stato libico senza compromettere i loro interessi locali?
“Non è semplice convincere le varie forze locali, strutturate in modo radicale nel paese e che controllano porzioni del territorio libico, nel convivere in un possibile stato unitario o in uno stato che ambisce a ritornare un sola entità statale.
Si potrebbe tentare la carta economica iniziando a ridistribuire i proventi del petrolio per sottrarre le milizie dalla criminalità organizzata, placando le ambizioni fameliche sia delle tribù sia delle milizie paramilitari. Una ridistribuzione centralizzata, coordinata dalla NOC (National Oil Corporation)la compagnia statale libica”
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– Washington vuole riprendere un dialogo con gli ex uomini dell’era Gheddafi. Secondo lei è d’obbligo interfacciarsi con quella parte e reintegrarla nel processo di riunificazione della Libia?
“Assolutamente sì. Dobbiamo ricordare che molti ex gheddafiani sono stati esclusi dal dibattito politico. La tribù dei Gheddafa, per questo motivo, si è alleata con le fazioni radicali. Nell’ottica di un dialogo inclusivo anche gli ex gheddafiani devono essere ascoltati ed integrati nel processo politico per la riunificazione”.

– Le elezioni del dicembre 2018 sono sfumate?
“Le elezioni sembrano essere sfumate, confermando la linea dell’ONU e dell’Italia, visto che mancano le condizioni di sicurezza per indire elezioni; esse sono necessarie ma non sono tali da essere svolte in tempi brevi. Il caos degli scorsi giorni lo dimostra.
Questa linea è una vittoria, per ora, sia dell’ambasciatore italiano Giuseppe Perrone sia dell’inviato ONU Ghassan Salamé. Perrone ha pagato la sua opposizione alle elezioni di dicembre con il suo deferimento temporaneo da ambasciatore italiano in Libia, visto che Haftar lo aveva accusato di ingerenze negli affari interni della Libia. Per il momento Roma ha deciso di sacrificare Perrone, che resta nella capitale, sull’altare di una possibile intesa con Khalifa Haftar”
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– Quali sono gli interessi Italiani in Libia? Oltre alla missione di Misurata abbiamo nel paese forze speciali?
“Gli interessi italiani sono soprattutto energetici. L’Eni, per esempio, continua ad operare nel paese dal post-2011. L’azienda ha firmato nuovi accordi per l’acquisizione di quote esplorative di alcuni giacimenti che sono fermi dal 2011, dimostrando una corsia preferenziale. L’Eni continua a portare avanti i suoi interessi anche grazie al capitale di fiducia che l’azienda ha saputo creare con un dialogo continuo avuto con gli attori locali. In qualche modo è stato un traino per alcuni politici libici che hanno saputo “sfruttare” i contatti locali che ha l’ENI.
Ufficialmente nessuno Stato ammette di avere forze speciali, ma ufficiosamente molti attori internazionali hanno contractor dislocati in Libia, Francia compresa”
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– L’Italia deve mantenere un dialogo con Haftar?
“Roma deve assolutamente mantenere aperto un canale di dialogo con il generale di Tobruk. L’Italia sta aprendo un rapporto con il presidente egiziano, alleato di Tobruk, come si visto con la recente visita di Moavero Milanesi al Cairo. al-Sisi è il principale alleato dell’uomo forte di Tobruk per supportare una possibile intesa, necessaria per la stabilizzazione del paese. Ma ciò non deve compromettere i rapporti italiani con gli altri attori locali come le tribù del Fezzan e quelle della Tripolitania”.