di Giuseppe Gagliano –
Il cessate-il-fuoco raggiunto in Libano, tanto sbandierato come segno di speranza, si rivela invece un patetico espediente per mascherare una realtà ben più scomoda. Israele, dopo aver lanciato un’offensiva devastante in un solo giorno, capace di infliggere in poche ore i danni di due mesi di guerra, si è affrettato a sedersi al tavolo delle trattative, lasciandosi dietro migliaia di morti e rovine insostenibili per entrambe le parti. Il Libano piange le sue macerie, Israele i suoi caduti, ma entrambi fingono di celebrare un “successo” che sa di disfatta.
Festeggiano tutti, compresi il presidente Usa Joe Biden, che cerca disperatamente un trofeo per la sua politica estera fallimentare; il premier israeliano Benhamin Netanyahu, che travisa la tregua come vittoria strategica; Hezbollah, che rivendica il ruolo di “interlocutore alla pari” con Israele.
A ben vedere le condizioni di questa tregua non tuttavia garantiscono alcuna sicurezza, neppure con l’arrivo al confine dell’esercito libanese e l’annunciato impegno dei caschi blu dell’Onu. Le parole di Netanyahu suonano più come avvertimenti che promesse di pace, mentre Hezbollah gioisce per essere stato riconosciuto, dopo decenni di ostracismo, come un attore legittimo.
Biden intanto si aggrappa a questo momento per riabilitare un mandato segnato dal caos. La sua presunta vittoria non cancella il fatto che in quattro anni non ha fatto altro che alimentare focolai di guerra. Se avesse voluto davvero la pace, avrebbe potuto agire prima, da vivo politicamente, invece di aspettare il declino per proporsi come mediatore. Avrebbe, ad esempio, potuto evitare di lanciare continui proclami di annessione di territori tra cui la valle del Giordano, o ancora contenuto i 750mila coloni israeliani che abitano nei territori palestinesi dopo aver di fatto rubato la terra. Intanto a Gaza, dove pure si spera di giungere a una tregua, i morti sono arrivati alle quali 45mila unità, di cui un terzo bambini, e la piccola regione solitamente sovraffollata da due milioni e mezzo di persone, è pressochè un cumulo di macerie.
Dall’altra parte Donald Trump, il suo eterno rivale, aspetta solo di scaricare su Biden e sul “sistema” i conflitti ereditati. Ma, come ogni padre degenere, è pronto a “sopprimere” i figli bastardi nati dai tradimenti del predecessore: l’Ucraina e il Medio Oriente.
La metafora familiare cala pesante come un macigno: guerre nate male e cresciute peggio, orfani di padri che non vogliono riconoscerle, lasciate marcire in un orfanotrofio geopolitico gestito da potenze incapaci. Nessuno vuole accollarsi la responsabilità di guerre che distruggono intere nazioni. Eppure il mondo non può permettersi di lasciarle degenerare. I genitori di queste guerre, siano essi gli Stati Uniti, Israele, l’Iran o l’Europa, devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni, trascinati davanti a un tribunale morale e politico.
Le Nazioni Unite, il simbolo della giustizia internazionale, si sono dimostrate impotenti, ostaggio dei veti incrociati delle grandi potenze. E allora perché non immaginare un’alleanza di nazioni unite davvero indipendenti, capaci di agire senza l’ipocrisia di chi fa e disfa conflitti a proprio piacimento? Questa “comunità reale” dovrebbe avere il coraggio di intervenire, prevenire, imporre la pace se necessario, senza aspettare il consenso di padri e madri che lucrano sulle macerie.
Oggi siamo prigionieri di una retorica che celebra gli “sforzi diplomatici” mentre chiama 32 eserciti alla guerra in Ucraina alimentando un conflitto che ci porterà alla rovina. L’Ucraina, dove la Nato si voleva allargare minacciando direttamente la Russia, Nel frattempo ignoriamo il Medio Oriente, dove il costo umano e morale di questa ipocrisia ci ha già condotti alla vergogna. La tregua in Libano non è altro che un’altra pausa prima della prossima tragedia, e sarebbe grave che sia stata barattata da Usa e Francia, come riportato oggi da diversi media, in cambio dell’immunità per Benjamin Netanyahu dal mandato d’arresto della Corte penale internazionale.
Una cosa è certa: la vera pace non arriverà finché i padri e le madri dei conflitti continueranno a negare la loro responsabilità.