L’esito della guerra delle Falkland ribaltato dall’Onu

di Giovanni Caprara –

malvine militariLe Nazioni Unite hanno sancito che le Isole Falkland sono in territorio argentino, ponendo di fatto l’obbligo alla Royal Navy di abbandonare la zona oggetto di contesa da tempi immemorabili. Una confronto politico e militare che ebbe la sua massima recrudescenza nel conflitto del 1982.
Alla vigilia della guerra, l’Argentina, governata da una giunta militare, era schiacciata da una profonda crisi economica che stava accompagnando la popolazione verso una più efficace contrapposizione ai dittatori di quanto il regime stesso potesse consentire loro. Il generale Leopoldo Galtieri, capo del governo, individuò, come possibile soluzione alla contestazione popolare, il ritorno del sentimento nazionalistico il quale era in forte calo. L’ultimo rigurgito di patriottismo brillò dopo i mondiali del ’78, ma si era dissolto nell’orrore delle sparizioni di massa. La sua speranza era che, infiammandolo, l’attenzione sulla crisi economica si sarebbe alleggerita se non addirittura sopita dal nuovo corso del sentire comune. L’affannosa e scomposta ricerca di compattare la popolazione sotto la bandiera nazionale, lo indusse a male interpretare alcuni segnali che provenivano dal Regno Unito.
Nel 1981, la Royal Navy ritirò l’ultima unità di superficie dalle isole e nello stesso anno, gli abitanti delle Falkland, persero alcuni diritti della piena cittadinanza britannica. Ma stoltamente Galtieri non approfondì le cause che ingenerarono questi atti. Infatti il rimpatrio della nave da battaglia faceva parte di un generale ridimensionamento della flotta nei territori britannici ed i diritti agli abitanti dell’arcipelago venivano riapplicati sotto l’egida di leggi varate localmente.
La risultanza di una analisi approssimativa delle circostanze che si verificarono, convinse Galtieri che la strada da percorrere per recuperare i consensi persi, era reclamare la legittima sovranità sulle isole.
Le richieste argentine in ambito dell’ONU, furono ignorate con britannico distacco dagli ambasciatori di Sua Maestà e questo ingenerò l’errore fatale di Galtieri, che equivocò tale atteggiamento, interpretandolo come una mancanza di interesse. Di fatto, si convinse che l’Inghilterra non avrebbe reagito ad una invasione argentina delle Isole Falkland.
La poca lungimiranza e le quasi nulle capacità di statista del generale gli fecero tralasciare gli aspetti fondamentali dell’interesse inglese sulle isole: in primo luogo l’importanza strategica, militare e commerciale delle Falkland, poste come punto ideale a guardia fra due oceani, i giacimenti petroliferi, scoperti da diversi trivellamenti e non ultimi, i diritti su una pesca proficua.
Tali mancanze trovarono la loro naturale conseguenza il 19 di marzo del 1982, quando una pattuglia di militari, dopo aver svestito gli abiti civili in cui erano celati, issò la bandiera argentina in un campo della Georgia del Sud. L’invasione che ne seguì, portò le isole, rinominate Malvine, in pieno possesso degli argentini.
Nella notte del 1 aprile, un commandos dell’Armada Argentina, sbarcati da un cacciatorpediniere e un gruppo di incursori provenienti da un sottomarino, conquistarono alcuni siti strategici sulle isole, agevolando lo sbarco di due compagnie e di un intero battaglione aviotrasportato. Le forze invasori debellarono la scarsa resistenza dei militari inglesi di stanza nelle Falkland ed occuparono le posizioni chiave. Alle ore 08.30 del giorno seguente, il governatore britannico si arrese. 149 anni di dominio inglese erano finiti.
L’Inghilterra fu rapida nel pressare Galtieri attraverso la diplomazia, ma quest’ultimo allontanò qualsiasi tentativo di soluzione pacifica, trincerato nella certezza di una non reazione militare di Sua Maestà e protetto del trattato Inter-Americano di Reciproca Assistenza che avrebbe garantito la neutralità degli Stati Uniti. Ma ancora una volta cadde in errore. Infatti, mentre l’ONU divulgava una sanzione in cui chiedeva il ritiro delle truppe e la Comunità Economica Europea approvava alcune sanzioni economiche, gli USA trovavano in una specifica del trattato, dove il mutuo soccorso era applicabile solo alla Nazione sotto attacco e questo non era il caso dell’Argentina, il modo di appoggiare l’antico alleato d’oltre oceano. Gli inglesi dal canto loro, dichiaravano che i diritti degli isolani erano stati brutalizzati e pertanto, non li avrebbero mai abbandonati alla tirannia argentina.
Il Regno Unito, affidò ad una task force navale il compito di riconquistare la colonia perduta. Questa doveva essere autosufficiente e capace di estendere la forza di attacco lungo la linea costiera delle isole. Tale peculiarità però non era propria delle unità inviate. La configurazione delle navi e l’addestramento degli uomini imbarcati erano ottimizzate per le esigenze NATO, dunque per la guerra navale in acque profonde piuttosto che quella costiera, resa necessaria dalla riconquista di un’isola. Di fatti l’imponente schieramento, non fu scevro di limiti e sconfitte brucianti. L’ottimismo sulle capacità difensive delle modernissime unità di superficie britanniche, era infatti destinato a conoscere umilianti rovesci, provocati da sistemi d’arma ben inferiori.
Il delirante quadro politico e le ambizioni espansionistiche auspicate dal Generale Galtieri, crollarono miseramente il 21 di aprile, quando elementi appartenenti ai Royal Marines, all’SBS ed al SAS, sbarcarono sulle coste della Georgia del Sud.
In questa prima fase, sembra evidente il coinvolgimento di elementi anche non inglesi, benché nessuno abbia mai ammesso tale circostanza. L’aiuto alle forze britanniche, non era da circoscrivere all’utilizzo dei satelliti di sorveglianza statunitensi, ma a ragion veduta, alla collaborazione di agenti della CIA sul campo, i quali avrebbero spianato agli inglesi l’invasione dell’isola. Tale condizione si evince dalla capacità di movimento delle truppe di Sua Maestà, nei primi momenti dello sbarco. Infatti l’intraprendenza delle forze britanniche e la rapidità di infiltrazione nei territori delle isole, necessitava di una attenta e specifica pianificazione, impossibile da realizzare in un tempo definito quale il tragitto della task force alla volta delle Falkland. I limiti delle capacità militari argentine, si evidenziarono da subito con il danneggiamento di un vecchio sommergibile diesel-elettrico e l’affondamento dell’incrociatore General Belgrano. Questo episodio, convinse gli strateghi argentini a non rischiare l’impiego della portaerei Venticinco de Mayo, che rimase per tutta la durata del conflitto al riparo in rada.
Due giorni dopo, il morale inglese subì un primo duro scossone: il cacciatorpediniere Glasgow diramò un allarme aereo dopo aver rilevato due missili Exocet lanciati da vetusti caccia argentini Super Etendard. Uno fu abbattuto, ma la seconda traccia radar venne equivocata come una eco. Il razzo impattò sul modernissimo cacciatorpediniere Sheffield, che bruciò per sei lunghi giorni dopo essere stato abbandonato dall’equipaggio. I sistemi di difesa superficie-aria britannici si mostrarono inefficaci e nel prosieguo dei combattimenti, persero sette navi e la stessa Glasgow fu gravemente danneggiata.
La presenza dei missili Exocet nell’arsenale argentino, merita un approfondimento. In Italia la P2 viveva il suo fulgore con l’intraprendente Licio Gelli indiscusso Gran Maestro. Quest’ultimo aveva interessi economici in Argentina ed aveva sviluppato una profonda collaborazione con il regime del paese sud americano. Indagini successive al termine delle ostilità, evidenziarono che da porti italiani, erano partiti alla volta dei “fratelli” argentini, alcuni missili di fabbricazione francese. Le navi battevano bandiera libica ed avevano stivato le armi in casse di legno, con impresso la scritta “materiale agricolo”.
Gli Exocet, sono estremamente versatili in grado di essere lanciati da piattaforme istallate a terra, su unità di superficie o sommerse ed aerei. Dispongono di una capacità operativa compresa dai 42 ai 180 chilometri e vengono spinti da un motore a propellente solido, il quale consente loro di raggiungere i 315 metri al secondo. Uno di questi, il 12 giugno del 1982, lanciato dalla costa, danneggiò la HMS Glamoran; un altro espulso da un velivolo Super Etendard, il 25 di maggio, lesionò gravemente una nave appoggio, ma il 4 di maggio conseguì la sua maggior vittoria: lanciato dal caccia di fabbricazione francese, impattò, come detto, sulla HMS Sheffield. Era una fregata di ultima generazione, orgoglio dei cantieri navali britannici. Fu colpita a circa due metri e mezzo sopra la linea di galleggiamento, senza che i sofisticati mezzi di scoperta dell’unità di superficie rilevassero il suo arrivo. Il missile detonò in prossimità della sala motori, provocando uno squarcio nelle paratie di quasi un metro e mezzo per tre. Rimase coinvolto anche il generatore di energia elettrica ed andarono distrutti i serbatoi d’acqua. In tal modo non si attivò il sistema antincendio e la nave da battaglia fu consumata dal fuoco. La quantità limitata di questo sistema d’arma ed i successi riportati, convinsero la giunta Argentina sulla necessità di un implementazione. La richiesta fu evasa dalla P2 con fondi che, con tutta probabilità, furono sottratti al Banco Ambrosiano. Fu progettato un ulteriore invio con l’ausilio di un altro protagonista della vicenda, Roberto Calvi il quale dal 1971 era il presidente dell’Ambrosiano, ma la transazione non ebbe buon fine per l’intervento del Secret Intelligence Service britannico che irruppe sulla scena proprio mentre Calvi si trovava in Inghilterra, con l’intento di sanare i debiti accumulati dalla Banca stessa.
Il tentativo venne vanificato, l’Istituto di credito fallì e sfumò anche l’affare della fornitura dei missili. L’Argentina perse le Falkland e la disfatta fu imputata proprio a Calvi. Un testimone eccellente, dichiarò che il SIS e la P2, si unirono in una improvvisata coalizione per eliminarlo. I motivi erano diversi, ma la finalità identica: I primi dovevano evitare la sconfitta, i secondi punire il responsabile della disfatta causata ai “fratelli” argentini ed eliminare al contempo uno scomodo testimone. Calvi venne ritrovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri sul Tamigi, in circostanze oltremodo sospette: alcuni mattoni nelle tasche ed una ingente somma di danaro. La magistratura inglese, liquidò il caso con sorprendente velocità etichettandolo come suicidio.
Tornando alle cronache di guerra, parvero presto evidenti i limiti del la Marina, ma miglior sorte non toccò ai velivoli Harrier Mk.3 e Sea Harrier, i quali si mostrarono vulnerabili alla contraerea ed ai missili a guida termica argentini.
Il quadro tattico delineatosi costrinse gli inglesi a concentrare la loro azione sui reparti speciali e sull’intelligence.
Nella notte del 21 maggio, le forze d’elite britanniche sbarcarono nella baia di San Carlos in quattro punti diversi, l’invasione riportò il successo sperato ma le navi schierate al largo subirono una pesante umiliazione. Gli argentini le bersagliarono con tutto ciò di cui disponevano ed al termine degli attacchi due fregate affondarono, altre due ne uscirono gravemente danneggiate e colò a picco anche un cacciatorpediniere. Oramai le capacità difensive delle unità di nuova generazione della Royal Navy erano in discussione.
Gli inglesi rimasero annichiliti dalle pesanti perdite e ci vollero sei giorni prima che ritornassero padroni delle loro azioni.
Il 27 maggio 500 paracadutisti del 2° Parà, sbarcarono a Goose Green e Darwin, esattamente all’opposto dello stretto istmo che congiunge le due parti dell’isola principale. Obiettivo finale era l’occupazione dell’aeroporto Condor, base dei velivoli d’attacco argentini.
Nel prosieguo delle incursioni inglesi, l’intelligence si rivelò sovrana; anche in queste occasioni il coinvolgimento del personale statunitense è parso plausibile. Le informazioni raccolte si dimostrarono basilari per coordinare in modo ottimale l’offensiva che, il 29 di maggio, ottenne la capitolazione di Goose Green. Il 30 maggio gli agenti segreti, notificarono al 2° parà la presenza delle compagnie 601 e 602 delle forze speciali avversarie attestate sul Mount Kent. La conquista dell’importante sito strategico, venne affidato ad unità del SAS ed al reparto di montagna della 3° brigata. La strada per la riconquista, passava attraverso un sito strategico denominato Malo House. Ancora una volta basilare fu la Human resource del SIS, per segnalare che i soldati nemici attestati in quel sito erano solamente una decina. Furono i Royal Marines, ad impadronirsi della casa in cima alla collina, la cui posizione era fondamentale per il controllo del territorio. Le vittorie riportate dai paracadutisti britannici, in tutte e due le battaglie, permisero loro di gettare le solidi basi per l’avvicinamento alla capitale delle Falkland.
Mentre gli scontri terrestri erano decisamente a favore degli inglesi, in mare continuavano i rovesci. Due navi appoggio, con decine di elicotteri da trasporto imbarcati, vennero colpite e la stessa ammiraglia, la portaerei HMS Invincibile, fu danneggiata dall’ultimo dei cinque missili Exocet inclusi nell’arsenale argentino.
La Royal Navy uscì malissimo dal conflitto, colpita nell’orgoglio e nei mezzi. Perse due cacciatorpediniere, due fregate ed altre tre fra navi appoggio e logistiche, ma i media celebrarono le vittorie dei loro soldati non dimenticando di onorare i caduti e le vicende del mare furono presto dimenticate.
La storia risparmia sempre gli errori dei vincitori, forse perché sono loro stessi che la scrivono.
Gli ultimi avamposti di difesa argentina furono indicati nelle alture di Mount Harriet, Two Sister e Mont Langdon. Era la strada giusta per prendere Port Stanley. In possesso di queste informazioni, l’11 giugno, l’esercito di Sua Maestà, sferrò l’attacco finale. Dopo una sola notte di combattimenti le tre colline passarono in mani inglesi ed agli argentini non restò altro che organizzare una resistenza fra le strade della capitale, che, però, non sortì gli effetti sperati.
Il comandante delle forze di occupazione argentine si arrese dopo un debole contrattacco. Poche ore dopo, il 2° Parà, con indosso i baschi da liberatori, piuttosto che con gli elmetti da conquistatori, e la Union Jack innalzata al cielo, marciò su Port Stanley.
Dopo una accanita resistenza, le Falkland erano nuovamente parte del Regno Unito, ma l’intervento dell’ONU ha ora ribaltato questa condizione, ingenerando ovviamente sentimenti discordanti dei due playes coinvolti.