L’espansione violenta di Boko Haram

Nonostante gli interventi militari della Multinational Joint Task Force e dell’esercito nigeriano, oltre agli scontri interni al gruppo, l’organizzazione islamista africana continua a crescere e a colpire.

di Daniele Garofalo

L’evoluzione e gli obiettivi.
Boko Haram è una locuzione in lingua hausa che significa «l’istruzione occidentale è proibita», utilizzata dal gruppo terrorista islamista Jamāʿatu Ahlis al-Sunna Lidda’awati wal-Jihād, “Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e il Jihād” diffuso nel nord della Nigeria, in parte del Ciad, Niger e Camerun settentrionale. Il nome è dovuto alla dura opposizione dell’organizzazione all’educazione e all’influenza dell’occidente, intesa come corruttrice dell’Islam. Il gruppo fu fondato da Mohammed Yusuf nel 2002 nella città di Maiduguri con l’obiettivo di instaurare la Shari’a nello Stato federale del Borno, nel nordest della Nigeria e nel 2004 trasferì la propria base operativa nel villaggio di Kanamma, al confine col Niger. Agli inizi le azioni del gruppo non erano particolarmente violente, poiché obiettivo principale era quello di purificare l’Islam in Nigeria tramite l’insegnamento della dottrina salafita. Dal 2009, dopo la morte del suo fondatore Yusuf durante la rivolta di Boko Haram repressa violentemente dalle forze di sicurezza nigeriane, la leadership del gruppo fu acquisita dal suo braccio destro Abubakar Shekau. Da questo momento il gruppo iniziò una continua crescita, aumentando la sua capacità operativa e compiendo omicidi ai danni di personalità politiche, militari e religiose. Shekau, leader politico, militare e spirituale di Boko Haram, si è ispirato alle azioni dei Talebani e ha intessuto legami progressivamente più stretti con AQMI “al-Qāʿida nel Maghreb islamico” e con al-Shabāb. Dal 2010 il gruppo ha iniziato a compiere attacchi a bersagli locali quali sedi governative e chiese cristiane, per poi estendersi, dopo le elezioni del 2011 a obiettivi nazionali. Tra il 2011 e il 2012 vi è un radicale cambiamento nella strategia di Boko Haram, che passa da una strutturazione specificatamente terrorista e clandestina locale ad un modello organizzativo militare e parastatale, conquistando numerose aree nello Stato del Borno, di Adamawa e di Yobe. Nello stesso periodo da Boko Haram fuoriesce l’ala meno estremista del gruppo, Ansaru, più vicino all’ideologia di al-Qāʿida, L’instaurazione da parte del governo nigeriano di uno stato di emergenza all’inizio del 2012, non ha condotto ad una soluzione del problema ma soltanto ad un aumento degli individui che decisero di affiliarsi al gruppo jihadista, a causa dei frequenti abusi delle forze di sicurezza e militari governative nigeriane. Ad agosto 2014, il leader di Boko Haram Shekau, dichiara l’istaurazione del califfato islamico nello Stato del Borno dopo l’occupazione della città di Gwoza. A marzo 2015, Shekau, promette fedeltà allo Stato Islamico (IS), annunciando l’affiliazione con il nome Islamic State West Africa Province – ISWAP. I contrasti e le divisioni all’interno dell’organizzazione iniziano ad agosto 2016, poiché i vertici dell’IS estromettono Shekau dalla leadership dell’organizzazione e nominano nuovo leader Abu al-Barnawi, figlio del fondatore Mohammed Yusuf. Le divisioni si acutizzano per via di alcune sconfitte subite dal gruppo a causa dell’intensificarsi delle operazioni anti-terrorismo dell’esercito nigeriano e della Multinational Joint Task Force tra il 2016 e il 2017. Ad oggi, quindi, all’interno della gruppo terrorista si sono create due fazioni, una legata a Daesh, con a capo al-Barnawi, che controlla la zona settentrionale dello Stato del Borno e le rive del lago Ciad e segue obiettivi nazionali e internazionali, l’altra legata al precedente leader Shekau, ritiratosi nella foresta di Sambisa, nel nordest della Nigeria, che porta avanti un conflitto locale e asimmetrico contro l’esercito regolare nigeriano nel tentativo di erodere la coesione nazionale nelle regioni settentrionali del paese. Lo scorso anno il governo centrale, in cerca di un percorso alternativo a quello militare, ha istituito un comitato governativo per la riabilitazione e il reinserimento dei terroristi pentiti e nel primi mesi del 2018, l’intelligence nigeriana ha tentato anche la strade dei negoziati. Ciò, però, non ha fermato l’avanzata degli uomini di Boko Haram che hanno continuato a compiere attentati, uccisioni e rapimenti, in particolare quelli delle ragazze, usate come merce di scambio. Tra gli attacchi più gravi, sicuramente quello del 31 marzo a Maiduguri e quello del 18 giugno a Damboa. Continui anche gli attacchi a villaggi nel Ciad e nel Niger, in particolare a Diffa, che dimostrano quanto la classe politica africana continui a sottovalutare la minaccia. Negli ultimi mesi, inoltre, si è determinata una coesistenza tra i due rami dell’organizzazione jihadista, che ha condotto all’allargamento del raggio di azione del gruppo terrorista nell’area.

Ideologia e struttura.
Boko Haram è un movimento islamista sunnita salafita, influenzato dal wahhabismo, che persegue come obiettivo principale quello dell’instaurazione di uno Stato Islamico in Nigeria, con la Shari’a come base del sistema legale e giudiziario. Ideologicamente il gruppo si oppone all’occidentalizzazione della società nigeriana e contesta fortemente la diseguaglianza economica tra il nord del paese, a maggioranza musulmana, e la parte meridionale a preponderanza cristiana. La struttura di Boko Haram è fortemente gerarchica, con al suo vertice un leader, anche spirituale, che gestisce numerose reti e cellule indipendenti, dispiegate nei diversi Stati federali nigeriani e nei paesi vicini. Ciò rende, quindi, difficile stabilire quali siano i rami dell’organizzazione e quali e quanti attacchi e operazioni siano realmente ordinate dai vertici. Il nucleo principale del gruppo opera come forza paramilitare di guerriglia, con battaglioni di 300/500 uomini. Nonostante le faide interne, il gruppo può contare tra i 7 e i 9 mila combattenti. Le fortune reclutative di Boko Haram sono dovute alle difficoltà economiche e lavorative di molti giovani nigeriani che trovano una sicurezza stabile tra le file del gruppo jihadista. Boko Haram si serve di numerosi neolaureati disoccupati, reclutati per lo più da amici e familiari, sfruttando le loro conoscenze scientifiche per fabbricare IED, gli ordigni esplosivi improvvisati, e armi chimiche. Boko Haram consapevole del disagio sociale della popolazione ha saputo indirizzare il malcontento popolare nella sua direzione raccogliendo notevole consenso. L’analfabetismo, la povertà, l’oppressione governativa e la forte corruzione della classe politica, infine, completano il quadro delle motivazioni alla base della forte adesione, sia uomini che donne, al movimento jihadista.

Risorse e autofinanziamenti.
Boko Haram ha diverse risorse e fonti di autofinanziamento. Importanti finanziamenti sono ottenuti tramite le donazioni, in particolare da donatori locali che condividono lo scopo d’imporre la legge islamica in Nigeria. Tra coloro che sponsorizzano Boko Haram ci sono anche politici locali, in particolare governatori del nord del paese, oppositori del governo centrale. L’alleanza dei primi anni di Boko Haram con al-Qāʿida nel Maghreb islamico ha permesso al gruppo di ricevere finanziamenti anche da sostenitori dell’Arabia Saudita e Qatar. Più di recente, l’organizzazione ha incominciato a ricevere finanziamenti da organizzazioni di beneficenza islamica attraverso l’utilizzo di una rete di agenti decentralizzata che sfrutta il sistema di trasferimento di denaro dell’hawala. Per rifornirsi di armi e munizioni, il gruppo, spesso, le acquista da soldati dell’esercito regolare corrotti. La maggior parte dei proventi del gruppo provengono, comunque, da rapine, riscatti, estorsioni, rapimenti, furti di bestiame, vendita di pesce affumicato, organi e artigli di leoni, contrabbando dell’etanolo, del tramadol, dell’avorio e da tassazioni imposte ai villaggi controllati. Negli ultimi mesi il gruppo islamista si è dedicato ad attività più redditizie, tra le quali, il traffico di armi, eroina, cocaina, gestione della prostituzione e il controllo delle risorse energetiche.

Una situazione complicata per i diritti umani.
La Nigeria, il paese africano più popoloso e tra le economia più ricche del continente nero, è sostanzialmente diviso tra un Nord a maggioranza musulmana, estremamente povero, con scarse risorse e basato quasi esclusivamente su di una economia pastorale e il Sud-Ovest del paese, a maggioranza cristiano, molto ricco, con abbondanti risorse e infrastrutture. Oggi, Boko Haram continua ad essere la minaccia principale alla stabilità del paese, poiché le violenze giornaliere dei jihadisti tendono ad acuire i conflitti e le problematiche. Da maggio 2013 sono circa 2,6 milioni gli sfollati degli scontri armati, almeno 250 mila hanno lasciato la Nigeria e sono fuggiti in Camerun, Ciad e Niger. Tra il 2014 e il 2018, Boko Haram ha più volte eseguito rapimenti di studentesse, per ridurle in schiavitù, tra violenze sessuali e orrori, per poi venderle sui mercati della prostituzione, anche europei. Nel periodo compreso tra il 2010 e il luglio 2018, la violenza del gruppo jihadista ha provocato la morte tra le 27 mila e le 31mila persone, di cui circa 16 mila di religione cristiana. In tutta la regione, e in particolare negli Stati del Borno, Adamawa e Yobe, quasi 7 milioni di persone, di cui il 50% bambini, hanno necessità di assistenza umanitaria e sanitaria. Il governo nigeriano, d’altra parte, sembra incapace di reagire in modo efficace. La corruzione nei servizi di sicurezza e le violazioni dei diritti umani da parte dei militari governativi hanno ostacolato gli sforzi per contrastare i disordini e peggiorato la situazione dei diritti umani e la condizione della popolazione.