Lettonia. Un cavallo di Troia di Nato e Usa nell’Ue?

di Giuseppe Gagliano

In un breve ma illuminante articolo di Hélène Richard pubblicato sul mensile francese Le Monde Diplomatique viene sottolineato il ruolo tutt’altro che marginale che la Lettonia svolge nel contesto dell’architettura atlantica in funzione anti-russa. Sul suo territorio esistono infatti due infrastrutture aeree di grande importanza per la Nato, e cioè quella di Adazi e quella di Lielvārde. In qualità di fedele alleato dell’Alleanza atlantica il bilancio per la Difesa, dietro indicazione sia di Barack Obama che di Donald Trump, è addirittura raddoppiato portando la quota di spesa militare al 2,3% rispetto allo 0,9% di dieci anni prima.
Tuttavia la lealtà della Lettonia alla Nato, o forse più semplicemente la sudditanza politica e militare, è tale che la Lettonia non solo ha rigettato l’idea di autonomia strategica europea presentata dalla Francia, ma è anche profondamente irritata dalla politica di riavvicinamento che la Francia sta cercando di attuare con la Russia, come dimostra il fatto che la proposta francese di rinsaldare i legami tra l’Unione Europea e la Russia è stata respinta dal ministro degli Esteri lettone Edgars Rinkevics.
La scelta fatta della Lettonia non deve essere letta come episodica, poiché la Lettonia vuole avere un peso sempre più significativo nel contesto baltico, come dimostra l’importanza che Riga attribuisce al Forum di cooperazione nordico-baltico; questo è stato costituito nel 2004 con lo scopo di riunire i paesi baltici e fra questi anche la Finlandia, la Svezia e la Danimarca anche in funzione di contenimento antirusso. D’altronde non è certamente un caso che vi sia una collaborazione tra questo forum e il gruppo Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia), che ha aderito a un’iniziativa nel 2014 contro l’annessione della Crimea da parte della Russia.
Sempre nel quadro di una fedeltà acritica nei confronti della politica estera americana, la Lettonia condivide la politica anticinese degli Stati Uniti, anche se non ha lasciato il formato “17 + 1“ creato dalla Cina con lo scopo di attuare la sua politica di influenza sia nell’Europa centrale che in quella orientale. Ma a parte questa scelta, che può anche essere interpretata come contraddittoria, rimane il fatto che la Lettonia vuole ridurre la dipendenza energetica dalla Russia facendosi sostenitrice di un corridoio energetico nord-sud che sia in grado di collegare
il terminale del gas naturale liquefatto (GNL) sull’isola di Veglia (Krk) in Croazia a quello di Swinoujscie in Polonia. Inoltre la Lettonia non nasconde le sue ambizioni geopolitiche anche da altri punti di vista: con lo scopo di consolidare il ruolo del Forum di cooperazione nordico-baltica all’interno dell’Unione Europea, la Lettonia ha stretto legami di cooperazione con l’Irlanda e i Paesi Bassi allo scopo di contrastare l’influenza economica sia francese che tedesca. Infatti i ministri delle finanze del Forum “hanno firmato tre dichiarazioni congiunte nel 2018 sull’unione economica e monetaria, sul mercato dei capitali e sul meccanismo europeo di stabilità con lo scopo di contrastare la proposta francese di una maggiore integrazione monetaria e fiscale, in particolare attraverso l’emissione di titoli di debito comuni”. Non senza una certa ironia Le Monde Diplomatique si domanda se la Lettonia non sia un vero e proprio cavallo di Troia della Nato e degli Stati Uniti nel cuore stesso dell’Europa.