L’Europa, la Nato e la Russia

di Dario Rivolta *

Ho apprezzato e condiviso le parole usate da Mario Draghi durante il suo primo discorso in Parlamento a proposito della “vocazione europea ed atlantica” che l’Italia intende confermare. Sono altresì soddisfatto di quello che appare presentarsi come un rapporto privilegiato tra lui e il presidente francese Macron. Fra i politici che contano in Europa, lui è sicuramente l’unico che dal momento del suo insediamento ha ribadito la necessità che l’Unione Europea faccia dei passi avanti verso una maggiore integrazione. Non posso dire altrettanto della cancelliera Angela Merkel, che per quindici anni è stata sempre e soltanto germano-centrica e non ha mai fatto niente di veramente concreto verso un cammino sovranazionale ed europeista. È pur vero che negli ultimi tempi sembra essere cambiata, ma non bisogna dimenticare che il suo relativamente recente europeismo è andato non casualmente di pari passo con l’aumento delle tensioni commerciali e politiche tra la Germania e gli Stati Uniti. La Merkel, politica avveduta, ha pensato bene di accrescere il proprio potere negoziale con Washington recuperando una dimensione europea.
Plaudo alla “vocazione europea”, perché a tutti quelli che guardano non solo all’oggi ma anche al domani, e magari il dopodomani, è chiaro che il benessere ed il peso politico di ogni singolo Stato del nostro continente può essere garantito solo se i Paesi europei sapranno costruire istituzioni comuni che offrano al mondo un’unica politica estera, di difesa e un sistema economico e fiscale unitario.
Si tratta di un imperativo necessario e anche i più accesi sovranisti se ne devono fare una ragione. Di certo l’Unione Europea di oggi non è sufficiente e soprattutto non lo è questa Europa di 27 membri. Troppi di costoro non sono in sintonia con una visione sovranazionale e all’Europa chiedono solamente fondi a manica larga e aiuti in caso di necessità. Occorrerebbe ammettere che una vera Europa Unita sarà realizzabile, almeno all’inizio, solo tra un ristretto gruppo di Paesi tra cui, necessariamente la Francia, la Germania e naturalmente l’Italia. La conferma e la ratifica del “Trattato del Quirinale” potrebbe essere un buon punto di inizio, purché sia chiaro che sia propedeutico a qualcosa di più.

Mario Draghi.
Quanto alla “vocazione atlantica” è ovvio che non si può prescinderne ed è bene che alla presidenza degli Stati Uniti ci sia ora qualcuno che lo ha capito e riconfermato. Alleanza basilare dunque, ma che non deve significare cieco servilismo. Come è naturale che sia, gli Stati Uniti non sono un disinteressato benefattore e hanno giustamente visto nella Nato uno strumento utile per il ruolo che da decenni esercitano nel mondo ed in particolare nella nostra parte del globo. Per noi europei il poter contare su questa forte alleanza è ancora indispensabile. Ciò detto, non va dimenticato che tutte le alleanze partono dal (e si basano sul) reciproco interesse e non possiamo, in nome di una fedeltà verso l’amico, negligere i nostri interessi se differenti.
Un “competitor” che abbiamo in comune con gli Stati Uniti esiste ed è la Cina. Perfino i tedeschi, che hanno visto diventare la Cina il loro secondo mercato di sbocco dopo quello europeo (sopravanzando gli Stati Uniti), hanno capito che nei rapporti bilaterali con Pechino il loro potere negoziale non può che uscire perdente se non si presentano con la voce di tutta l’Europa. Dal Paese del Dragone ci dividono le differenze culturali, l’ordinamento politico, l’organizzazione dell’economia e soprattutto le sue ambizioni verso il resto del mondo. Seppur in ritardo di almeno un decennio, anche gli Stati Uniti si sono resi conto del pericolo che la Cina può rappresentare per loro e per il ruolo di prima potenza del mondo. Non è un caso se sia Bruxelles sia Washington hanno definito la Cina quale “concorrente strategico”.
Dove gli interessi europei sono diversi da quelli americani è il porsi verso la Russia. Nell’approccio statunitense verso Mosca c’è un errore di fondo che credo vada contro gli stessi interessi degli americani. Probabilmente è un residuo della vecchia “Guerra Fredda” con l’Unione Sovietica, ricordo che non è ancora stato digerito da molti politici e da qualche politologo a stelle e strisce. Il loro voler “contenere” la Russia (che non è comunque più l’Unione Sovietica né come forza militare né come appeal ideologico) ha portato Mosca, pur inizialmente riluttante, ad abbracciare la Cina con un legame sempre più stretto. È risaputo che la Cina abbia un estremo bisogno di procurarsi le materie prime che mancano per nutrire il proprio sviluppo e le proprie ambizioni e, se le vie marittime potrebbero essere sorvegliabili dalla forza navale degli americani e degli alleati negli oceani Pacifico e Indiano, i collegamenti via terra con la Russia, e soprattutto con le ricche aree di là degli Urali, sono incontrollabili. Tralascio per motivi di spazio altre considerazioni di carattere strategico quali il ruolo che la Russia può e sta esercitando nella via artica, nel centro Asia e in Medio Oriente. È comunque necessario aggiungere che Mosca come prima scelta avrebbe gradito un legame economico e politico più stretto con l’occidente e in particolare proprio con noi europei.
Nonostante mi sforzi, non riesco a vedere come la Russia possa rappresentare un grave pericolo per l’Europa a causa di una sua presunta aggressività. Al contrario se si vuole essere obiettivi è difficile non vedere una certa aggressività da parte della nostra NATO che si è estesa fino ai suoi confini nonostante gli accordi bilaterali USA/Russia l’avrebbero inizialmente escluso. Indubbiamente a Mosca non esiste quella democrazia liberale che Biden ha giustamente rilanciato come fattore identitario dei nostri sistemi politici ma se questa differenza deve essere uno spartiacque tra chi è amico e chi è nemico, come la mettiamo con la Turchia? E con l’Arabia Saudita? E cosa dire di noi europei che ci teniamo in casa Polonia e Ungheria che dello stato di diritto se ne fanno un baffo? Vogliamo parlare del caso Navalny? Perché nessuno ha lanciato le stesse grida di allarme per l’avvocata di origine curda Ebru Timtik lasciata morire di fame in questi giorni in un carcere turco senza mai avere avuto il giusto processo che domandava? Cerchiamo, almeno una volta, di non cadere vittime della nostra stessa propaganda!

L’obiettivo della Russia non è di invadere stati vicini, ma di avere ai propri confini degli Stati “cuscinetto” o almeno che non rappresentino un pericolo per la sua sicurezza nazionale. È questo il caso dell’Ucraina, dove non vanno dimenticate le parole del sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland, quando confidava in più di una circostanza (è ancora possibile rintracciare le sue parole via internet) che la “rivoluzione” di Maidan (in realtà un colpo di stato) era stata architettata e sostenuta da Polonia e Stati Uniti.
L’Ucraina per noi italiani ed europei non ha alcuna valenza strategica né economica. Per i russi è una questione di sicurezza nazionale. Tutti sappiamo che i russi non invaderanno mai l’Ucraina se essa non dovesse diventare una base della NATO. Lo hanno detto in più occasioni che questa è per loro una “linea rossa”. È vero che sono state stanziate truppe russe al confine ma è a tutti evidente che si tratta di un segnale di avvertimento a Kiev e agli americani dopo che il presidente ucraino Zelensky aveva pubblicamente rinnegato gli accordi di Minsk, mosso le sue truppe verso le regioni dissidenti del Donbass e chiesto un’adesione immediata proprio nell’Alleanza Atlantica. Se veramente Mosca avesse voluto realizzare un attacco preventivo lo avrebbe fatto, come sempre succede in guerra, con una mossa a sorpresa e non ospitando addirittura una troupe televisiva di Sky.
Lo ripeto per non dare spazio ad equivoci: noi europei siamo e restiamo amici e alleati degli Stati Uniti ma, così come fanno i veri amici, non dobbiamo né seguirli nell’errore né tacere loro il nostro punto di vista. Se la Polonia e i baltici soffrono verso Mosca di fobie degne di uno psicanalista è affare loro e noi non dobbiamo lasciarci coinvolgere.
Purtroppo per riuscire a recuperare la Russia a rapporti più virtuosi con il mondo occidentale potrebbe già essere tardi. L’abbraccio con i cinesi si sta stringendo sempre di più non solo dal punto di vista economico e finanziario ma anche militare. Tuttavia, se noi italiani ed europei vogliamo evitare di trovarci un domani vittime di scontri inutili e non desiderati, i nostri politici più avveduti (ahimè forse troppo pochi) dovrebbero cominciare a ragionare con maggior realismo e autonomia intellettuale.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.

Dario Rivolta.