Libano. Gli Usa non vogliono Hezbollah nel governo

di Giuseppe Gagliano

Gli Stati Uniti hanno alzato il livello della pressione politica sul Libano, dichiarando che la presenza di Hezbollah nel nuovo governo di Beirut rappresenta una “linea rossa” per Washington. La vice inviata speciale americana per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, ha espresso questa posizione il 7 febbraio durante un incontro con il presidente libanese Joseph Aoun, nel palazzo presidenziale di Baabda. Le parole di Ortagus non lasciano spazio a interpretazioni: Hezbollah, secondo gli Stati Uniti, è stato già sconfitto militarmente e non deve avere alcun ruolo nella governance del Paese.
Le sue dichiarazioni hanno suscitato una reazione immediata. A Beirut centinaia di manifestanti sono scesi in strada per protestare, concentrandosi in particolare nei pressi dell’aeroporto internazionale Rafik Hariri. Il Movimento Amal, stretto alleato di Hezbollah, ha ribadito il diritto a nominare tutti i ministri sciiti, mantenendo lo stallo nella formazione del governo. Anche la presidenza libanese ha preso le distanze da Washington, dichiarando che le affermazioni di Ortagus rappresentano il suo punto di vista personale e non sono di interesse per la leadership del Paese.
Il capo del blocco parlamentare di Hezbollah, Mohammed Raad, ha definito l’intervento americano una “palese interferenza” negli affari interni del Libano, sottolineando che tali dichiarazioni dimostrano una chiara volontà di sabotare il ruolo politico del movimento. Le parole della diplomatica statunitense, ha aggiunto, sono impregnate di malizia e irresponsabilità e mirano a colpire un elemento fondamentale della vita politica libanese.
La visita di Ortagus è stata la prima di un alto funzionario americano in Libano dall’insediamento di Donald Trump e dall’elezione di Joseph Aoun, avvenuta il 9 gennaio. Il Paese sta cercando faticosamente di formare un governo dopo oltre due anni di vuoto istituzionale. Nawaf Salam, diplomatico ed ex presidente della Corte Internazionale di Giustizia, è stato incaricato di guidare il nuovo esecutivo, ma il processo è bloccato dal tradizionale sistema di spartizione del potere su base confessionale. Le principali fazioni politiche – Hezbollah e il Movimento Amal per gli sciiti, le Forze Libanesi per i cristiani – pretendono di mantenere il proprio peso nella distribuzione dei portafogli ministeriali, rendendo difficile la mediazione.
L’elezione di Salam, vicino agli ambienti occidentali, è stata vista come una mossa sfavorevole a Hezbollah, e gli oppositori politici speravano che le nomine sciite nel suo governo sarebbero state assegnate a figure indipendenti dal movimento armato. Tuttavia, di fronte alla pressione politica interna, Salam ha accettato che Hezbollah e i suoi alleati selezionassero quattro dei cinque ministri sciiti, una scelta che a Washington ha fatto scattare l’allarme.
Secondo il New York Times la persistente influenza di Hezbollah nel nuovo governo potrebbe creare gravi difficoltà per il Libano. Il Paese, dopo la guerra più mortale degli ultimi decenni, ha bisogno di aiuti internazionali per la ricostruzione, ma i governi occidentali sono riluttanti a finanziare un esecutivo in cui Hezbollah ha un ruolo chiave. Il presidente dell’American Task Force on Lebanon, Ed Gabriel, ha avvertito che la presenza di uomini del movimento armato in posizioni chiave potrebbe ostacolare, se non bloccare del tutto, qualsiasi sostegno da parte della nuova amministrazione Trump.
Durante la conferenza stampa, Ortagus ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti nel monitorare il cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, accordo raggiunto il 27 novembre 2024 e valido per 60 giorni. L’intesa prevedeva il ritiro delle Forze di Difesa Israeliane dal Libano meridionale entro il 26 gennaio, ma l’operazione non è stata completata. Nel fine settimana successivo, tra il 26 e il 27 gennaio, nuovi scontri lungo il confine hanno causato la morte di 24 persone, incluso un soldato libanese, e il ferimento di altre 134, secondo il Ministero della Salute libanese.
Le IDF hanno dichiarato di aver sparato “colpi di avvertimento” contro sospetti che si avvicinavano alle loro posizioni, accusando Hezbollah di aver inviato agitatori nel Sud del Libano per alimentare le tensioni. Dopo l’incidente, la Casa Bianca ha annunciato un’estensione della scadenza del ritiro fino al 18 febbraio, un processo che sarà monitorato dagli Stati Uniti. Ma Hezbollah ha respinto categoricamente l’estensione e ha incoraggiato i residenti del Sud del Libano a continuare le proteste contro la presenza israeliana, temendo che il prolungamento delle operazioni militari possa preludere a un’occupazione permanente.
La situazione in Libano rimane estremamente delicata. Da una parte, gli Stati Uniti insistono affinché Hezbollah venga escluso dal governo, minacciando di bloccare gli aiuti necessari per la ripresa economica del Paese. Dall’altra, il movimento armato e i suoi alleati ribadiscono il diritto a essere rappresentati nell’esecutivo, considerandosi un attore politico legittimo. Nel mezzo, un governo che fatica a nascere e un Paese che cerca disperatamente stabilità, mentre le tensioni lungo il confine con Israele rischiano di far esplodere nuovamente il conflitto.