di Giuseppe Gagliano –
L’amministrazione di Tripoli, ovvero del governo riconosciuto dalla comunità internazionale, ha recentemente annunciato l’introduzione di una nuova “polizia morale” che entrerà in vigore a partire da dicembre, un’iniziativa volta a contrastare l’influenza culturale europea e a preservare i valori islamici tradizionali. La notizia, riportata dalla testata tedesca Deutsche Welle (DW), ha suscitato ampio dibattito sia all’interno della Libia che sulla scena internazionale.
Secondo le autorità di Tripoli l’istituzione di questa forza speciale risponde alla necessità di proteggere i principi sociali e religiosi della nazione, in un contesto in cui l’influenza esterna, in particolare quella europea, è percepita come una minaccia crescente ai costumi locali. Tuttavia l’iniziativa si colloca in un periodo in cui la Libia è profondamente divisa tra il governo di unità nazionale a Tripoli e le fazioni che controllano altre regioni del paese. Tale situazione ha contribuito a creare un terreno fertile per misure restrittive che limitano le libertà individuali.
Una delle misure più controverse prevede che tutte le ragazze a partire dai 9 anni siano obbligate a indossare l’hijab in pubblico. Inoltre le nuove normative stabiliscono che le donne non potranno più viaggiare senza la compagnia di un tutore maschio (un “mahram”, secondo la terminologia islamica tradizionale), una restrizione che richiama regolamenti simili imposti in altri paesi con legislazioni conservatrici.
Oltre all’obbligo del velo, la polizia morale avrà il compito di vigilare su comportamenti ritenuti “inappropriati” tra uomini e donne in pubblico. Questo include manifestazioni di affetto o anche semplici interazioni sociali che potrebbero essere considerate in contrasto con la moralità islamica. La stretta sulle libertà pubbliche si estende anche al controllo sull’abbigliamento femminile, con un’intensificazione delle pressioni sociali affinché le donne aderiscano a un codice più conservatore.
Sebbene la polizia morale debba ancora entrare ufficialmente in funzione, i suoi effetti si stanno già facendo sentire. Diverse donne, intervistate da DW, hanno riferito di come le politiche annunciate abbiano incoraggiato alcuni uomini a farsi portavoce non ufficiali delle nuove norme, rimproverando le donne in pubblico per il loro abbigliamento “inappropriato”.
Questa atmosfera ha creato una crescente tensione sociale, con le donne che temono ulteriori restrizioni e una possibile ondata di violenza morale da parte di gruppi che interpretano le nuove regole in modo estremista. Alcuni critici sostengono che queste politiche non solo limitano i diritti delle donne, ma riflettono anche un tentativo di consolidare il controllo politico e ideologico nel paese.
L’annuncio dell’istituzione della polizia morale in Libia rappresenta un ulteriore passo nella direzione di un controllo sociale sempre più stringente, giustificato dalle autorità con l’obiettivo di proteggere l’identità islamica del paese. Tuttavia, il rischio è che queste misure possano contribuire ad aumentare le tensioni interne e le pressioni sui diritti umani, in un momento in cui la Libia dovrebbe piuttosto concentrarsi sulla stabilità e sulla riconciliazione nazionale.
Mentre la comunità internazionale osserva con preoccupazione gli sviluppi nel paese nordafricano, rimane da vedere quale sarà l’impatto effettivo di queste politiche sulla società libica e se la reazione della popolazione, soprattutto delle donne, porterà a una revisione delle misure annunciate.